Vangelo di Domenica 15 Gennaio 2017 |
Scritto da don M.Munno | |||||||||||||||||
giovedì, 12 gennaio 2017 11:24 | |||||||||||||||||
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 1,29-34. In quel tempo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele». Giovanni rese testimonianza dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio».
Viale magna grecia, 1 – 87011 Cassano all’Ionio (CS) – Tel. 098174014
“in-formati” Foglio settimanale parrocchiale di formazione e informazione
15 – 22 gennaio 2017
camminando insieme
Continuo a proporre, in questa rubrica, il “Progetto Pastorale” che il nostro vescovo Francesco ha consegnato alle Comunità cristiane della Diocesi di Cassano all’Jonio per i prossimi quattro anni. LA GIOIA DEL VANGELO (7)
Evangelizzazione: fedeltà al Risorto La “centralità di Gesù” anima ogni pastorale ecclesiale in cui è chiaramente affermata la priorità dell’evangelizzazione che non è mai scontata in un contesto in cui il Vangelo sembra collocato più sul versante della religiosità emotiva che sull’adesione consapevole e responsabile al Cristo Signore. Ritengo opportuno richiamare quanto K. Kasper scrisse nelle lettera pastorale alla comunità della diocesi di Rottemburg-Stuttgart del 28 agosto 1989. Egli affermava che la trasmissione della fede è una questione vitale che si impone continuamente e che l’evangelizzazione è “prima di tutto un impegno spirituale”. Richiede una conversione personale e comunitaria, non è opera nostra “ma dono dello spirito”. Richiede la testimonianza della vita. “Singoli cristiani e gruppi annunciano la fede con la semplicità del loro agire”. Essi vivono silenziosamente, con discrezione “nella speranza di qualcosa che non si vede e che non si potrebbe neppure sognare”. Tale testimonianza “è un annuncio fortemente efficace”. Come divenire capaci di testimonianza efficace? Con la formazione e la conoscenza della fede perché sia matura e sappia affrontare ogni difficoltà. La nostra fede deve entrare, come lievito che trasforma, in ogni aspetto della nostra vita. Dobbiamo impegnarci tutti a superare lo iato tra fede e vita. Interroghiamoci sulle cause della infecondità del nostro impegno nell’evangelizzazione, che ho visto più o meno profuso nelle varie azioni pastorali messe in atto. “L’esito catastrofico delle catechesi nei tempi moderni è un problema ecclesiologico, che riguarda la capacità o meno della chiesa di configurarsi come reale comunità, come vera fraternità, come corpo e non come macchina o azienda”. È una riflessione di J. Ratzinger, il papa emerito, quando era cardinale. Mi sembra attagliata sulla nostra chiesa locale nella quale manca un ingrediente indispensabile: la fraternità. Lasciate che lo ripeta fino ad essere importuno. Una chiesa che trasmette la fede è una chiesa “madre”, capace di maternità, in cui si fa esperienza di amore. Questo vuol dire che dobbiamo essere capaci di umanità. La fede, l’atto del credere è un atto di “affidamento su” ed è innanzi tutto un atto umano che avviene in un contesto umano, umanizzato. “La fede credibile è quella che raggiunge l’umano delle persone e che sa toccare il tragico che le persone vivono” (Luciano Manicardi, monaco di Bose). La trasmissione della fede richiede come esigenza inderogabile “un soggetto tradente che sia testimone nei confronti dell’annuncio ed ospite nei confronti di coloro cui rivolge l’annuncio”. Ciò che fonda l’essere trasmettitore della fede è certamente l’essere stato ospitato da Cristo, grazie ad una comunità cristiana che è generante alla fede, che accompagna la nascita alla fede e la crescita in essa. Così nasce la determinazione ad essere discepoli e testimoni di Gesù Cristo Morto per noi e Risorto e la gioia di annunciarlo a tutti. La comunità che mostra “accoglienza, fiducia e riconoscimento” di un lontano è, dunque necessaria ed indispensabile come soggetto di evangelizzazione. “Nell’arte di incontrare le persone che Gesù vive e che i Vangeli ci narrano” troviamo il metodo da seguire nella trasmissione della fede: “operazione umanissima e relazionale”. Gesù incontra con massima discrezione le persone, crea uno spazio di libertà intorno a sé che consente a ciascuno di emergere come soggetto con la propria identità e dignità. “Incontrare Gesù significa: - conoscere la valorizzazione del proprio nome e del proprio volto, della propria identità; - entrare nel compito e nella responsabilità di umanizzarsi; - cogliere l’essenzialità del gratuito - entrare nell’avventura dell’ascesi e della libertà” (L. Manicardi). Credere è assumere i limiti della condizione umana ed è atto di responsabilità verso la vita. Dunque la trasmissione della fede non prescinde dalla trasmissione del valore primario e fondamentale che è la vita. L’atto di fede è un atto sorgivo del soggetto umano in quanto lo pone nel divenire della sua storia di carne e di spirito, in quanto lo pone in rapporto con l’altro, in quanto lo situa in una relazione in cui non si scambiano cose, ma esistenza, vita. Questa dimensione “umanissima” della fede deve essere tenuta presente più che mai nella educazione alla fede, particolarmente con i giovani, perché solo un’umanità sana e libera può assumere la fede.
