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Convegno sul Referendum PDF Stampa E-mail
Scritto da A.M.Cavallaro   
martedì, 18 ottobre 2016 09:19
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Antonio Pagano
L' 8 Ottobre si è tenuto a Trebisacce nell'aula consiliare, gentilmente concessa dall'Amministrazione Comunale di quella cittadina, un convegno sul prossimo referendum costituzionale organizzato dall'A.S.A.I. (Associazione Sviluppo Alto Ionio) fondata dall'avv. Antonio Pagano consigliere parlamentare originario di Amendolara. A moderare gli interventi è stata incaricata l'arch. Franca Franco e a relazionare sono stati  lo stesso avv. Pagano, il sociologo Franco Gatto per il SI e il prof. Giuseppe Costantino per le ragioni  del NO.

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Franco Gatto
Nella sua lunga introduzione l'avv. Pagano ha chiarito brillantemente gli aspetti generali del referendum sia sotto il profilo giuridico che sotto l'aspetto delle conseguenze che porteranno i due possibili risultati al nostro paese. Subito dopo è stato il prof. Costantino ad illustrare le ragioni del NO  (in coda alla presente nota siamo in grado di offrire ai nostri webnauti la sua articolata relazione).
Il sociologo prof. Franco Gatto ha  tentato, soprattutto inizialmente,  di confutare le tesi del NO esposte dal suo "antagonista", piuttosto che esporre le motivazioni del SI. Successivamente si è dilungato sulle argomentazioni portate avanti dall'attuale governo, Renzi in testa, per convincere gli elettori della bontà dei ritocchi alla Costituzione.
Alla fine la moderatrice ha lasciato spazio anche ad alcuni interventi dei convenuti.
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Giuseppe Costantino
Si è trattato di un'ottima iniziativa che meritava certamente una maggiore presenza di pubblico visto l'importante argomento trattato  e la valenza dei relatori.

Antonio Michele Cavallaro

 

 

 

 

 

 La relazione del prof. Costantino

REFERENDUM  COSTITUZIONALE:  Perché NO

Non si può parlare di Costituzione prescindendo dalla temperie storico politica nella quale viene elaborata e scritta. All’opposto è possibile risalire all’ispirazione ideale e ai significati politici dalla lettera dei diversi articoli. Questo per dire che le costituzioni sono figlie del momento storico, dei rapporti di forza delle classi sociali..

 

Ma di chi è figlia questa riforma costituzionale che modifica ben 47 articoli?  E come si configura nell’attuale periodo storico?

In una recente inchiesta dell’Università la Sapienza di Roma il 60%  dei ventenni  intervistati si dichiara disponibile a barattare le tutele sul lavoro con un lavoro comunque svolto.

O come nell’ultima vicenda dei call center di Alma Viva: a 2500 persone  dopo aver sottoscritto contratti di solidarietà a difesa dell’occupazione, e per una retribuzione di 700 euro  si propone di trasferirsi da Palermo e Roma a Rende.

 

Come si è arrivati a tanto?

Già nel 1975 la Commissione Trilaterale lamentava un “eccesso di democrazia” e più del Sud Europa che “tendono a mostrare una forte influenza socialista”; per i loro “esecutivi deboli”, la “protezione costituzionale dei diritti dei lavoratori”, il “diritto di dissenso”.

 

 E quasi un anno dopo, 1 aprile 2014,  il quirinalista del Corriere della sera Marzio Breda scrive: “Ma una cosa il Capo dello Stato (Napolitano) non la nega, anzi la ritiene “improrogabile, quella riforma (il superamento del bicameralismo paritario) per lui è importante,  e associa quella riforma a quella del titolo V della Carta e alla riforma elettorale.  A questo proposito basterebbe rileggersi il rapporto stilato da JP Morgan il 28 maggio 2013, là dove indica nella “debolezza dei governi rispetto al Parlamento” e nelle “proteste contro ogni cambiamento” alcuni vizi congeniti del sistema italiano. Ecco, conclude Breda, una sfida decisiva della missione di Renzi.” 

