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Lettera di un amico PDF Stampa E-mail
Scritto da administrator   
giovedì, 07 febbraio 2008 04:34
l'emigrante
l'emigrante
Cari visitatori, questa volta desidero parteciparvi una lettera di un amico costretto ad emigrare a cinquant'anni. Sposato, non riuscendo più. pur massacrandosi di lavoro, a sostenere i costi per gli studi dei suoi due figli ha preso la sofferta decisione di trasferirsi al Nord, dove ha potuto mettere bene a frutto le sue eccelse conoscenze dell'informatica. Forse qualcuno di voi si chiederà: "ma a noi cosa interessa?", ebbene, sono sicuro che dopo averla letta fino in fondo vi troverete molti spunti di riflessione sul significato dell'amicizia. in questi giorni di quaresima credo che parlare del valore di avere un amico, vero, fidato, discreto, sia particolarmente importante.  

 

Caro Tonino, un foglio bianco e una penna non mi hanno mai particolarmente impensierito, ho sempre trovato, bene o male, qualche idea che mi ha permesso in maniera, più o meno, dignitosa di riempirlo.Tuttavia, in questo frangente non posso non riconoscermi un certo imbarazzo!

Scrivere ad un amico non è cosa facile, tant’è che i più trascorrono l’intera loro esistenza senza averlo mai fatto. In effetti, fino a quando non ti cimenti a farlo non ti rendi conto di quanto possa essere arduo rivolgersi per iscritto ad un amico. Già! “Scrivere” è ben altro che parlare! Il linguaggio parlato, mediato com’è da tutta una serie di linguaggi “non verbali”, tutto sommato, si avvale di  pochi presupposti, non richiede sforzi particolari: qualche reminiscenza sintattica, qualche aggettivo lasciato cadere qua  e là,  l’azzardo di qualche regoletta grammaticale e il gioco è fatto; il discorso, anche se malfermo sulle gambe, può muovere i suoi primi passi verso l’interlocutore. Nel linguaggio scritto, per contro, affidi tutto alle parole. La corretta comunicazione dei tuoi sentimenti, delle tue emozioni, dei tuoi stati d’animo dipende unicamente dall’accuratezza con cui le scegli, dalla precisione con cui le analizzi, dalla capacità che hai di penetrarle nel loro significato più recondito, con la consapevolezza che l’intensità di trasmissione del tuo pensiero dipende unicamente dalla forza che riesci ad imprimere loro. Tutto ciò, ovviamente, comporta un dispendio psicologico che ha, come conseguenza naturale  una fisiologica  avversità alla scrittura, una renitenza che spinge sempre più verso forme, ormai standardizzate e omologate, di comunicazioni alternative che hanno decretato la fine, prematura, a mio avviso, della vecchia cara lettera, complice, a volte inconsapevole, di tante intelligenze che si sono incontrate, scontrate, sfiorate, assaporate. Penso che, nel variegato e complesso panorama dei rapporti umani, l’amicizia sia l’unico rapporto “simmetrico” autentico. Tutte le relazioni umane sono “a-simmetriche” : padre-figlio, marito-moglie, fratello maggiore-fratello minore, preside-docente, capo ufficio-subordinato ecc. Solo l’amicizia è una “relazione simmetrica”, non c’è chi sta in alto e chi in basso, è un rapporto alla pari. E’ l’unica relazione che si può vivere a distanza, prova n’è che si può stare trent’anni a contatto di gomito con un collega di lavoro senza diventarne amico e, si può provare e coltivare un profondo sentimento d’amicizia, con una persona che vive in Autralia, senza che il rapporto amicale risenta della distanza spaziale. L’amicizia, sempre secondo tale mia teoria, che  mi pregio immodestamente di parteciparti, è come una pianta grassa, non ha bisogno di essere continuamente “annacquata” da gesti, apologie, manifestazioni, o attestazioni continue, costanti, che finiscono per scadere nella ritualità, nella ripetitività e svuotati d’ogni senso. L’amico, piuttosto, è come una carta di credito, la tieni per mesi nel portafogli senza mai usarla, qualche volta la trascuri o, peggio ancora, non sai nemmeno d’averla, ma quando ne hai bisogno all’una di notte, alle cinque del mattino, di sabato, di domenica, quando tutti dormono, indifferenti inconsapevoli, ignari, lei è lì, docile, pronta, remissiva, disponibile, dimentica del fatto che tu l’abbia trascurata o ignorata.  Paradossalmente, l’amico, spesso, non è colui che ti è più simile, colui che pensa come te, colui che sente e vede come te. Avresti ben poco da apprendere da un tale rapporto. La coincidenza di vedute, la sovrapposizione di punti di vista, di approccio alla realtà, conterrebbe in nuce il pericolo di rendere poco attraente e interessante il rapporto. L’amico, il più delle volte, è colui che t’insegna a guardare dove non avresti mai guardato, che t’insegna a sentire cose che altrimenti non avresti mai sentito, che ti porta a considerare cose che non avresti mai considerato.

Parlarti di me? Cosa potrei dirti che  non conosci già? Cosa potrei dire di nuovo a un amico che mi conosce da tanto? Quali aspetti della mia personalità potrei discernerti che  già non conosci? Quali sentimenti, emozioni, stati d’animo potrei comunicarti che tu non abbia già avuto modo di sperimentare nelle nostre frequentazioni?   ………….In fondo nella conoscenza di “Sé” siamo più debitori verso gli altri che non verso noi stessi! Ognuno di noi, infatti , sperimenta la sua capacità di essere “più o meno” un buon amico solo nella misura in cui risponde “più o meno” alle aspettative che gli altri hanno su di lui. Come potrebbe sviluppare la consapevolezza di essere un buono o cattivo amico colui che vive su un isola deserta? È il feed-back, la reazione di “ritorno” degli altri, che ti dà la percezione  della stima e dell’affetto che gli altri hanno di te. Se lanci una palla contro un muro, puoi conoscere la bontà del tuo lancio dalla reazione di “ritorno” della palla: se la palla, colpito il muro, vi si affloscia ai piedi, il lancio è scadente ma, se colpito il muro, la palla, conserva ancora l’energia per tornare nella tua mano è segno che hai fatto un buon lancio.  Le tue telefonate costanti, il tuo affetto che, con estrema generosità, non mi hai fatto mai mancare  sono un esempio di feed-back, di reazione di “ritorno” che mi ha permesso, magari anche per un solo attimo, di pensare: “Forse non sono stato un cattivo amico.”Se non mi faccio sentire spesso non è perché mi sia dimenticato! Del resto, come potrei!!!Sto solo proteggendomi da eventuali “rigurgiti” di nostalgia che in questo momento non posso permettermi. Una delle prime cose che ho messo in valigia prima di partire è stato il tuo cd, compagno ormai inseparabile dei miei viaggi. Ascoltarti mi fa bene, la tua voce ferma, possente m’infonde sicurezza, mi rinfranca, mi ristora. Attraverso un esercizio psicologico ne ho fatto un surrogato virtuale della tua presenza, perciò, sentirti è un po' come averti, è come se la tua amicizia non potesse più sfuggirmi di mano nemmeno se fossi tu stesso a volerlo! Ora ti lascio! La mia “incontinenza” verbale potrebbe portarmi chissà dove e non intendo tediarti oltre.Ti lascio, ma non senza  prima rinnovarti, ove mai ce ne fosse bisogno, la mia stima e il mio affetto e non senza averti detto: “Sono onorato di essere annoverato fra i tuoi amici!”

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