Custodiamoci nella preghiera reciproca! Buona domenica a tutti! don Michele
Riflettiamo “insieme” sulla Parola di Dio della Domenica 15 Gennaio 2017 II Domenica del Tempo Ordinario – A (Is 49,3.5-6; Sal 39; 1Cor 1,1-3; Gv 1,29-34)
Prima di lasciare il testimone all’Evangelista Matteo, perché ci guidi nella conoscenza del Signore Gesù in questa prima parte di domeniche del tempo ordinario, è ancora l’Evangelista Giovanni ad orientare il nostro sguardo verso Gesù. E Giovanni lo fa lasciandosi aiutare da una figura che ormai dovrebbe esserci familiare, poiché ha segnato decisamente il nostro cammino durante il tempo d’Avvento e di Natale: Giovanni il Battista. Il Battista è “un dito puntato verso Gesù”! La grandezza dell’ultimo grande profeta, definito da Gesù stesso come “il più grande dei profeti”, consiste nel mettersi da parte dopo aver indicato Gesù: «“Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Sappiamo dai versetti successivi del Vangelo che alcuni dei discepoli di Giovanni Battista, dopo averlo sentito parlare in quel modo, lo lasciarono per seguire Gesù. Il Battista, in questo modo, diventa un modello esemplare che ci aiuta a prendere consapevolezza di una terribile malattia, che spesso intacca il nostro cuore e che potremmo definire “autoreferenzialità”. Al centro della nostra vita (e di quella altrui!) non possiamo esserci noi! Al centro dev’esserci necessariamente Gesù. Di fatto, però, molto spesso noi ci troviamo a parlare di Gesù, i vescovi e i sacerdoti lo predicano, i catechisti e gli operatori pastorali dovrebbero favorirne la conoscenza, lo dovrebbero annunciare, ma in verità, nella triste verità, ci troviamo a “usurparne il posto” nella vita e nel cuore delle persone. Spesso ci è sufficiente essere apprezzati e stimati per ciò che facciamo, per il ruolo che ricopriamo, ma poi non siamo realmente interessati al fatto se i nostri fratelli e le nostre sorelle abbiano realmente incontrato – grazie al nostro essere “dito puntato verso Gesù” (e non verso noi stessi!)! – il Signore, se abbiano o meno deciso di seguirlo, se si sforzino o meno di farlo abitare nelle proprie esistenze e di modellare le proprie scelte alle Sue! La nostra “autoreferenzialità” ci acceca ed acceca, rendendoci tristi, maldicenti, invidiosi, egoisti ed egocentrici! Quanto siamo diversi da Giovanni Battista! In questa seconda domenica del tempo ordinario, lasciamo che le parole di Giovanni, il suo indicarci decisamente Gesù ci provochi e ci sproni! Ecco l’Agnello di Dio! Queste parole del Battista sono state così importanti per la Comunità cristiana, fin dall’inizio, che sono state recepite dalla Liturgia e inserite in ogni celebrazione eucaristica proprio nel momento che precede la comunione. Gesù, l’Agnello di Dio, è venuto per farsi carico di tutto il marcio, di tutta la sporcizia, di tutto il peccato che segna le nostre esistenze guastate e le porta verso la morte eterna! Egli si è caricato di tutto, ha versato il suo sangue perché fosse risparmiato il nostro sangue, ha voluto liberamente morire al posto nostro e, con il suo sacrificio, ci ha riscattati. Ed è Lui, solo Lui, che dobbiamo seguire e, seguendolo, indicarLo agli altri! Egli solo, infatti, non io, non tu, non una catechista, non un prete, non un vescovo, non un cardinale, non il papa ha il potere di salvarci, ma solo l’Agnello di Dio, solo il Figlio di Dio, che si è fatto peccato ed è morto perché noi riavessimo in Lui la vita vera! Cosa aspettiamo ancora? Seguiamolo! Amen.
AVVISI
- OGNI GIOVEDÌ, NELLA CHIESA “SAN GIUSEPPE”, ALLA CELEBRAZIONE DELLA S. MESSA SEGUE L’ADORAZIONE EUCARISTICA.
- OGNI VENERDÌ, PRESSO LA CHIESA “SAN GIUSEPPE”, ALLE ORE 15:00, SI CELEBRA L’ORA SANTA DELLA MISERICORDIA: CORONCINA ALLA DIVINA MISERICORDIA, VIA CRUCIS.
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