I Massacri del Colonialismo (3) |
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Scritto da E.Spagnuolo | |
venerdì, 27 dicembre 2013 08:32 | |
![]() L'esercito piemontese doveva contribuire ad eliminare la popolazione indiana degli irochesi, coinvolta dagli Inglesi nel loro conflitto contro i francesi, impresa che venne compiuta con zelo. Per il giornalista, autore del passo citato, l'eccidio dei rivoltosi di Montefalcione fu cosa ben fatta, così come ben fatto era stato il massacro degli irochesi, donne, vecchi e bambini compresi, ad opera dei militari piemontesi. Se si può comprendere il compiacimento per l'eliminazione dei rivoltosi di Montefalcione, non si comprende l'uguale compiacimento per l'eliminazione degli irochesi, che col risorgimento non c'entrano nulla. Per spiegare questa avversione non basta rifarsi allo spirito di fanatica adulazione di cui erano animati i "patrioti" meridionali nei riguardi delle "imprese eroiche" della storia piemontese. La risposta vera è inscritta nella mentalità del tempo, secondo cui il partito liberale era investito dalla missione storica di fondare una nuova era di progresso per l'umanità, attraverso l'espansione planetaria del modello liberal capitalista. I rivoltosi di Montefalcione e gli irochesi meritavano una sorte simile ed un uguale disprezzo perché costituivano un ostacolo lungo la via della "modernizzazione" in senso liberale. Il risorgimento italiano, in effetti, fu solo uno dei tanti episodi di questo processo planetario, che condusse negli stessi anni in cui si realizzava l'espansione coloniale dello stato sabaudo, attraverso la conquista del Sud d'Italia, alla fondazione dell'attuale Stato Argentino, mediante lo sterminio degli indigeni della Patagonia e della grande nazione degli Stati Uniti, attraverso il contemporaneo sterminio degli indiani del Nord America. Un processo analogo, del resto, avvenne un pò' ovunque, grazie al fatto che in quel tempo le potenze coloniali europee, in particolare l'Inghilterra, dominavano gran parte del mondo. Non a caso in quegli anni il governo inglese aveva assicurato tutto il suo appoggio al risorgimento nostrano e alla guerra dei bianchi di Argentina contro i legittimi abitanti della Patagonia. L'imperialismo inglese La mentalità del conte di Cavour, vero, grande artefice del risorgimento italiano, fu assolutamente identica alla mentalità dei contemporanei governanti inglesi, statunitensi, argentini, ecc. Gli uni e gli altri scrissero esattamente le stesse cose. Gli uni e gli altri perseguivano l'obiettivo di costituire uno stato forte e di grandi dimensioni, condizione necessaria in quel tempo per rendere possibile, do sviluppo dell'economia capitalista, operazione da realizzare senza tenere in alcun conto i diritti delle popolazioni aggredite. Per perseguire questo obiettivo vennero commessi in quel secolo crimini, genocidi efferati, ovunque, nel Sud d'Italia, in Canada, in Argentina, in India, in America del Nord, in Australia. L'ideologia, che dava una parvenza di giustificazione all'espansione coloniale bianca del diciottesimo secolo, era identica in ogni luogo, così come identica era l'assimilazione degli indigeni di ogni latitudine, dei nostri "briganti", e persino delle nostre stesse popolazioni ai selvaggi e agli antropofagi.
