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Putin, Prigozhin e Anna Karenina: al Cremlino comanda sempre lo Zar PDF Stampa E-mail
Scritto da Giuseppe ALOISE   
mercoledì, 06 settembre 2023 18:52

ImageDi Anna Karenina, il capolavoro di Tolstoj, accanto all’incipit “Tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, non può essere dimenticata l’epigrafe, un versetto biblico ripreso nella Lettera ai Romani, che ricorda ai lettori: “Mihi vindicta: ego  retribuam”, ovvero “A me la vendetta: io renderò il dovuto”. Putin, sicuramente, conosce bene Tolstoj e nell’esercizio del suo potere di autocrate avrà tenuto sempre ben presente l’epigrafe di Anna Karenina e così, dopo due mesi esatti dall’ammutinamento del capo della Wagner, ha servito, pur tra mille ambiguità ed incertezze, il suo piatto freddo ristabilendo in maniera decisa il suo potere.

Putin, fra l’altro, non poteva ulteriormente tollerare che in un’operazione militare di de-nazificazione dell’Ucraina un ruolo significativo potesse ancora essere svolto dal braccio destro di Prigozhin, Dimitri Utkin che col suo corpo tatuato ostentava il simbolo delle S.S essendo un fervente ammiratore di Hitler. Lo stesso nome della Compagnia dei mercenari è riconducibile alla particolare predilezione di Utkin del grande  compositore preferito  da Hitler, appunto Richard Wagner. Sull’aereo caduto accanto a Evgenij Prigozhin viaggiava anche Dimitry Utkin. Una coincidenza fortuita, forse strana  ma irripetibile!

Per capire bene il senso della “caduta dell’aereo” bisogna ritornare con la memoria al 24 Giugno ed esaminare gli accadimenti registrati dalla cronaca di quei giorni, quando sembrò che Prigozhin e le sue milizie potessero mettere in discussione il  potere assoluto  di Putin. Le vicende di allora, cui si legavano  anche  gli sviluppi della guerra tra la Russia e l’Ucraina, avevano prodotto un profluvio di interpretazioni, di analisi storico-politiche e di previsioni tra loro, talvolta, contrastanti che rendevano difficile la comprensione dei fatti accaduti. Gli esperti di geo-politica, talvolta se non spesso, ti disorientano!

Ma c’è chi tentava di semplificare il tutto ricorrendo ad affermazioni che pretendevano di mostrare conoscenza approfondita dei fatti anche in ragione del particolare osservatorio dal quale emettevano i giudizi. Un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio non esitò ad affermare, in un’intervista al Corriere, dopo la tentata marcia su Mosca, testualmente: La Russia sembra la Libia del post Gheddafi”.

Churchill aveva da molto tempo avvertito che la Russia “è un rebus avvolto in un mistero ricompreso in un enigma”. Con l’ultimo Zar, il mistero si è allargato perché, come ci ricordava Carlo De Benedetti in un Talk Show, Putin è “un uomo con gli occhi senza sguardo. È di ghiaccio con un’emotività nulla”. Se lo sguardo è lo specchio dell’anima, con Putin non funziona.

Ma, cosa ci raccontano alcuni fatti significativi della giornata di scontro tra Putin e Prigozhin, il capo delle milizie mercenarie  Wagner ? Alle 10 di mattina, poco dopo la minaccia della “marcia della giustizia” su Mosca  da parte di Prigozhin, Putin appare in TV, lancia un appello alla nazione e afferma testualmente: “Quello che stiamo affrontando non è altro che un tradimento causato dalle eccessive ambizioni”. Non manca di sottolineare come l’intera macchina militare, economica e informativa dell’Occidente è schierata contro la Russia e, infine, assicura che “Difenderemo il nostro popolo e il nostro Stato da ogni tradimento interno” e che “Questo colpo è stato dato al popolo russo anche nel 1917 quando combatteva la prima guerra mondiale, quando la vittoria gli è stata praticamente rubata. La guerra civile, i russi uccidevano altri russi, i fratelli uccidevano altri fratelli. I vari avventurieri politici hanno tratto vantaggio da questa situazione. Noi non permetteremo la ripetizione di una situazione del genere”.

Segue sempre in TV un accorato sermone del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill che, accentuando il sostegno della Chiesa Ortodossa alla guerra contro l’Ucraina ritenuta una “guerra metafisica” per la difesa dei valori della tradizione russa contro la corruzione occidentale, maledice i traditori e richiama il Vangelo: “Chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio”.