Ecco padri e padrini della Riforma costituzionale sottoposta al referendum del 4 dicembre.

 

Dalla costituzione materiale, cioè gli strappi alla Costituzione, all’attuale Riforma.

 

Il Jobs act ,  nella narrazione del Capo del governo doveva produrre posti di lavoro e contratti con  tutele crescenti. Risultato: possibilità di licenziare con l’abolizione dell’art. 18 e trasformazione di contratti a tempo indeterminato solo in presenza della defiscalizzazione degli oneri sociali. Dimezzata la fiscalizzazione, spariti i contratti. L’Articolo 18, che, Renzi dopo qualche mese dal suo insediamento, la cui cancellazione, diceva  non essere all’ordine del giorno, all’indomani dell’incontro a Firenze con Mario Draghi ha aperto immediatamente il cantiere per la sua soppressione e per il jobs act.

 

Un’altra importante posta in gioco che fa gola ai mercati internazionali è l’uso del territorio, per ciò che l’art. 9 della costituzione chiama paesaggio e patrimonio storico e artistico della nazione. Per poter disporre di questi beni comuni bisognava far saltare i contrappesi al potere esecutivo.

Il primo passo del governo Renzi su questa strada è l’approvazione della legge detta Sblocca Italia con cui si esautorano le Regioni dalle decisioni sulle trivellazioni petrolifere lungo le loro coste e su cui si è votato il 17 aprile 2016, un referendum per il quale Renzi ha invitato all’astensione.

Lo Sblocca Italia per Salvatore Settis, rimette in circolo il silenzio-assenso, per un governo del territorio inteso come “rovesciamento dell’urbanistica, trasferimento dei poteri dal pubblico al privato, ingresso formale della rendita immobiliare al tavolo dove si decide, rendendo permanenti le regole della distruzione del Paese avviate con i condoni”. (Edoardo Salzano) Via libera alla cementificazione e dove non si può si può edificare, vendere. Infatti l’art. 26 del decreto stabilisce che ciascuno degli 8057 Comuni italiani possa cambiare destinazione agli immobili non utilizzati appartenenti al demanio. Una caserma potrà diventare un residence, una vecchia fabbrica  un centro commerciale. Cosa ci guadagneranno i Comuni?  Il comma 8 prevede un compenso per la svendita del patrimonio pubblico:”gli enti territoriali che hanno contribuito… alla conclusione del procedimento di valorizzazione o alienazione possono accedere a una quota parte dei proventi”

 

La riforma costituzionale e l’Italicum costituiscono una tappa importantissima in questo processo, un passo solo apparentemente astratto che completa sul piano istituzionale questo disegno neo liberista. 

 

Per giustificare queste riforme si evoca il mantra della governabilità che si attua con la riduzione del pluralismo e l’espulsione del disssenso.

 

Il metodo

Già l’iniziativa del Governo è la prima anomalia della “riforma”, perché la Costituzione per sua natura è estranea alle attribuzioni e all’iniziatica del governo. Il modo con cui è stata approvata, vedi sostituzione nella Commissione riforme costituzionali dei refrattari alla disciplina, Mineo e  Mauro, escamotages come il canguro, le tagliole hanno precluso discussione e voto. Si dirà per evitare lungaggini, ostruzionismi, litigiosità, ma nella Costituente nel 47 forse che è stato impedito il dibattito a tratti aspri? (si era usciti da due anni di guerra civile); il modo approssimativo con cui è stato scritto l’art, 70 ben presente persino agli estensori se rimandano all’interpretazione che ne darà la legge di attuazione. Sarebbe  infierire a volerla confrontare con la Carta del 1948 anche senza indulgere alla retorica benigniana della “costituzione più bella del mondo

 