Anomalia delle guerra coloniale italiana La guerra coloniale dello Stato sabaudo, presenta però un'anomalia rispetto alle guerre coloniali del tempo. Mentre le guerre coloniali del tempo venivano condotte ai danni di altri popoli, considerati inferiori, l'espansione coloniale dello Stato sabaudo fu realizzata all'interno di un popolo, che si voleva uno, fu realizzato da italiani ai danni di altri italiani, considerati inferiori. La seconda anomalia, logica conseguenza della prima, è che diversamente da tutti gli altri paesi lo sviluppo produttivo non fu promosso in maniera omogeneo in tutta la penisola, ma venne concentrato solo in una parte del paese, solo nella pianura padana. Fin dall'inizio risultò chiaro che nelle intenzioni del governo sabaudo il Sud doveva rinunciare ad avere un suo apparato economico. Negli anni successivi c. al 1860 molte industrie meridionali vennero letteralmente smantellate e i macchinari vennero trasferiti nel nord d'Italia, il polo siderurgico calabrese, che nel 1860 si avviava a divenire uno dei più importanti d'Europa, venne ben presto soffocato. Lo stabilimento metallurgico di Pietrarsa, vicino Napoli che nel 1860 dava lavoro a circa mille operai e costituiva l'unico, vero grande, polo industriale italiano di quel tempo, venne ben presto abbandonato. Pochi sanno che i primi scioperi di operai in Italia avvennero proprio a Pietraroja negli anni immediatamente successivi al 1860, scioperi che vennero repressi, con morti e feriti, dal cosiddetto esercito italiano. Non parliamo poi della produzione agroalimentare meridionale, in buona parte annientata in questi 150 anni. Diversamente dallo Stato sabaudo il regno delle due Sicilie era l'unico stato della penisola ad avere le carte in regola per avviare una rivoluzione industriale su vasta scala. In effetti il regno delle due Sicilie aveva già dato dei primi passi significativi in questa direzione. La conquista del Sud bloccò questo processo, per cui il Sud precipitò inevitabilmente in una spirale di sottosviluppo. Lo Stato risorgimentale, in definitiva, assorbì tutte le risorse umane e finanziarie della penisola per promuovere il decollo dell'industria padana. Il Sud fu deliberatamente sacrificato sull'altare dello sviluppo economico delle regioni del nord. In sintesi mentre il Nord ebbe un suo stato che ne promosse l'economia, il sud non ebbe un suo stato che facesse altrettanto. Qualcuno potrebbe osservare che queste cose, tutta questa violenza appartengano al passato, che ora invece viviamo in una società pacificata, che l'Italia è unita, che siamo in democrazia, e così via. Nella realtà mai come oggi la violenza nei rapporti umani è un fenomeno endemico, anche se essa ha assunto forme diverse. Ai giorni nostri per colonizzare un popolo non c'è bisogno di sparare, di scatenare guerre. Queste cose provocano morti e i morti danno fastidio. Attualmente c'è un metodo "più pulito", e soprattutto più efficace. Per colonizzare un popolo basta penetrare nel suo territorio con una massa enorme e variegata di prodotti industriali. Il costo nettamente inferiore di questi prodotti determinerà la conquista del mercato. Questa penetrazione produrrà una spirale perversa di desertificazione economica e il progressivo asservimento economico e politico della popolazione alle potenze colonizzatrici. Questo processo di estrema violenza avviene sistematicamente nei paesi poveri dell'America latina e dell'Africa e avviene quotidianamente anche al Sud d'Italia, dove l'80% di tutti consumi è costituito da prodotti che provengono dal Nord d'Italia. Ogni giorno dunque, attraverso gli acquisti dei meridionali, un flusso enorme di danaro scorre da Sud a Nord e va ad alimentare incessantemente l'apparato produttivo della pianura padana, conservando il Sud d'Italia in una condizione di sottosviluppo. Uno squilibrio che comporta tra l'altro la mancata valorizzazione delle immense potenzialità del territorio meridionale. Un esempio di questi meccanismi perversi è il crollo del prezzo del grano meridionale. Molti produttori della nostra terra sono tentati ad abbandonare le terre adibite alla produzione di grano. Faccio notare che con il grano si fa il pane, elemento primordiale della sussistenza umana. In questo momento in cui scriviamo queste note decine di migliaia di bambini in Africa, Asia, America latina stanno esalando l'ultimo respiro perché non hanno nulla da mangiare. Il progressivo abbandono di queste terre determinato dall'incoscienza della classe politica liberale costituisce dunque un crimine gravissimo. Il Sud d'Italia da centocinquant'anni è una colonia dell'apparato produttivo del Nord d'Italia. È necessario prendere coscienza di questa situazione gravissima e agire di conseguenza.
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