Pasqua di Resurrezione |
Scritto da don M.Munno | |||||||||||||||||
sabato, 04 aprile 2015 23:46 | |||||||||||||||||
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 20,1-9. - Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.
“in-formati” Foglio settimanale parrocchiale di formazione e informazione
5 – 12 APRILE 2015 ________________________________________________________________________________________________________________________ camminando insieme
“Cari amici, come vorrei che il mio augurio, invece che giungervi con le formule consumate del vocabolario di circostanza, vi arrivasse con una stretta di mano, con uno sguardo profondo, con un sorriso senza parole! Come vorrei togliervi dall’anima, quasi dall’imboccatura di un sepolcro, il macigno che ostruisce la vostra libertà, che non dà spiragli alla vostra letizia, che blocca la vostra pace! Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme, messa all’imboccatura dell’anima, che non lascia filtrare l’ossigeno, che opprime in una morsa di gelo, che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro. È il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio, della disperazione, del peccato. Siamo tombe allineate. Ognuna col suo sigillo di morte. Pasqua, allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l’inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi. E se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo del terremoto che contrassegnò la prima Pasqua di Cristo. Pasqua è la festa dei macigni rotolati. È la festa del terremoto. Pasqua, dunque, non è la festa del ristagno. Posso dirvi perciò una parola. Sillabandola con lentezza per farvi capire di quanto amore intendo caricarla: “coraggio”! La Risurrezione di Gesù Cristo, nostro indistruttibile amore, è il paradigma dei nostri destini. La Risurrezione. Non la distruzione. Non la catastrofe. Non l’olocausto planetario. Non la fine. Non il precipitare nel nulla. Coraggio, fratelli che siete avviliti, stanchi, sottomessi ai potenti che abusano di voi. Coraggio, disoccupati. Coraggio, giovani senza prospettive, amici che la vita ha costretto ad accorciare sogni a lungo cullati. Coraggio, gente solitaria, turba dolente e senza volto. Coraggio, fratelli che il peccato ha intristito, che la debolezza ha infangato, che la povertà morale ha avvilito. Il Signore è Risorto proprio per dirvi che, di fronte a chi decide di “amare”, non c’è morte che tenga, non c’è tomba che chiuda, non c’è macigno sepolcrale che non rotoli via”.
Mi permetto di fare mie – perché le sento profondamente e radicalmente mie, impregnate come sono di spirito evangelico – queste parole di don Tonino Bello, per augurare a ciascuno di voi una Santa Pasqua … festa dei macigni rotolati e del coraggio! Auguri di cuore! Il Signore vi benedica e la Vergine Maria vi accompagni sempre! don Michele
Riflettiamo “insieme” sulla Parola di Dio della Domenica 5 Aprile 2015 Domenica di Pasqua (At 10,34a.37-43; Sal 117; Col 3,1-4 opp. 1Cor 5,6-8; Gv 20,1-9)
Cristòs anèsti! Alithòs anèsti! Cristo è Risorto! È veramente Risorto! Queste parole, che prendiamo in prestito dai fratelli orientali, sono molto più che il nostro semplice “auguri”: esprimono, infatti, il motivo profondo della festa di questa festa: il Signore è veramente risorto! Oggi non ci scambiamo solo convenevoli felicitazioni, non ci auguriamo semplicemente un certo benessere! Oggi auguriamo l’uno all’altro di lasciarsi afferrare, di lasciarsi inondare dalla gioia straripante della Risurrezione! Dio, il Padre, ha risuscitato Gesù al terzo giorno. L’amore spinto fino alla morte, per amore, ha sconfitto la morte! Questo è il fondamento della nostra fede! Se togliessimo questo fondamento non avrebbe alcun senso il nostro radunarci insieme oggi, non avrebbe senso la predicazione, non avrebbe senso la Chiesa, non avrebbe senso la vita morale cristiana! È chiaro che credere non è semplice! La fede è un dono che riceviamo e che dobbiamo alimentare. La fede è un cammino che dobbiamo percorrere, così come lo hanno percorso i cristiani di tutti i tempi. Così come hanno fatto gli stessi discepoli di Gesù. Il Vangelo che ascoltiamo ci aiuta a comprendere che la nostra fatica nel cammino della fede è simile alla fatica degli stessi discepoli. Un cammino