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Riace: Un paese da scoprire PDF Stampa E-mail
Scritto da Mario De Filippis   
domenica, 08 giugno 2008 00:36
riace
Riace
I disegni geometrici, astratti, che abbelliscono i tessuti tradizionali calabresi, pare siano molto antichi. Forse è impossibile stabilire la loro origine, rintracciare il percorso misterioso che li ha condotti nella nostra regione, nascosti nella borsa di un viandante, di un fuggiasco.
Allo stesso modo paiono misteriose le strade che hanno condotto, nel 1998, altri fuggiaschi, in particolare alcuni gruppi di kurdi, a sbarcare sulla spiaggia di Riace, in provincia di Reggio Calabria, proprio in quel tratto di mare Ionio che, anni prima, aveva restituito le due statue conosciute da allora come i Bronzi di Riace e accolte, dopo il restauro, nel Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria. Da qualche anno, in luglio, i disegni indecifrabili sui panni di ginestra, di lino, di seta costituiscono l’occasione per avventurarsi sulle nostre incredibili strade, a vedere cosa può accadere, di buono e di positivo, in una terra come questa, quando si prova a rispondere con umanità, intelligenza e un minimo di iniziativa alle situazioni insolite. Perché da quel 1998, dopo l’arrivo dei kurdi, qualcosa è cambiata a Riace, in meglio. Si arriva percorrendo la statale 106, sia da Catanzaro che da Reggio (i più intrepidi possono tentare, a loro rischio e pericolo, l’autostrada fino a Rosarno), in entrambi i casi il viaggio è un po’ lento, ma offre, in compenso, la possibilità di meditare sui guasti che sono stati arrecati al litorale. La strada attraversa, infatti, quella che si potrebbe definire una rassegna a cielo aperto di tutti gli stili architettonici possibili e immaginabili, un’esposizione di tutti i materiali per l’edilizia che sono stati venduti nella regione, utilizzati dall’inesauribile fantasia di chi ha edificato, ristrutturato, comprato e venduto.Arrivando in territorio di Riace, miracolosamente, la spiaggia è ancora visibile, quasi libera da costruzioni -oggi chiamati affettuosamente ecomostri- una spiaggia ampia e sabbiosa con macchie verdi. Un semaforo provvidenziale evita le emozioni più raggelanti, abituali quando si tratta di cambiare direzione sulla statale 106. Si sale per qualche chilometro, in un paesaggio arido, caratterizzato dai fichi d’India e dalla macchia mediterranea. Il paese riserva un’altra piacevole sorpresa: non è stato devastato e stravolto dalle colate di cemento, come ci si aspetterebbe; l’emigrazione e la scelta di molti  residenti di spostarsi verso il mare lo hanno preservato. Conserva  ancora una porta d’ingresso all’abitato, piazzette raccolte e graziose, alcuni palazzi signorili. Certo si capisce che non ci si trova in Umbria, bastano le incredibili sedie di plastica rossa del bar e le auto che circolano nelle stradine, senza timore di lasciare la vernice sugli spigoli di pietra. In pochi metri -le dimensioni sono effettivamente a misura d’uomo- si incontrano il laboratorio di tessitura della ginestra, un piccolo museo che raccoglie memorie di storia e di artigianato locale, le case che fanno parte dell’albergo diffuso. L’idea di recuperare alcune case è nata proprio quando sono arrivati i kurdi, nel 1998. Ce n’erano tante e ce  ne sono ancora di case vuote, perché non recuperarle e utilizzarle? I protagonisti di quella prima iniziativa si sono riuniti in associazione, l’Associazione Città Futura “G. Puglisi”, in ricordo del coraggioso sacerdote palermitano. Uno di loro è diventato anche sindaco di Riace, e così può operare, in modo più incisivo,  perché questa piccola realtà non muoia. I kurdi in gran parte sono andati via, come gli stessi abitanti di Riace, in cerca di lavoro e sicurezza. Alcuni però sono rimasti, intanto sono arrivati altri ospiti, in fuga da paesi ugualmente esotici e misteriosi. Gli animatori di Città Futura, nel frattempo, hanno pensato a come far crescere la loro creatura, perciò è sorto l’albergo diffuso, case per l’accoglienza, che possono essere prese in affitto anche per brevi periodi, a prezzi davvero concorrenziali, da chi sia in cerca di tranquillità, di mare pulito, di vacanze come occasione di incontro con altre persone e culture. Così si è creata  qualche opportunità di lavoro.  In particolare il paese si anima ai primi di luglio, durante la Festa della ginestra, quando arriva gente da ogni parte d’Italia per esporre, ammirare i lavori degli altri, chiacchierare: in un angolo, assorto nel suo lavoro, un anziano piemontese, con una barba patriarcale, fila con pazienza. Gli sta seduto accanto uno del paese, visibilmente ubriaco, ma tranquillo, che contesta non so cosa della manifestazione. Non si capisce nulla del suo discorso, farfuglia in modo incomprensibile, ma il piemontese non si scompone e continua a lavorare mentre lo ascolta. Miracoli del multiculturalismo? Evoluzioni del meticciato? Si può cenare al ristorante, aperto pure questo dall’associazione, oppure nella pizzeria. C’è un’atmosfera serena, d’altri tempi, quasi irreale. I villaggi sul mare con gli animatori e la musica ad alto volume sembrano lontanissimi, come il traffico sulla statale 106 e l’edilizia approssimativa che fa da cornice agli automobilisti sudati.    Del resto a pochi chilometri da qui sorge Stilo, siamo nella terra di Tommaso Campanella e delle sue visioni utopiche. Sulle aspre montagne dei dintorni stanno arrivando, da qualche anno, anche i monaci greci, intenzionati a ritrovare e riaprire gli antichi cenobi degli eremiti medievali; qui la presenza della cultura bizantina era particolarmente significativa. Forse i monaci vengono qui perché alle Meteore, in Tessaglia, ormai ci sono troppi turisti, non li sopportano più. Questa parte di Calabria pare proprio destinata dalla storia e dalla sua posizione ad accogliere chiunque abbia un sogno o sia alla ricerca di una seconda possibilità, per la propria vita. Mario De Filippis (art. pubblicato su Calabria Ora nel 2006)
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