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Sibari

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Siamo spiati e controllati dalla rete PDF Stampa E-mail
Scritto da T.Dalla Ragione,E.Pellizzari   
domenica, 02 agosto 2015 18:05
ImageNel frequentare quotidianamente la rete rilasciamo un'enorme quantità d'informazioni, spesso inavvertitamente, quando, per esempio, acquistiamo una banale applicazione sul tablet o sullo smartphone. Il popolo d'internet, in particolare le fasce più giovani e quindi meno protette, frequenta i social networks, dove si condividono chat, commenti, confidenze, fotografie, avvisi e preferenze. Abitudini, acquisti passati, amici in rete, siti più frequentati, posti visitati,la stragrande maggioranza delle azioni compiute in rete dal singolo individuo lasciano una "traccia" che ne consente la mappatura e con essa la ricostruzione dell’identikit della persona, contribuendo a dipingere il nostro fascicolo"virtuale". Oggi gli adolescenti sono abituati a mostrarsi in rete senza segreti e talvolta senza veli sulle pagine del loro profilo in rete. "Condividere" con conoscenti e sconosciuti, a prescindere dal contenuto, è diventato un valore in sé per molti utilizzatori della rete. Ma quali sono le conseguenze che ne scaturiscono?

E' purtroppo un dato di fatto che nella rete sia difficile proteggere i dati e le informazioni personali.

Oggi con il "data mining"(letteralmente: estrazione da una miniera di dati) è possibile estrarre una miriade d'informazioni su un singolo individuo. Sequenze di algoritmi setacciano basi di dati online alla ricerca di associazioni "nascoste" tra le informazioni e le rendono visibili. Così, nel marketing, il data mining è principalmente volto ad individuare gruppi di potenziali consumatori interessati ad un prodotto a rinnovare la fidelizzazione di clienti stanchi o distratti. L'accesso alle informazioni derivanti dall'analisi dei nostri dati personali può indurre, per esempio,i produttori di beni e di servizi a condizionare, attraverso inserti/pops pubblicitari, le nostre scelte commerciali e i nostri gusti.

E' questo un atto da intendersi come violazione della "privacy", alludendosi con tal espressione una sorta di diritto comprensivo che include, oltre ai tradizionali aspetti connessi alla "riservatezza", anche il "potere di controllo sulla circolazione delle proprie informazioni personali" e del complementare "diritto di essere lasciati in pace", inteso come esigenza di protezione del singolo dai tentativi di contatto realizzati da terzi.

ImageE' dunque fuori discussione che il mondo on-line ponga continue sfide alla protezione dei dati personali e alla regolamentazione del loro accesso ed uso, diritti fondamentali ed imprescindibili dell'individuo. Infatti, se l'aggregazione di dati "onesta" porta al buon progresso e alla crescita delle imprese [Il data mining, aiuta le aziende a prendere decisioni perché apporta nuove conoscenze e risponde a domande difficili, del tipo: "Perché le vendite non decollano?" oppure "Perché alcuni utenti scelgono la concorrenza?" oppure “Quale campagna marketing ha dato i migliori risultati”?], quella "maligna" colpisce ogni giorno milioni di utenti illusi da pubblicità di ogni genere, legate agli acquisti su web o solo a semplici consultazioni di siti. Nella peggiore delle ipotesi, i dati personali sensibili possono essere depredati - o peggio, venduti - ad aziende interessate, con il preciso intento di incrementare il fatturato. Mille sono gli scenari nei quali potremmo imbatterci: la nostra compagnia assicurativa potrebbe decidere di aumentarci il premio annuo sulla base delle nostre abitudini alimentari, delle ore di sport settimanali o del numero di sigarette che fumiamo; potremmo finire vedendoci rifiutare il mutuo per l'acquisto di una casa o altri beni e servizi perché informazioni delicate, come esami clinici con disfunzioni cardiache o profili genetici sub-ottimali, sconsigliano noi come potenziale cliente. I progressi nel campo della genetica condurranno ineluttabilmente all’aggiunta di dati medici ed epidemiologici che saranno raccolti su ognuno di noi con effetti che possiamo immaginare.

Oggi sono già disponibili diversi software capaci di identificare la psicologia di un individuo a partire del suo profilo Facebook. Uno tra questi, sviluppato da un gruppo di studenti dell’MIT (Instituto di tecnologia del Massachusetts),è perfino capace di valutare il comportamento sessuale e la probabilità che un membro della comunità sia omosessuale. L’accessibilità a questo tipo d'informazione potrebbe essere alquanto pericolosa, per esempio, in paesi lì dove l’omosessualità è fortemente osteggiata.