che comporta le prove, la notte del dubbio, la pietra rotolata, che fa cadere nella desolazione. Proviamo al cammino percorso dai discepoli. Oggi siamo invitati a compiere lo stesso itinerario di fede compiuto da Maria di Magdala, da Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava. Maria, pur provando affetto per Gesù, rimane “nella notte”: la morte resta per lei qualcosa di insuperabile, di invalicabile. Va alla tomba e trovandola inspiegabilmente vuota pensa subito che il corpo di Gesù sia stato trafugato: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto”. Maria di Magdala rappresenta tutti noi quando ci arrendiamo facilmente e diamo soluzioni affrettate, quando ci lasciamo afferrare dalla disillusione e pensiamo di non poter andare oltre l’apparente sconfitta: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto”! C’è poi Pietro. Egli corre, vede il sepolcro vuoto e le bende a terra, ma non riesce ad andare oltre. Egli è paralizzato dal suo peccato, dalla coscienza della sua infedeltà, dal suo tradimento. Anche noi come lui corriamo il rischio di rimanere prigionieri della nostra fragilità e riteniamo che sia impossibile un superamento! Egli “entrò nel sepolcro e vide le bende per terra e il sudario che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende ma piegato in un luogo a parte” e si fermò lì. C’è infine l’altro discepolo, quello che Gesù amava. Egli giunse per primo, entra per ultimo “e vide e credette”. In questo discepolo c’è un inizio di fede che manca in Maria e in Pietro! Perché per giungere ad un inizio di fede è decisivo il sentirsi raggiunti dall’amore di Gesù e abbandonarsi a questo amore teneramente sconfinato e misericordioso. Anche questo discepolo, come Pietro, “vede” i segni che sono collegati alla morte di Gesù ma, a differenza di lui, spinto dall’amore che porta nel cuore, intuisce la “novità di Dio”: se l’Amore può giungere a morire per amore, allora è possibile che questo amore stesso superi ogni attesa e ogni possibilità umana! Credere significa lasciarsi raggiungere dall’Amore di Dio che ci è stato rivelato nel mistero della Pasqua di Gesù. E in questo amore sconfinato noi siamo stati immersi nel giorno del nostro battesimo: sacramentalmente noi siamo già morti e risorti in Cristo! Perciò dobbiamo “cercare le cose di lassù” ed essere “pasta nuova”, “lievito” in un mondo che attende da noi cristiani un annuncio credibile della risurrezione. Se crediamo che Cristo è risorto, se con lui nel battesimo siamo risorti, la nostra vita non può essere mondana! Non possiamo più pensare secondo le logiche che portano alla morte! Oggi siamo stati riportarti in quel giardino – che richiama quello dell’Eden – dove Gesù, il nuovo Adamo, ha vinto con la sua obbedienza, spinta fino all’estremo, il peccato, causato dalla disobbedienza dell’uomo, perché vogliamo fare nostro il sogno di Dio! Dobbiamo cercare le cose di lassù! E cercare le cose di lassù non significa disinteressarsi delle cose di questo mondo! Tutt’altro! Cercare le cose di lassù, vivere cioè da risorti, significa impegnarsi per rendere questo nostro mondo sempre più simile a “quello di lassù”, impegnarsi perché “venga il Regno” di Dio! Impegnarsi, cioè, per vincere con la fraternità e con la disponibilità l’egoismo, per vincere con la gratuità l’interesse e il tornaconto personale, per vincere con la pace le contese, per vincere con l’amore l’odio, per vincere con il perdono la vendetta! Lasciamo che l’Amore di Cristo ci renda poveri in spirito, miti, affamati e assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace.... questa è la Pasqua! Senza mai dire “basta”! Ma impegnandosi e lottando contro il nostro egoismo “fino all’estremo”, “fino alla fine” ... perché Gesù ci ha amati e ci ama “senza misura”, “fino a consumare se stesso”! Ed è proprio questo Amore che vince il peccato e la morte! Chi ama non muore! Questa è la nostra Pasqua! Amen! Alleluia!
AVVISI
- Lunedì 6 APRILE la S. Messa sarà al mattino (8,30) nella chiesa “San Giuseppe”. - MERCOLEDÌ 8 APRILE riprendono gli incontri di catechismo. - venerdì 10 APRILE la S. Messa sarà al mattino (8,30) nella chiesa “San Giuseppe”. - SABATO 11 E DOMENICA 12 don Michele sarà assente.
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