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Strage di Nizza: Riflessioni PDF Stampa E-mail
Scritto da A.M.Cavallaro   
venerdì, 15 luglio 2016 18:30
ImageLa notizia della strage compiuta a Nizza  ad opera di un pazzo esaltato che, a bordo di un camion, ha falciato la folla che festeggiava il 14 luglio sulla "Promenade des Anglais" a Nizza, ci ha lasciati senza parole, inebetiti davanti alle tragiche immagini che scorrevano sui televisori. Quando poi veniamo a sapere che l'autore di questa barbarie è un francese figlio di tunisini residenti in Francia, un europeo quindi, cresciuto nella civilissima e cattolica Francia, cominciamo a riflettere in modo più profondo su tutte le complicazioni di ordine sociale, morale e, ovviamente, religioso, che possono scatenarsi in  una nazione che ha fatto dell'accoglienza quasi un dovere.

La Francia già prima della fine della sua politica colonialista ha inziato a naturalizzare moltissimi tunisini, marocchini e algerini di fede musulmana, la maggior parte dei quali sono divenuti cittadini modello. Ma come si può scandagliare l'animo di un giovane che, seppur nato e cresciuto in Europa, continua ad avere idee di stampo medievale che gli fanno poi compiere atti di violenza inaudita proprio contro quel popolo che lo ha fatto crescere e diventare uomo?

Certo qualcosa non ha funzionato, forse questi giovani, europei solo sulla carta, sono stati lasciati soli davanti alle gravi problematiche che oggi assillano tutti. I loro genitori quando giunsero in Europa lasciarono paesi devastati dalle guerre e dalla fame e cercarono di adattarsi alla nuova condizione di vita con grande disponibilità, accontentandosi, magari, anche di vivere leggermente al di sotto dei nativi, si sono creati così dei ghetti all'interno dei quali  le seconde generazioni hanno subito una diversità di trattamento che li ha spinti a reimpossessarsi della parte violenta di una cultura islamica sempre latente e pronta ad esplodere.


Al Kaida prima e l'ISIS oggi, hanno trovato terreno fertile nelle menti di questi giovani che vivono il disagio di tanti altri ragazzi della loro stessa età, ma in modo diverso; la loro rivolta viene fuori attraverso i valori violenti di una fede, che spesso conoscono poco, spinti dalla incapacità di riconoscersi in una società nella quale non riescono ad affermarsi e quindi vedono come unica dimostrazione della loro esistenza azioni di ferocia inaudita.
D'altronde di cosa ci meravigliamo? Sappiamo tutti come hanno reagito alcuni nostri connazionali emigrati negli USA, davanti a fenomeni come la disoccupazione, la fame, la ghettizzazione. Come potevano reagire trovandosi emarginati in un mondo progredito ma che li "utilizzava" soltanto come macchine da lavoro? Con l'unico modo che avevano imparato a casa loro: l'organizzazione di attività criminose come "Cosa Nostra" sulla falsariga della mafia siciliana e della camorra napoletana.  Organizzazioni basate non su una fede religiosa ma su una "tradizione" malavitosa che nei suoi riti ed in alcune fasi dell'affiliazione mettevano in risalto i legami con la patria d'origine spesso mai conosciuta.

Dobbiamo preoccuparci?
Certo, perchè la sola accoglienza non basta. E' necessario che l'integrazione sia totale, è necessario che i ragazzi della seconda generazione soprattutto, possano trovare le stesse condizioni riservate ai nostri figli, che vengano abituati alla nostro modo di vivere senza far  pesare la loro "diversità" religiosa, anzi, facendogliela vivere col confronto continuo e con la disponibilità che la nostra cultura cristiana europea ci ha insegnato.

Antonio Michele Cavallaro

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