Lo sviluppo tecnologico sarà presto in grado di predire non soltanto la nostra predisposizione a questa o a quella malattia ma anche le nostre intenzioni in una determinata circostanza. Uno studio americano ha recentemente dimostrato che è possibile predire con un certo grado di affidabilità la violenza coniugale utilizzando il data mining effettuato su un dossier medico. L’accesso a questo tipo d'informazione potrebbe indurre “lo Stato” a limitare la nostra volontà, vincolando i nostri comportamenti in nome del supposto bene altrui (del coniuge o dei figli nello studio sopra citato)o,più in generale,  nell'interesse della collettività. Una delle ripercussioni dello sviluppo tecnologico sembrerebbe, quindi, la graduale perdita della libertà individuale, sacrificata in nome della sicurezza altrui. In quest'ultimo esempio è lecito chiedersi come si farebbe poi a stabilire un limite tra la “necessaria” protezione preventiva d'individui “minacciati” e la “repressione” di potenziali “criminali” che ancora non sanno di esserlo. Necessario sarà preservare l’accesso incontrollato al nostro DNA, alla nostra cartella clinica digitale o alla registrazione della nostra attività cerebrale.

Per scongiurare un così pericoloso rischio, è necessaria una nuova politica di sicurezza, atta a preservare la nostra privacy. Il problema principale resta quello della mancanza di regole internazionali riconosciute, valide per tutti gli operatori e per tutti quelli che progettano nuove possibili applicazioni. Un esempio eclatante è quello dell'esistenza di forti asimmetrie della regolamentazione della privacy e della gestione delle informazioni dei consumatori esistente tra legislazione americana ed europea che permettono, alle imprese d’oltreoceano, di analizzare e conoscere meglio i propri clienti, per poi poter offrire servizi più aderenti ai loro interessi o al business, convogliando in questo modo maggiori introiti pubblicitari. Infatti,mentre negli Stati Uniti i dati appartengono a chi ne entra in possesso, in Europa questi appartengono ai soggetti ai quali si riferiscono e, specialmente nei rapporti tra privati, possono essere usati solo col loro consenso, espresso sulla base di una puntuale informativa circa le finalità per le quali i dati sono raccolti e le modalità con le quali vengono utilizzati.

L'esistenza di forti differenze di regolazione (soprattutto tra Stati Uniti ed Europa), la mancanza di regole internazionali riconosciute e l'assenza di un'autorità sovranazionale in grado di far rispettare ovunque queste regole fa comprendere quanto siamo lontani dall'offrire una risposta adeguata, a livello globale, alla necessità di garantire un'idonea protezione dei dati personali e della riservatezza online.

Il confine tra le tecnologie, frutto dell'inarrestabile progresso scientifico, e i diritti inviolabili dell’uomo ci rimanda alle pagine conclusive dell’enciclica “Caritas in Veritate” di Papa Ratzinger: “La tecnica attrae fortemente l’uomo perché lo sottrae alle limitazioni fisiche e ne allarga l’orizzonte. Ma la libertà umana è propriamente se stessa, solo quando risponde al fascino della tecnica con decisioni che siano frutto di responsabilità morale".Avere una maggiore responsabilità morale nella moderna società dell’informazione significa impedire che la raccolta organizzata delle informazioni personali disseminate su internet avvenga all’insaputa dell’interessato, e che l'informazione derivante dall'analisi dei nostri dati non si presti ad utilizzi lesivi dei diritti e della dignità della persona.

Un'adeguata amministrazione d'internet è un concetto che si dibatte ormai da qualche tempo el'internet Governance Forum(IGF)rappresenta, oggi, il principale luogo d'incontro dove tutti i potenziali interessati possono discutere e approfondire sulle tematiche più salienti e critiche della rete. Ciò detto, l’IGF rimane un semplice forum e, come tale, non ha poteri decisionali.

Il mondo ormai globalizzato, proprio grazie alla rete, sconta ogni giorno di più la rinuncia a costruire un effettivo e concreto sistema di regole condivise dalle diverse parti. Resta quindi prioritario la creazione di un'autorità sovranazionale riconosciuta e dotata di poteri esecutivi adeguati che tuteli queste regole e ne garantisca l'osservanza a tutti i livelli.

Tiziana della Ragione

Enrico Pellizzari

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