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Cassano/Roma 1877: Sangue e passione PDF Stampa E-mail
Scritto da A.M.Cavallaro   
martedì, 15 settembre 2015 07:59
ImageIl 6 ottobre del 1877 a Roma si consumò  un terribile delitto di natura passionale; ma fu Cassano Jonio (CS) il luogo in cui il misfatto venne architettato, probabilmente sotto le lenzuola della ricca ed elegante alcova  di una nobildonna che abitava in quel “palazzo Nola” che ora giace abbandonato e in totale degrado  nella parte alta della città. (Foto: dipinto di Francesco Netti, pittore pugliese che immortalò sulla tela il comportamento inadeguato delle signore romane durante il processo)

Ma andiamo ai fatti: Una bella e ricca signora cassanese, Raffaella Saraceni, che era stata, tra l’altro, nominata damigella d’onore della Regina Margherita (proprio quella che diede il nome alla famosa pizza) era andata a giuste ma forse “immeritate” nozze col capitano Giovanni Fadda, sardo di Iglesias.  Eroico combattente della seconda guerra risorgimentale, il capitano, durante la battaglia di San Martino,  gravemente ferito riuscì a sopravvivere, ma, colpito “nelle parti basse”, perdette la virilità. Come ricordavamo prima e nonostante la sua grave infermità, sposò la bellissima, ma pruriginosa Raffaella. Mal gliene incolse, perché l’attizzante moglie non sopportò a lungo la castità impostale dalla deficienza fisica dello sposo, e cominciò a tradirlo spudoratamente. Il povero capitano dovette sicuramente subire tacendo e forse facendo finta di non sapere e di non vedere. Il ménage in questo modo andò avanti più o meno tranquillamente per qualche tempo fino a quando la bella Raffaella non venne attratta da un focoso cavallerizzo da circo, tal Pietro Cardinali, che la fece letteralmente ardere di passione, tanto da ordire, insieme all’amante, l’omicidio del marito. In un’analisi storica di quel periodo  di Antonio Di Benedetti, apparsa sul Corriere della Sera del 3 gennaio del 1994,  leggiamo: “…Così , dopo un anno di matrimonio, la giovane moglie comincia a smaniare: finisce nei letti prima d'un parrucchiere, poi d'un maniscalco, quindi d'un medico. Il cavallerizzo, ultimo della serie, la travolge. Al punto che, perso ogni freno, la Saraceni induce quel bruto, quel "pezzo di carne" a eliminare l'ignaro capitano Fadda.

Pietro Cardinali era un saltimbanco capitato a Cassano al seguito di un circo equestre dove si esibiva con spericolati volteggi a cavallo di focosi destrieri; focoso e belloccio doveva essere anche lui, quanto sprovveduto e, certamente, troppo sicuro di sé, fatto sta che riuscì in qualche modo a suscitare l’interesse dell’assatanata signora, che, senza por tempo in mezzo, se lo portò nel suo letto. La tresca col cavallerizzo non fu un semplice “passatempo” ma una vera e propria infatuazione, tanto che i due “innamorati” decisero di far fuori l’ignaro capitano, che viveva ormai separato dalla moglie, ma che comunque rappresentava un ostacolo al desiderio magari di un successivo matrimonio o di una convivenza alla luce del sole. Così il Cardinali fu introdotto proprio dalla bella Raffaella nella casa del capitano, spacciandolo per un ebanista calabrese che avrebbe dovuto effettuare dei lavori nell’abitazione di quest’ultimo. Il vero scopo era, invece, quello di trovare il momento più opportuno per assassinare brutalmente il Fadda e così avvenne. Furono 23 le pugnalate inferte al Fadda, ma il suo assassino non si accontentò e trascinato il corpo martoriato della  vittima nelle stalle lo fece calpestare dai cavalli. Fu trovato dagli stallieri ancora in vita e prima di esalare l’ultimo respiro accusò il suo carnefice. Nel 1911 G.Valori pubblicò un libretto dal titolo molto esplicativo “A proposito del processo Fadda” . Nell’introduzione leggiamo:  

“Una Divertente polemica, contro il perbenismo borghese romano, che parte da un omicidio, avvenuto a Roma nel 1879, narrato all'inizio: "Il capitano Fadda viveva separato... dalla moglie Raffaella Saraceni, la quale... ebbe ad amante un tal Pietro Cardinali, ginnasta cavallerizzo in un circo equestre... Il Cardinali... andò a casa del cap.Fadda, qualificandosi per un ebanista calabrese e... colpì il disgraziato marito con ben 23 colpi di stiletto", ma il moribondo sopravvisse abbastanza da denunciare il Cardinali e la moglie, che furono arrestati e processati nell'ottobre del 1879: una gran moltitudine di persone accorse alle udienze, i giornali, come il Fanfulla, s'impossessarono del caso e molti letterati, tra cui lo stesso Carducci, scrissero a favore e contro gli imputati”.  

