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Vangelo di Domenica 5 Gennaio PDF Stampa E-mail
Scritto da administrator   
domenica, 05 gennaio 2014 07:51
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 1,1-18. - In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato 5 gennaio 2014

II Domenica dopo Natale

Anno A
Giovanni 1,1-18

In questo tempo di Natale la chiesa medita e contempla in modi diversi il mistero dell’incarnazione di Dio nell’uomo Gesù, figlio di Maria. A Natale guardando alla sua nascita a Betlemme; nell’Ottava ricordando la circoncisione di Gesù e l’imposizione del Nome dato dall’angelo al figlio che Maria ha concepito grazie alla potenza dello Spirito santo; nella prima domenica dopo Natale celebrando la famiglia che ha accolto Gesù. Oggi, seconda domenica dopo Natale, la chiesa ci fa ascoltare una lettura altra dell’incarnazione nel vangelo “altro”, quello secondo Giovanni.

Nella fede della chiesa espressa dal quarto evangelista l’affermazione centrale è la seguente: “La Parola di Dio si è fatta carne e ha posto la sua tenda tra di noi”. Ma quando si contempla la Parola diventata uomo, diventata Gesù, si risale all’in-principio, a prima della creazione del mondo, alla vita di Dio stesso. Ecco allora un vero inizio, quell’in-principio con il quale si apre il primo libro della Bibbia, la Genesi: “In-principio Dio creò…” (Gen 1,1). L’in-principio di Giovanni va ancora più in profondità, non certo una profondità cronologica: “In-principio era la Parola, e la Parola era rivolta verso Dio e la Parola era Dio”.

È una visione che dà le vertigini, in cui comprendiamo per allusioni e solo grazie alla rivelazione, all’alzare il velo sul mistero da parte di Dio. La Parola di Dio era già nell’in-principio, era orientata, rivolta a Dio nella sua intimità ed era Dio: è la vita divina in Dio stesso, uno slancio di vita e di amore, una dinamica di vita e di amore che ha sentito il bisogno di un’uscita da se stessa, sicché tutta la creazione è stata fatta per mezzo della Parola creatrice.

Potremmo dire, con le nostre povere parole (segno della nostra incapacità di sostenere questa contemplazione!), che la Parola ha una nascita eterna da Dio e in Dio stesso, e che quando Dio in un’estasi di vita e di amore vuole creare il cosmo, lo crea attraverso la sua Parola, per esprimersi, per comunicare se stesso in ciò che egli crea.

Potremmo dire, al di là dello sta scritto di Giovanni, che Dio crea il cosmo con le sue mani sante, con la Parola e lo Spirito, secondo la bella intuizione di Ireneo di Lione. Così infatti dice il libro della Genesi: Dio crea parlando (cf. Gen 1,3.6, ecc.), mediante il suo respiro, il suo alito, lo Spirito santo, lo stesso Spirito che cova “la terra informe e deserta” (Gen 1,2). Questa Parola, sempre generata da Dio, in termini umani potrebbe essere definita il suo Figlio, il Figlio amato del Padre (cf. Mc 1,11 e par.; 9,7 e par.), nel quale c’è la vita e la luce per tutte le realtà create, in primo luogo per l’umanità.

Ma questa luce ha incontrato le tenebre, che l’hanno combattuta, senza però poter prevalere. Una luce vittoriosa ha continuato ad accompagnare l’uomo in tutta la storia, una luce che era la Parola di Dio rivolta ad Abramo, a Mosè, a Israele, ai profeti…, fino a Giovanni il Battista, “il testimone” della venuta della Parola nel mondo. Giunta la pienezza dei tempi, la Parola di Dio, sempre accompagnata dalla potenza dello Spirito santo, si fa embrione, carne, nasce come bambino da Maria, facendosi uomo come noi, in mezzo a noi.

Il Dio trascendente, tre volte santo, cioè tre volte “altro”, è venuto in mezzo a noi fino a essere uno di noi: Dio – dice Giovanni – si è fatto sárx, carne fragile, nata per la morte, carne in un’unica vita, carne che ha conosciuto la seduzione del male e la debolezza della natura, fino alla tentazione e alla morte ignominiosa della croce.

Non dimentichiamo, infine, che Dio ha attuato questo svuotamento delle sue prerogative divine (cf. Fil 2,6-8) per essere, in Gesù, quell’Adam che per amore aveva creato e posto al vertice di tutta la sua opera (cf. Col 1,15-17). Quando Dio creava l’uomo, Adam, lo modellava secondo l’immagine del suo Figlio, della sua Parola, e nella pienezza dei tempi vede il Figlio nel mondo, vero Adam, vero uomo e nello stesso tempo sua Parola, suo Figlio, spogliato di tutta la sua potenza divina per essere il vero Adam che tanto aveva atteso.

Sì, noi oggi con Giovanni confessiamo che Dio nessun uomo l’ha mai visto e mai sulla terra lo vedrà, ma suo Figlio, la sua Parola fatta uomo, ce lo ha raccontato (exeghésato). Ormai tutto ciò che possiamo sapere di Dio dobbiamo impararlo dall’umanità di Gesù, da come egli è nato, è vissuto ed è morto.

Fr. Enzo Bianchi, Priore di Bose
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