Dopo un giorno di riflessione Putin, sventato il pericolo, riappare in pubblico e sottolinea come lo spirito patriottico dei cittadini abbia consentito di superare il grave momento di difficoltà. Le confessioni religiose e l’intera società russa hanno determinato  per Putin la conclusione positiva degli eventi senza che prevalesse “il fratricidio auspicato dai neonazisti di Kiev e dai loro patroni occidentali”. È evidente il richiamo allo spirito della grande guerra patriottica contro i nazisti di Hitler e ai fatti della prima guerra mondiale del 1917 quando il tradimento interno ha prodotto la sconfitta della Russia.

Putin prende le distanze dalla Rivoluzione del 1917 e, volendo proteggere il popolo russo e la “statualità”, esalta la coscienza nazionale condivisa. Quella rivoluzione rappresenta, sotto questo profilo, un grave momento di frattura interna che destabilizzando lo Stato ha causato una lunga e cruenta guerra civile e  l’inevitabile sconfitta militare della Russia nel primo conflitto mondiale. Putin, con il  richiamo agli eventi del 1917, ha voluto assicurare che non sarebbe stata tollerata la riproposizione di uno scontro fraticida nel momento in cui l’esercito è impegnato nell’operazione speciale in Ucraina. Quanto alle confessioni religiose cui Putin riconosce l’innegabile contributo al mantenimento di una coesione nazionale, la Chiesa Ortodossa già dal 2000 aveva di fatto condannato gli eccessi della Rivoluzione ed aveva canonizzato Nicola II e la sua famiglia.

Sul piano dei rapporti con la Chiesa Ortodossa occorre sottolineare alcuni fatti significativi per il valore simbolico che essi assumono. In occasione della Festa della Pentecoste (4 giugno), Putin firma  un decreto con il quale ordina alla Galleria Tretjakov di Mosca di cedere al Patriarcato la storica Icona della Santissima Trinità di Rublev che raffigura i tre angeli che visitarono Abramo. Questa Icona è senz’altro la più famosa della Russia ed era stata acquisita nel 1929 dalle autorità sovietiche  per essere esposta in una Galleria di Mosca. Putin ne ha deciso la donazione alla Chiesa Ortodossa perché la riporti nella Lavra della Santissima Trinità di San Sergio a 70 km da Mosca, che è ritenuta il “Vaticano russo”.

In questa sorta di “misticismo patriottico” si inserisce, dopo l’ammutinamento, l’ultima visita al fronte da parte di Putin. Il Nuovo Zar non ha portato con sé armi e munizioni ma  a Lugansk ha regalato copie di icone una delle quali – ha dichiarato lo stesso Putin – “appartenente ad un glorioso ministro della Difesa dell’impero Russo”. Ma c’è di più. Putin non si è fermato alla Icona della Santissima Trinità. Con un suo provvedimento di giugno 2023 ha trasferito dall’Ermitage alla proprietà del Patriarcato il Sarcofago di Alexander Newskyj, che contiene le reliquie del grande guerriero, proclamato Santo dalla Chiesa Ortodossa. Newskyj è il simbolo della resistenza russa all’invasione degli eserciti europei e l’artefice della vittoria dei russi sugli svedesi. Questi atti di donazione e il costante richiamo al simbolismo delle icone, mostrano se ce ne fosse ancora bisogno, il particolare legame di Putin con la Chiesa Ortodossa.

I rapporti con il Patriarca Ortodosso restano ben solidi anche perché Putin ha ripreso l’antica alleanza di tradizione bizantina tra Sacerdotium ed Imperium. In un certo senso la totale adesione all’Ortodossia è la fonte di legittimazione politica del nuovo autocrate. Se il “misticismo patriottico” alimenta la nuova autocrazia, la forza espressiva dell’epigrafe di Anna Karenina può rendere credibile la versione diffusa dalle autorità moscovite circa l’assoluta estraneità di Putin rispetto alla morte del comandante della Wagner. Se è,appunto, indiscutibile che Prigozhyn ha tradito i suoi fratelli, la “caduta dell’aereo” è il “castigo divino”.

Sul versante del conflitto, gli scarsi risultati conseguiti dalla controffensiva ucraina sono destinati, salvo sbocchi imprevedibili, a produrre una sorta di logoramento delle forze in campo. Biden non può arrivare alla vigilia delle Presidenziali Usa senza conseguire un risultato aprrezzabile. L’assenza di uno sbocco positivo per una delle forze in campo ed il sostanziale stallo delle operazioni militari potrebbe, paradossalmente, favorire la ricerca di una piattaforma condivisa per la cessazione dello scontro armato o per portare avanti operazioni militari a bassa intensità. In questo contesto chi riteneva che il potere di Putin si fosse logorato ed indebolito, deve prendere atto che, pur con tutte le cautele consigliate dagli insegnamenti di Churchill, il Cremlino non è stato scosso dall’insubordinazione dell’ex cuoco di Vladimir Vladimirovic Putin.

Image Giuseppe ALOISE

FONTE: iL DOMANI

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