Il merito

Ci sono nell’architettura della carta del ’48 due concetti fondamentali e che sono anche degli obiettivi: l’eguaglianza e la partecipazione, chiave di volta di quell’art. 3, secondo comma che attribuisce alla Repubblica il “compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale , che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.  Mi si dirà questa è la prima parte che non è toccata dalla riforma. Vero, viene toccata la seconda parte che  però non è giustapposta alla prima e pertanto  si potrebbe modificare senza inficiarla. Non è così, perche la seconda parte  delinea l’assetto istituzionale coerente con gli obiettivi della prima: molteplicità degli istituti di democrazia rappresentativa, centralità del Parlamento in posizione di supremazia rispetto al Governo (fiducia), ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica, bilanciamento dei poteri e previsione di maggioranze qualificate per la nomina degli organi di garanzia, attribuzione di ampie competenze alle autonomie locali, espresso richiamo ai partiti politici e alle organizzazioni intermedie e così via.

 

La manomissione

Molto di questo è stato manomesso, e questa manomissione la si appella costituzione materiale. L’impoverimento crescente, la riduzione continua e pervicace dello stato sociale, la subordinazione della politica all’economia e ai poteri forti interni e internazionali, in sostanza le trasformazioni economiche degli ultimi decenni, hanno prodotto delle prassi politiche, una regolazione dei rapporti sociali e un assetto normativo sempre più lontani dal progetto egualitario ed emancipatorio  scritto nella prima parte della costituzione.

 

Si è ribaltato il rapporto tra Parlamento e Governo, che ha assunto un ruolo di supremazia e si è trasformato in gabinetto del Premier, una curvatura personalistica culminata nella indicazione del leader sulle schede elettorali, la pletora di consulenti a Palazzo Chigi che di fatto finiscono per esautorare i singoli ministri, l’adozione di leggi elettorali maggioritarie e la sottrazione ai cittadini della scelta dei rappresentanti demandata alle burocrazie dei partiti, che hanno intaccato la funzione rappresentativa del Parlamento. Il presidente della Repubblica in particolare Napolitano che interviene sull’indirizzo politico, sulla composizione e durata dei governi. Ora tutto ciò ha influito sulla cultura politica e sui comportamenti individuali e collettivi. La corruzione incistata in tutti i gangli della vita pubblica, vanifica oltretutto la prospettiva evocata dall’articolo 54 secondo comma della carta, di una repubblica nella quale “ i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”, i partiti ridotti a comitati elettorali di capi privi di regole e di dialettica interna, anche qui in difformità col dettato costituzionale art. 49:”tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente per concorrere con metodo democratico a determinale la politica nazionale”; la partecipazione alla cosa pubblica art. 1 “la sovranità appartiene al popolo”, però non può eleggere il nuovo senato,  è diventata un optional, disincentivata da norme e prassi che hanno prodotto la fuga dal voto della metà degli aventi diritto.

Ecco, il NO, è  a tutto questo, perché la riforma costituzionale sulla quale andremo a votare non è altro che la formalizzazione del degrado sopra descritto. E’ la copertura costituzionale ex post ai cambiamenti intervenuti nella prassi e che finisce per incentivarli ulteriormente.

 

Come viene venduto tutto questo?

Con la retorica del nuovo.modernizzare l’Italia”,sconfiggere i gufi”, “far prevalere il nuovo sul vecchio”, “i professoroni buoni per i convegni”, “sostituire il fare ai mugugni” e via elencando. Una seconda componente è l’ammiccamento all’incultura. Un’invettiva vera e propria contro “i professoroni e i professionisti degli appelli” che ostacolano le riforme per ottusità e conservatorismo. I precedenti sono noti a quelli di una certa età, si può andare dal “culturame” di Scelba agli intellettuali dei mie stivali di Craxi fino alle sparate della Lega e dell’ex cavaliere. Queste assonanze storiche tradiscono una sostanza che dovrebbe inquietare.

