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Le donne nella storia: Agrippina PDF Stampa E-mail
Scritto da M.Vaglio   
domenica, 19 ottobre 2014 07:52

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Agrippina
Agrippina Maggiore, la vedova che fece tremare Roma - Che si dica qualcosa su lei se lo merita. Agrippina Maggiore, figlia di Marco Vispanio Agrippa, morì il 18 ottobre del 33 a.C, esiliata su quello scoglio brullo e senza vita che doveva essere all’epoca l’isola di Ventotene.

La costante dell’esistenza di questa sfortunata principessa fu quella di sfiorare sempre la fortuna, senza riuscire alla fine a possederla mai. Era figlia di un generale, Agrippa, che era il migliore amico di Augusto, ed anche quello che, in pratica, gli costruì l’impero. Ottaviano aveva questo di buono, che sapeva scegliere con infallibile abilità amici e collaboratori: prendeva il meglio sulla piazza, e sapeva tenerseli poi vicini.

Agrippa gli restò vicino per anni, comandando le truppe, vincendo battaglie. Era un uomo schivo e concreto. Di lui ci si poteva fidare ad occhi chiusi. Augusto lo sapeva, e glielo riconobbe sempre. Tanto è vero che quando gli morì il nipote Marcello, che sperava di avere come erede, scelse di affidare la successione ad Agrippa. Per suggellare il patto, gli diede in moglie Giulia, fresca vedova di Marcello.

Giulia aveva neanche diciott’anni, un carattere vulcanico ed una bellezza prorompente: dall’avo Giulio Cesare aveva ereditato il fascino ed gusto per la trasgressione. Non poteva certo innamorarsi del vecchio Agrippa, che aveva l’età di suo padre e forse addirittura qualche anno di più. Ma lo amò come si amano gli uomini posati che sono in grado di proteggerti. Forse non gli fu sempre fedele, ma non lo offese mai: gli restò rispettosamente al fianco dandogli dei figli, fra cui Agrippina Maggiore.

Poi Agrippa morì, per una malattia banale: Agrippina Maggiore sfiorò per un attimo il ruolo di figlia dell’imperatore, e invece dovette contentarsi di restarne la nipote. Giulia invece, la bella Giulia, affascinante, testarda e un po’ sventata, si perse in un turbinio di mondanità mischiata alla politica, seguì le scalmane di qualche amante troppo ambizioso, entrò in conflitto con il padre e soprattutto con la matrigna Livia. Le avevano fatto sposare il figlio di Livia, Tiberio, che odiava. Al contrario di Agrippa non lo rispettò mai, anzi fece di tutto per esasperarlo, umiliarlo, tradirlo in pubblico oltre che in privato. Il padre Augusto non poté accettare questa  ribellione palese, non tanto al marito, ma a quel clima perbenista che si voleva fosse la bandiera della corte. E Giulia, la bella Giulia, ironica, sventata, affascinante e bellissima, finì esiliata a Ventotene prima, rinchiusa dal marito Tiberio in una torre poi, e morì sola e disperata, forse suicida, forse fatta lentamente perire di fame.

Agrippina Maggiore si ritrovò così ad essere la figlia di una principessa scomoda e di un erede al trono imperiale morto troppo presto.

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Germanico
Per fortuna aveva un punto d’appoggio certo e sicuro in tanta tempesta: il marito Germanico. Germanico era nipote di Tiberio, ma allo zio non assomigliava: era un uomo bello e solare, generale fortunatissimo e uomo affascinante. Augusto lo adorava, e pensava di nominarlo suo erede. Agrippina e Germanico erano una coppia di successo, non solo per la propaganda di regime, ma anche nella vita vera. Innamorati e giovani, erano genitori felici di alcuni deliziosi pargoletti, fra cui il piccolo Caligola, così soprannominato perché i militari agli ordini del padre erano abituati a vedere il frugoletto girare per gli accampamenti con addosso le calzature dei legionari ed un piccolo spadino.

Chi più fortunato di questi due giovani? Nessuno. L’impero li guardava felice ed ammirato: parevano la prova dell’esistenza degli dei. Ma da qualche parte ed in qualche recesso l’invidia covava segreta. Germanico viene inviato in missione in Asia. Al suo seguito ci sono due personaggi ambigui e strani: Gneo Calpurnio Pisone e la moglie Placinia, di cui due cose si sanno: che è una delle più care amiche dell’imperatrice Livia e che ha fama di essere una strega. Il malocchio pare infatti colpire la casa di Germanico: scritte di sangue sui muri, strani accadimenti. E poi, improvvisa, una febbre maligna, che colpisce il giovane generale, ma più che un morbo pare un avvelenamento. Germanico muore in pochi giorni, ma fa prima giurare alla moglie che lo vendicherà, portando a processo Placinia ed il marito.

Agrippina è figlia di militare, moglie di militare, e nipote di un imperatore. Torna a Roma determinata ad ottenere giustizia. Ma si accorge che non è così facile. Forze oscure remano contro e tentano di insabbiare lo scandalo. Difficile capire chi ci sia dietro, ma il sospetto è che Placinia non abbia agito da sola, abbia protezioni che arrivano fino alla reggia, e che addirittura l’avvelenamento non sia frutto di una sua antipatia personale, ma di un ordine preciso, dato molto in alto. Forse dagli stessi Livia e Tiberio, chissà.

Agrippina si ritrova sola. La sua lotta contro Placinia si protrae, pare anche avere successo, ma oramai si è trasformata in qualcosa di diverso: non è più questione di un processo, è questione di politica. Tiberio, novello imperatore, teme Agrippina, teme i suoi figli che sono simpatici al popolo, teme la sua fama di vedova sventurata e fedele alla memoria del marito. Teme, in una parola, che lei possa togliergli il potere. E’ uno scontro aperto, di quelli che non concedono l’onore delle armi e non prevedono prigionieri. Agrippina perde, e viene esiliata, sullo scoglio brullo di Ventotene, dove si lascerà morire di inedia, o forse di disperazione. E i suoi lamenti, come quelli di Giulia, si perderanno in quello del vento, che batte le coste di quell’isola sperduta, dove Roma ha spesso rinchiuso le donne che considerava pericolose, o anche solo troppo autonome.

 

Mariangela Vaglio

Dal blog di Galatea

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