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Sibari

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Trivellazioni nella Sibaritide PDF Stampa E-mail
Scritto da B.Frasca   
lunedì, 22 settembre 2014 20:27
ImageA CHE GIOCO STANNO GIOCANDO? L’etimologia della parola “SVILUPPO” rimanda al concetto di superamento di quei vincoli ed ostacoli che bloccano la naturale e sana crescita di un organismo, di una azienda o di un territorio. Un processo vitale e lungimirante , dunque. La parola “SFRUTTAMENTO” invece, affonda le sue origini etimologiche in un processo di deprivazione che non guarda al futuro, ma che mira a dissipare i frutti, succosa urna di semi a cui è affidato il futuro, senza la lungimiranza del coltivatore che in parte li usa per il proprio sostentamento e in parte li ripianta. A differenza di un processo di sviluppo quindi, il processo di sfruttamento toglie e impoverisce, rende sterile, spezza la continuazione naturale della vita. A quale dei due processi è possibile ascrivere il progetto di trivellazioni nella sibaritide?  Verrebbe naturale pensare al primo, visto che l’autorizzazione alle ricerche parte proprio dal Ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, la quale con recente Decreto Ministeriale del 9 Giugno scorso ha rilasciato il “permesso di ricerca” facendo ripiombare questo territorio nuovamente nell’angoscia. In realtà siamo di fronte all’ennesimo processo di sfruttamento e mortificazione del territorio.

In sintesi è possibile riassumere tutte le perplessità per tale progetto sciagurato, in cinque motivazioni sostanziali:

1) La ricerca di petrolio in mare altera in maniera considerevole l’equilibrio marino già a partire dai primi studi di ricerca: l’ "Air gun" utilizzato nella fase di ricerca, spara aria compressa che sprigiona sui fondali marini onde sonore con una potenza pari a 200, 250 decibel di rumore. Tale frastuono è responsabile dello spiaggiamento di centinaia di balene e delfini, nonché di danni ingenti al settore pesca (su tutto val bene ricordare l’alterazione del processo migratorio delle acciughe, fondamentale per la nostra pesca).

2) Circa 500 diverse tipologie di sostanze chimiche altamente tossiche, usate per facilitare le perforazioni in mare, insieme a grosse percentuali di perdite di petrolio nelle piattaforme, spesso finiscono in mare aperto con tutto ciò che ne consegue in termini di inquinamento e salute.
Se a tutto ciò si aggiunge il fatto che tale progetto sibarita non vede le trivelle distanti centinaia di chilometri dalla costa, ma solo qualche decina di chilometri, il quadro è alquanto agghiacciante.

3) Ogni piattaforma petrolifera in mare produce “fanghi” e “acqua di scarto di produzione” (un misto di acqua, petrolio e fanghi) nel rapporto di 10 barili di rifiuti prodotti per ogni barile di petrolio estratto: molto spesso tali prodotti di scarto vengono sversati in mare e lasciati in balia delle correnti marine.

4) Il progetto di trivellazioni in mare, che nello specifico del programma sibarita sembra coinvolgere anche le “bocche di pozzo” sulla terraferma, rappresenta un vulnus per gli interessi del sistema economico territoriale, vocato alla pesca, al turismo, all’agricoltura di qualità, settori fondamentali per i quali potrebbero profilarsi conseguenze gravi e irreversibili, con contrazioni degli investimenti e dei livelli occupazionali.

5) Oltre il danno la beffa: infatti nessun beneficio in termini di royalty e di incremento del livello occupazionale locale, ricadrà sui territori interessati.

Ma ciò che veramente lascia interdetti non è solo il progetto in sé, ma la sfacciataggine con cui si calpestano volontà territoriali e ambiente, possibilità di sviluppo e salute pubblica, qualità della vita e coesione sociale.
Nel mese di gennaio 2013 infatti, il Movimento “Mediterraneo NO TRIV” muove una osservazione contro il permesso di ricerca di idrocarburi nel Mar Ionio concesso all’azienda “Apennine Energy”, sollevando numerose eccezioni e rilevando altrettante irregolarità nell’intero iter burocratico tali da viziare il procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Tale azione di contrasto porta nel 2014 alla rinuncia del progetto da parte della “Apennine Energy”.
Solo apparentemente però: infatti con la classica sfacciataggine che caratterizza certe lobby di potere, quelli della “Apennine Energy” cambiano di qualche km la zona di interesse e richiedono una nuova autorizzazione.
A tal proposito il Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente, Dott. Grillo, precisa che l’attività di ricerca sarà possibile solo con nuova VIA ma, nello stesso tempo, rimanda al Ministero dello Sviluppo Economico la decisione di autorizzare eventuali elaborazioni a tavolino dei dati sismici già acquisiti dalla società… per la serie: dalla finanza creativa all’ingegneria creativa!
Sarà proprio quest’ultima, come noto, a riaprire la partita delle trivellazioni nella sibaritide ribadendo con queste esatte parole che vi è una “prevalenza delle attività petrolifere su tutte le altre attività preesistenti, quali turismo, l’agricoltura, la pesca, etc.”.

Sempre secondo il Ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, non sarebbe ambiguo il comportamento della “Apennine Energy” che senza alcuna Valutazione di Impatto Ambientale chiede la validazione di un nuovo progetto perfettamente identico a quello già bocciato. Sarebbe ambiguo invece il comportamento del movimento “Mediterraneo NO TRIV”, accusato di aver ripresentato le stesse identiche obbiezioni presentate nel progetto precedente.

Troppo difficile considerare coerente chi segnala le stesse perplessità visto che i due progetti non differenziano in sostanza di nulla? Troppo difficile vedere con sospetto chi cambiando una sigla e spostando di qualche km lo spazio di ricerca, pretende che tale progetto non si consideri più irricevibile dai territori?

Perché l’ “Apennine Energy” non vuole prendere atto che il progetto di trivellazione nella sibaritide è esplicitamente rifiutato dalle Istituzioni territoriali (comunali, provinciali e regionali), dalle associazioni imprenditoriali, dai Sindacati, dai Comitati dei Cittadini e dalla società civile?
A proposito di un altro progetto sciagurato, quello di riconversione a carbone della Centrale Enel di Rossano, scriveva l’ex – sindaco Francesco Filareto: “… e se L’ENEL insiste è perché ha dei referenti, alleati forti o semplici apologeti interessati che ne sostengono il progetto? E chi sono coloro che, nell’ ombra nera del carbone, lavorano per gli interessi dell’Enel SpA e propri, e, viceversa, contro gli interessi generali e il bene comune dei Cittadini e dei territori ?”
Parole completamente trasferibili in questo contesto: chi sono coloro che nell’ombra nera del petrolio lavorano per interessi personali e contro il bene comune?

Sviluppo o Sfruttamento? A che gioco stanno giocando?

Biagio Frasca da Mondiversi

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