 

Delegittimare gli avversari

Gli oppositori dell’Italicum e di questa riforma vengono definiti un’”accozzaglia di opposti” e si ironizza sul miracolo che ha messo insieme uno schieramento innaturale che va da Berlusconi alla Lega al movimento 5 stelle a Rifondazione comunista. Ora l’etererogeneità è normale per l’opposizione, un’azione di governo può essere contrastata per motivi diversi, mentre la vera anomalia sta piuttosto nell’approvazione di leggi da parte di forze politiche contrapposte (vedi Alfano e Verdini)

 

Un altro luogo comunela lentezza del processo decisionale

Il sistema previsto dalla Costituzione del “48, appesantito dal bicameralismo paritario e dall’ampia possibilità di ostruzionismo dell’opposizione, paralizza il Parlamento e ostacola un’attività legislativa all’altezza di una società complessa come la nostra. Sbagliato, basta guardare alla nostra storia. Nel 1970 in soli sette mesi, con un sistema elettorale  puro, camera e senato approvano: l’attuazione dell’ordinamento regionale ordinario, lo statuto dei lavoratori, il divorzio, i termini della carcerazione preventiva.  E nel volgere di pochi anni, il nuovo diritto di famiglia, asili nido e tempo pieno per le scuole elementari, obiezione di coscienza e servizio militare, sulla protezione delle lavoratrici madri e via elencando. A dimostrazione che i principali ostacoli all’attività legislativa sono di natura politica e non tecnica, tanto da presentarsi anche quando i numeri sono sulla carta così ampi da non giustificare ad esempio un anno e mezzo per eleggere i giudici costituzionali.

 

Con l’abolizione del senato si realizzano consistenti risparmi. Non è vero. Le stime concordano sui 50 milioni di euro. Ben altro si potrebbe ottenere con riduzioni dei compensi di tutte le cariche elettive e di tutti coloro che vivono di politica, cioè un milione di persone disseminati nelle partecipate di Comuni e Regioni.

 

Personalizzazione

Renzi dà gli ottanta euro, il bonus bebé,  500 euro agli insegnanti, altri 500 ai diciottenni, l’aumento delle pensioni minime, la quattordicesima. Non il governo, è lui che si relaziona con una massa di persone e non di cittadini rappresentati da partiti e altri soggetti collettivi. I cittadini ridotti a spettatori chiamati ad esprimere il loro gradimento a chi ci mette la faccia e non già a programmi politici, con il corollario che chi vince prende tutto e poi non deve essere disturbato durante il suo mandato né da partiti né da movimenti e neppure dagli elettori che lo hanno scelto.

 

Astensionismo

Come non attribuire a questo modo di agire il calo dei votanti nelle ultime consultazioni elettorali (Regionali del 31 maggio 2015) la cui partecipazione si è attestata su percentuali di poco superiori al 50%. Per non parlare di quello che era accaduto l’anno prima in Emilia Romagna dove a votare è andato soltanto il 37% e il presidente eletto con il 49% dei votanti di fatti governa con il 18% del corpo elettorale.

 

Il merito della riforma

I titoli dei quesiti all’apparenza neutri, quando non ammicanti,, occultano un progetto che stravolgendo la Costituzione, concentra il potere nel governo. Ora la storia del costituzionalismo è la storia, all’opposto, della limitazione del potere perché “un’esperienza di secoli mostra come chiunque abbia del potere, sia portato ad abusarne, finché non gli vengano posti dei limiti” (Montesquieu). Non solo la Costituzione italiana del 1948, nata dalla guerra di liberazione esprime un progetto di emancipazione, di trasformazione della società condensato nell’art. 3 sopra richiamato, un costituzionalismo che elabora il costituzionalismo liberale integrando l’eguaglianza formale con l’eguaglianza sostanziale: i classici diritti di libertà tipici della tradizione liberali con i diritti sociali, limitando e indirizzando così l’economia.  E’ una costituzione che riconosce il pluralismo, che prevede il conflitto e il dissenso. I rapporti fra Parlamento, Governo, Presidente della Repubblica possono essere declinati in modi differenti ma ciascuno incontra dei limiti all’interno di un sistema di controlli e bilanciamenti reciproci.

