Roggiano: Archeologia tradita |
Scritto da A.M.Cavallaro | |
giovedì, 03 novembre 2016 20:31 | |
Era tanto che avevo voglia di andare in agro di Roggiano Gravina, ameno paese situato tra la valle alta dell’ Esaro e la Media Valle del Crati, dove negli anni ’60 furono scoperti i resti di una villa romana del periodo imperiale. Nel 1974 iniziò una campagna di scavo che durò circa 2 anni attraverso la quale gli esperti giunsero alla conclusione che si trattava effettivamente di resti appartenenti ad una villa romana del 1° Sec. D. C..
Furono recuperati alcuni importanti pezzi che vennero sistemati nel Museo Archeologico di Sibari, dove ancora si trovano, in parte nelle sale d’esposizione e in parte nei depositi. Nel 1981 si continuò a scavare e si riconfermò l’età dell’antica struttura, ma si individuò anche una costruzione preesistente di epoca incerta. Apprendiamo dal web che: “Nel ’92 iniziò una nuova campagna organica di scavi per un impiego di spesa di oltre un miliardo di vecchie lire da parte del Comune di Roggiano Gravina e, successivamente, durante la prima amministrazione a guida De Maio, il sito cui si arriva percorrendo la strada che da Roggiano porta ad Altomonte, fu ufficialmente inaugurato alla presenza di autorità civili, militari e religiose.” Ovviamente dopo aver speso tanti soldini era giusto che si provvedesse ad un’inaugurazione in pompa magna. Ma non finisce quì, sempre dal web: “I lavori di scavo sono stati eseguiti a più riprese. L’ultimo intervento, portato a termine nel dicembre del 1998 ha fatto assumere alla zona un’importanza storico-architettonica rilevante, poiché sono stati portati alla luce reperti, considerati dagli studiosi, tra i più importanti dell’epoca romana”. (importanti per la Calabria ovviamente. n.d.r.) Infine nel terzo millennio, utilizzando fondi P.O.R. Calabria 2000-2006, Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, viene allestito il Progetto Integrato Territoriale n.5, approvato il 6 maggio del 2005. Non conosciamo l’ammontare dei fondi stanziati; ma ancora NON FINISCE QUI’, infatti su uno degli immobili recentemente costruiti nei pressi del sito archeologico campeggia una tabella dalla quale si evince che la località ha usufruito di fondi del Programma di Sviluppo Rurale 2007/2013 della Regione Calabria, cofinanziato dal F.E.A.R.S. (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rural), tramite il Comune di Roggiano con la finalità di “Incentivazione di Attività Turistiche” attraverso un “Progetto per il recupero e potenziamento di Itineario Archeologico-Paesaggistico con riqualificazione delle strutture esistenti in località Larderia”. Non abbiamo indagato per conoscere l’ammontare di questa ulteriore spesa, ma certamente si è trattato di una cifra considerevole, inoltre non capiamo cosa c’entri lo sviluppo rurale con l’archeologia. Bah! i misteri della politica nostrana. Bene! Gli appassionati di archeologia che leggeranno fin quì questa nota, penseranno subito:”Caspita un sito che dovremo assolutamente visitare, con tutti gli interventi elencati deve essere sicuramente una visita interessante”. Con questi presupposti, stamattina mi sono recato sul posto accompagnato da uno dei giovani più brillanti del nostro territorio e ottima guida, l’amico dott. Gaetano Sangineto e il mio stupore si è trasformato subito in rabbia nel vedere lo stato di estremo abbandono in cui versa l’intera area archeologica. Certamente nei primi anni dopo la scoperta sono stati eseguiti degli scavi importanti che hanno permesso di portare alla luce ed infine datare i resti della villa, successivamente si è pensato a costruire di sana pianta un’area per l’accoglienza dei visitatori con tanto di parcheggio, stradina pedonale e due costruzioni per i servizi e gli uffici necessari, ma poi il tutto è stato lasciato in balia delle erbacce, dei rovi, dei topi ( i cui escrementi sono dappertutto) e probabilmente anche di qualche “inquilino” di passaggio. I “ruderi” (non me la sento di chiamarli “reperti”) di quella che certamente fu una stupenda villa si intravedono appena fra le alte erbacce, i mosaici che sono stati lasciati sul posto fra qualche tempo saranno non più visibili sottoposti come sono alle intemperie e anche i muri periferici, che pare siano stati oggetto di “restauro” recente (per una cifretta intorno a 100mila Euro) non se la passano meglio. Insomma un bel po’ di denaro pubblico sprecato, così com’è usanza del nostro bel paese. Poiché ho vissuto per qualche decennio all’estero, in Svizzera, mi è venuto da paragonare questo sito archeologico ad uno che si trova nella Svizzera interna nei pressi di una cittadina il cui nome tedesco è Windisch, ma si tratta della Vindonissa fondata dai romani intorni all’anno ottavo d.C.. Vi si trovano i resti di un importante accantonamento dell’esercito romano dotato finanche di un teatro le cui mura sono ancora ben visibili e tenute ottimamente. Non c’è ragazzino dei paesi limitrofi che non sia stato condotto laggiù per vedere quei pochi resti e concludere poi la visita nel vicino centro urbano dove vi è un monastero del ‘400. Perché la stessa cosa non si può realizzare qui da noi? Di località ricche di reperti ce ne sono un po’ dappertutto, possibile che non si riesca a essere in grado si realizzare dei circuiti dove lasciar confluire tutto quello che di buono siamo in grado di mostrare e di creare? Eppure soldi se ne spendono (e ne se sono stati spesi) tantissimi ma restiamo sempre con il classico pugno di mosche in mano. 18 milioni di Euro sono stati stanziati e spesi (credo) per il recupero dell’area archeologica di Sibari e per l’ampliamento del Museo, ma credete che questa spesa notevole riuscirà a far aumentare i visitatori senza un adeguato supporto organizzativo e promozionale? Fin quando la popolazione locale non sarà messa in condizione di trarre benefici economici da queste strutture a nulla serviranno le chiacchiere e i piagnistei di politici, per lo più ignoranti, per far confluire fondi per opere che rimarranno poi delle “belle incompiute” come quella di Roggiano Gravina. Di casi come questo la Calabria è inondata! Dobbiamo sperare che cambi qualcosa? Penso che prima di tutto dovremmo cambiare noi. |
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