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Alfabeto Civile: B come Bene Comune PDF Stampa E-mail
Scritto da G.Costantino   
lunedì, 20 giugno 2016 05:54
ImageIn Italia, una lunga storia culturale ha identificato nel patrimonio artistico un valore alternativo al mercato, ad esso irriducibile; oggi, invece, una profonda depressione culturale riduce la nostra vita alla sola dimensione finanziaria: ciò che interessa è il denaro, ma esistono cose che non hanno prezzo, che non si possono comprare. Lo spiega bene Michael J, Sandel (Quello che i soldi non possono comprare,. I limiti morali del mercato. Feltrinelli. Milano 2013): …..Assegnare un prezzo alle cose buone può corromperle. Questo perché i mercati non solo distribuiscono beni: essi esprimono e promuovono anche determinati atteggiamenti nei confronti dei beni  oggetto di scambio. ….I mercati lasciano il segno. Talvolta, i valori del mercato scalzano valori non di mercato di cui varrebbe la pena tener conto…. Se trasformate in merci, alcune delle cose buone della vita vengono corrotte e degradate. Dunque, per stabilire dove va collocato il mercato, dobbiamo decidere come valutare i beni in questione – la salute, l’istruzione, la sfera familiare, la natura, l’arte, i doveri civici, e così via.

Ma noi, questo , lo abbiamo fatto. In Italia “la salute, l’istruzione, la sfera familiare, la natura, l’arte” abbiamo deciso di sottrarle al potere del mercato, scrivendolo una volta per tutte nella Costituzione. In un’Italia distrutta dalla guerra mondiale e dilaniata dalla guerra civile, i nostri padri seppero essere così saggi e lungimiranti da includere tra i principi fondamentali dell’Italia futura il paesaggio e l’arte. E non per farci qualche soldo, ma per farne, attraverso la ricerca e la conoscenza, uno strumento di costruzione di una comunità nuova. In questo progetto, la tutela materiale e immateriale del patrimonio culturale concorre a garantire e ad attuare alcuni diritti e libertà fondamentali. E’ anche grazie ad esso che può attuarsi il “progresso spirituale della società” (art. 5 Cost.), che i cittadini possono acquisire i mezzi culturali per “manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto” (art. 21), che i genitori possono “istruire ed educare i figli (art. 30), che la Repubblica può garantire, nel senso più largo e profondo, “la salute come fondamentale diritto dell’individuo” (art. 32), o che “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” (art. 33).

Se abbiamo ancora una speranza di rimanere cittadini, di non essere ridotti a sudditi, anzi a schiavi del mercato, questa speranza, conclude Montanari, è legata alla forza vitale della nostra dignità. E la dignità della nazione italiana è rappresentata, alimentata, sorretta dal paesaggio e dal patrimonio storico

I beni sopra richiamati sono quelli che Amartya Sen chiama capability che nella nostra lingua diventano capacitazioni, e fanno la differenza nella qualità della vita delle persone a seconda di dove vivono, molto di più di quanto possa fare la quantità di reddito disponibile, come ha dimostato una ricerca di una Ong britannica la New Economics Foundation, che sulla base di inchieste, ha elaborato un indice della felicità che ribalta l’ordine dei Pil e anche quello di sviluppo umano a tal punto da vedere in testa il Costa Rica e gli Stati Uniti solo al 114° posto.

Serge Latouche spiega questo paradosso con il fatto che la società cosiddetta sviluppata si basa su una perdita di valore sia delle merci, che l’”usa e getta” trasforma in rifiuti, che degli uomini esclusi e licenziati o disoccupati. Una società decente non dovrebbe produrre esclusi.

La scienza della buona vita, per Aristotele non è né l’economia né la crematistica (scienza dell’accumulazione della ricchezza con la ricchezza o come accade ai giorni nostri di finanziarizzazione dell’economia, di fare i soldi con i soldi), ma semplicemente l’etica. Si tratta di sostituire ai valori della società mercantile – concorrenza feroce, accumulazione senza limiti – e alla mentalità predatrice nei rapporti con la natura, i valori dell’altruismo, della reciprocità, della convivialità, del rispetto per l’ambiente

Si dovrebbe uscire dall’individualità atomistica  alla base dell’economia post-smithiana, a quella civile fondata sulla persona che secondo la tradizione scolastica, da San Tommaso a Maritain, vede la persona come l’essere-in-relazione, che è se stesso soltanto in rapporto con gli altri.

“Il concetto chiave di una simile teoria, scrive Bruni – è quello del bene relazionale”. Ora è sotto gli occhi di tutti  che il pensiero moderno si concentra sulla circolazione dei beni mercantili, che si hanno o non si hanno e a trascurare i beni che fanno essere, in definitiva quello che “conta non si conta”, come ci ricorda FrancoisFlahault.

La costruzione di un’economia di questo tipo si rifà  alla corrente dell’economia civile e alla scuola napoletana del XVIII secolo di Antonio Genovesi, soppiantata dal trionfo dell’economia politica anglosassone. (Questo progetto è stato sviluppato da un gruppo di economisti italiani, soprattutto Luigino Bruni, Stefano Zamagni, Benedetto Gui e Leonardo Becchetti).

La colonizzazione dell’immaginario da parte del capitalista porta a credere che sul mercato si possa vendere e acquistare qualsiasi bene e tutto ciò da cui dipende il nostro benessere, ma alcuni dei più importanti fattori  di capacitazione umana sono molto difficili da vendere a una sola persona per volta e questo vale soprattutto per i beni pubblici che gli esseri umani non consumano separatamente, ma insieme. La cosa è vera soprattutto in campi come la difesa dell’ambiente e la sanità pubblica.

La “buona” economia, ammonisce Latouche citando Gramsci, può rivelarsi uno strumento interessante per stabilire il necessario dialogo tra il vecchio che non vuole morire e il nuovo che non riesce a nascere, a condizione di stare in guardia contro i mostri che possono nascere in questo momento delicato.


Giuseppe Costantino
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