 

La revisione

Prima osservazione

Lo scopo dell’art. 138 che norma la revisione della Costituzione è assicurare che questa avvenga solo con un’ampia convergenza delle forze politiche, da qui le maggioranze qualificate, ma con un sistema elettorale maggioritario come si fa a garantire il coinvolgimento delle minoranze. Si ragiona di modifica dell’organizzazione (della macchina) dello stato. La riforma della costituzione non può essere fatta solo dal governo (il  pilota). Quindi il disegno di legge costituzionale non può essere di matrice governativa, ma provenire dal parlamento, dovrebbe essere oggetto di una discussione aperta, adottato da maggioranze trasversali le più ampie possibili. Ma questo come sappiamo non è avvenuto.

 

Seconda osservazione.

Correttezza costituzionale avrebbe voluto che camere delegittimate in ragione della sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittimi i meccanismi in base ai quali sono state formate (premio di maggioranza ottenuto col Porcellum, per intenderci), si astenessero dalla revisione della Costituzione che non rientra nella normale amministrazione che ha fondamento nel principio di continuità dello stato.

 

Accentramento del potere e depotenziamento dei contrappesi

Il senato rimane ridotto nei numeri e depauperato nelle sue funzioni. La diminuzione del numero è vantata come un elemento che riduce i costi della politica, argomento debole. Il saldo è negativo rispetto alla democrazia. Minore il numero dei rappresentanti diminuita la possibilità di eleggere un rappresentante che rispecchi la propria visione, tra l’altro eletti indirettamente. Saranno scelti da 800 consiglieri regionali. Il mandato di senatore coincide con quello di consigliere regionale o locale. L’impossibilità di ricondurre a tutto il popolo l’elezione dei rappresentanti rende illegittima, per violazione della sovranità popolare -art. 1 – l’attribuzione al senato quali la partecipazione al procedimento di revisione costituzionale e al processo legislativo ordinario.

 

I 5 senatori di nomina presidenziale poi, si configurano come  il partitino del presidente (5 su 100)

 

Quanto alle funzioni del nuovo senato, spaziano dalla compartecipazione con la camera alla legislazione ordinaria in talune ipotesi, alla elezione di due giudici della corte costituzionale, al concorso nelle funzioni di raccordo fra lo stato e gli enti territoriali, ad inediti compiti di valutazione delle politiche pubbliche e dell’attività delle pubbliche amministrazioni, nonché in materia di verifica dell’attuazione delle leggi dello stato. La competenza e la valutazione sono delle novità  per adesso solo suggestive perché non viene detto come. Ha infine alcune funzioni legate all’integrazione comunitaria, la partecipazione alle decisioni dirette alla formazione a all’attuazione degli atti normativi e delle politiche UE.

“Il senato non vota la fiducia, non partecipa all’indirizzo politico, non può votare lo stato di guerra.

In conclusione il nuovo senato si presenta come un organo debole, svalutato, i senatori sono part-time e non in grado di esercitare un contrappeso nei confronti del governo.” Alessandra Algostino

 

Rapporto Governo –Parlamento

Emblematico dei rapporti governo-parlamento e del potenziamento del primo è il meccanismo del voto a data fissa sui disegni di legge; viene così istituita una corsia preferenziale che di fatto sposta l’esercizio del potere legislativo in capo al governo e rende quest’ultimo sempre più padrone dei lavori parlamentari. Il governo può chiedere di deliberare entro 5 giorni dalla richiesta che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno, con l’obbligo per l’assemblea  di pronunciarsi in via definitiva entro 70 giorni e a legittimare la richiesta è sufficiente che il disegno sia reputato essenziale per il programma del governo.

Il governo emerge come il dominus della riforma, non più come esecutivo del parlamento, ma suo organo direttivo nel nome dell’efficienza e della governabilità.

 

Semplificazione

Artt 10-12; artt. 70-72 moltiplica i tipi di procedimento legislativi, e non c’è accordo sul loro numero: chi dice tre e chi qualche multiplo.