Infatti le dame dell’alta società romana  assistettero al processo quasi come fossero a teatro spettegolando a più non posso e traendo quasi “godimento” dall’ascolto delle testimonianze e dalla narrazione del truce fatto di sangue, di passione e forse anche d’amore. La cosa sdegnò tanto il Carducci che scrisse dei versi molto pungenti che stigmatizzarono in modo impietoso il comportamento delle signore romane:

 Da i gradi alti del circo ammantellati
Di porpora, esse ritte
Ne i lunghi bissi, gli occhi dilatati,
Le pupille in giú fitte,

Abbassavano il pollice nervoso
De la mano gentile.
Ardea tra bianche nuvole estuoso
8ul sol primaverile

Su le superbe, e ne la nera chioma
Mettea lampeggiamenti.
Fremea la lupa nutrice di Roma
Ne i lor piccoli denti,


Bianchi, affilati, tra le labbra rosse
Contratte in fiero ghigno.
Un selvatico odor su da le fosse
Vaporava maligno.

Era il sangue del mondo che fervea
Con lievito mortale,
Su cui provava già Nemesi dea
Al vol prossimo l’ale.

E le nipoti di Camilla, pria
Di cedere le mani
A i ferri, assaporavan l’agonia
De’ cerulei Germani.

II.


Voi sgretolate, o belle, i pasticcini
Tra il palco e la galera;
Ed intente a fornir di cittadini
La nuova italica èra,

Studiate, e gli occhi mobili dan guizzi
Di feroce ideale,
Gli abbracciamenti de’ cavallerizzi
Tra i colpi di pugnale;


E palpate con gli occhi abbracciatori
Le schiene ed i toraci,
Mentre rei gerghi tra sucidi odori
Testimonian su i baci.

Poi, se un puttin di marmo avvien che mostri
Qualcosellina al sole,
Protesterete con furor d’inchiostri,
Con fulmin di parole.

E pur ieri cullaste il figliuoletto
Tra i notturni fantasmi
Co ’l piè male proteso fuor del letto
Ne gli adulteri spasmi.

Ma voi siete cristiane, o Maddalene!
Foste da’ preti a scuola.
Siete moderne! avete ne le vene
L’Aretino e il Loiola.


ottobre 1879.

Il processo si concluse con la condanna all’ergastolo del Cardinali ed ai lavori forzati a vita per la bella Raffaella. Quest’ultima, però,

“Dopo il ricorso in cassazione, sostenuto dai maggiori principi del foro italiani   (tra cui   Enrico Pessina  professore di diritto penale a Napoli  che era stato compare d’anello della Saraceni)  la pena è fissata in trent'anni di reclusione, che grazie al buon comportamento e a provvedimenti di clemenza, vengono ulteriormente ridotti e la Saraceni esce dal carcere dopo 10 anni.”

Il caro amico e collaboratore del nostro sito Francesco Doni, ci ha riportato alcune notizie tratte dai racconti di sua nonna, Maria Guerneri nata nel 1871, che ricordava alcune vicende riguardanti il processo e le testimonianze rese da alcuni cassanesi che erano al servizio della Saraceni: 

Alcuni testimoni al processo celebrato a Roma e a porte chiuse per riferire particolari di natura sessuale si coprirono il volto con le mani per la vergogna.

Francesco Gallipoli e Francesco Cipriota cassanesi, nella qualità di stallieri di casa Saraceni furono esaurienti nei minimi particolari. 

Allorché il presidente del tribunale invitò le nobildonne ad uscire  dall’aula affinché non fossero costrette ad ascoltare i racconti più scabrosi della vicenda, tutte restarono ai propri posti.

Il presidente  allora,  con tono serio disse  <<ora che  in aula restano solo le prostitute e quelle di mal’affare>>  si può continuare. 

Francesco Cipriota narrò tutti gli incontri e le baldorie di donna Raffaella.

Il Gallipoli invece che non sapeva né leggere né scrivere portandosi la sua larga mano sulla fronte << esclamò >>  << come qui non c’è nero anche qui  non c’è nero >> indicando il cuore. E in dialetto raccontò dettagliatamente gli amplessi notturni di donna Raffaella assetata e mai sazia.

Si ringrazia l’amico Ciccio Doni per le notizie di “prima mano” da egli perfettamente ricordate, tramandategli dalla nonna, e per l’invito a ricordare un episodio che coinvolse Cassano e suscitò l’interesse, a tratti morboso, dell’intera nazione.

Antonio M.Cavallaro

 

Le informazioni per chi volesse acquistare il libro citato nel testo “A proposito del processo Fadda” le trova cliccando qui

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