Vi sono leggi bicamerali, che vedono la partecipazione paritaria delle due assemblee come le leggi costituzionali e le leggi in materia di referendum e consultazione popolare o di ordinamento degli enti territoriali e poi vari tipi di leggi monocamerali approvate dalla camera, salvo il richiamo del senato, con termini e poteri di intervento differenti e con decisione definitiva della camera dei deputati adottata a seconda dei casi con maggioranza relativa o assoluta. E’ una distinzione per materie incerta che fatalmente incrementerà il contenzioso tra i presidenti delle due camere e la possibilità di ricorso alla consulta.

 

Rapporti stato-enti territoriali. Il ritorno dello stato

il titolo V legge costituzionale n. 3- 2001 (sul federalismo) con le sue ambiguità ha dato luogo a un consistente contenzioso di fronte alla consulta. Il trait d’union delle varie norme che riguardano il titolo V è il ritorno dello stato, abbandonato il tanto decantato federalismo, si inverte la rotta e si accentra. Si espande lo spazio del legislatore nazionale: è eliminata la competenza concorrente. Sono ricondotte alla competenza esclusiva dello stato alcune materie come trasporto e navigazione,comunicazione, energia, promozione della concorrenza, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, tutela e sicurezza del lavoro, politiche sociali, istruzione e formazione professionale; è introdotta la clausola di supremazia statale (ai fini della tutela dell’unità giuridica ed economica o dell’interesse nazionale, su proposta del Governo la legge statale può intervenire in materia di competenza esclusiva delle Regioni. Tale clausola è stata definita clausola vampiro.

Viene inoltre stabilita un’altra clausola di salvaguardia dell’autonomia regionale speciale (le regioni a statuto speciale sono sottratte all’applicazione della riforma sino alla redazione di nuovi statuti con l’introduzioni di ulteriori elementi di complicazione.

Le Province scompaiono dal testo della costituzione, ma continuano a essere presenti nell’ordinamento giuridico laddove non vi sia una città metropolitana.

 

Da un lato la riconduzione allo stato di alcune materi, come la salute o la sicurezza del lavoro condivisibili nella prospettiva dell’uguaglianza nella tutela dei diritti; dall’altro l’indebolimento delle regioni comporta il venir meno di un altro contrappeso, di un altro elemento di separazione in senso verticale dei poteri, un altro tassello nel disegno accentratore.

 

Gli organi di garanzia. La corte costituzionale

Dei 5 giudici di nomina parlamentare ben due sono eletti dal senato. Il rischio che diminuisca l’imparzialità è presente nella novità del giudizio preventivo di costituzionalità sulle leggi elettorali su attivazione di un quarto dei deputati e un terzo dei senatori, finisce per inserire la corte nel vivo della discussione parlamentare. E che potrebbe essere un modo surrettizio di evitare il ricorso successivo alla corte

Per la elezione del presidente della repubblica dal settimo scrutinio la maggioranza è ridotta ai tre quinti, che per l’effetto dell’Italicum rende possibile alla sola maggioranza di eleggere il presidente.

 

La democrazia diretta

La riforma costituzionale innalza il numero di firme necessarie per presentare una proposta di legge d’iniziativa popolare, portandola da 50 mila a 150 mila. Quanto a referendum abrogativo i quorum variano in relazione al numero di firme raccolte; con  500000 firme occorre la maggioranza degli aventi diritto, con 800000 è sufficiente la maggioranza dei votanti

 

 

In conclusione con il NO si difende il territorio, ma soprattutto la possibilità di un altro modello economico e sociale, si dice no al jobs act e ai ricatti della contrattazione aziendale, significa continuare la battaglia per l’acqua pubblica, significa difendere gli spazi pubblici, i beni comuni dalle privatizzazioni. Le utilitys degli enti locali nelle mani di multinazionali. Non c’è nessuna relazione come si vuol far credere tra riforma costituzionale e sviluppo economico e a dirlo sono due entitità difficile definire eversive, come il Fondo Monetario Internazionale e il Financial Time che scrive delle riforme di Renzi come un ponte sul nulla.

 

Giuseppe Costantino

 

 


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