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Vangelo di Domenica 1° Dicembre PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 30 novembre 2013 23:07

ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 24,37-44.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi dscepoli: « Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.  Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.  Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà. » 

I Domenica dell’Avvento

1° dicembre  2013

L’inizio di un giorno nuovo

 

Introduzione

                Abbiamo tutti attaccato alla parete di casa, un calendario che ormai consta solo di due fogli. Esso ci ricorda che fra poco più di un mese un altro anno sarà terminato. Anche la natura, irrigidita dai primi freddi, si prepara a immergersi nel sonno in attesa del risveglio che inizierà verso il prossimo febbraio. Ma mentre tutto intorno a noi sembra dirci che un altro ciclo si compie, la Liturgia “alza la voce” per chiamare al risveglio e dare inizio ad un nuovo cammino di fede. Con questa 1ª domenica d’Avvento, in anticipo sull’anno civile, il nuovo anno liturgico, che sembra voglia ricordarci che senza la venuta e il previo incontro con Dio il tempo della storia non ha senso, è privo di significato, è vuoto di una Presenza che sola arricchisce. Per noi che crediamo che il nostro tempo sia in funzione di Dio, l’Avvento è tempo di ripresa, ora di risveglio, momento favorevole in cui la Chiesa ricorda che Gesù Cristo con la sua venuta e il suo ritorno ha dato, dà e darà significato alla storia dell’umanità e alla storia personale di ciascuno. Non importa sapere quando e in che modo Gesù arriverà; più urgente è, invece, radicare nei nostri cuori la speranza della sua venuta, perché tutto il significato e il valore che attribuiamo al nostro tempo e al nostro spazio attinge a questa speranza. Coltivarla significa guardare con occhi da profeti la realtà che ci circonda, non per vedere ciò che accadrà dopo, in un altro tempo, ma ciò che accade già da ora e scorgere i segni di un nuovo mattino di luce, al quale spalancare le finestre e verso il quale incamminarci perché ci inondi e ci rinnovi. Oggi, dunque, si inaugura una nuova storia, che ha i colori del sogno, della speranza e dell’attesa. Due sono i temi, o piuttosto i movimenti, che la liturgia di questa 1ª domenica d’Avvento ci suggerisce di considerare per partecipare attivamente a questa nuova storia: viene il Signore, andiamogli incontro.

Effetto a sorpresa

La speranza del nuovo inizio non può trovare base più solida di quella del primo tema, propostoci dalla liturgia odierna: il Signore viene. Non è un semplice fatto: è molto di più, è la certezza della nostra speranza. Infatti, ancora una volta l’inizio del movimento parte da Dio ed è questa la garanzia, del nuovo inizio. Scriveva Ireneo di Lione, Padre della Chiesa: “Come potrebbe l’uomo andare a Dio, se Dio non fosse venuto all’uomo? Come si libererebbe l’uomo della sua nascita di morte se non fosse rigenerato nella fede con una nuova nascita, data generosamente da Dio mediante quella che avvenne nel seno della Vergine?”. Senza l’iniziativa di Dio, il movimento dell’uomo non avrebbe inizio. Dio è per definizione “ Colui che viene” per primo; l’Emmanuele nella storia dell’uomo, ovvero il “Dio con noi”e tra noi. E ciò non è avvenuto una volta sola, ma è sempre così, e si ripete anche oggi. La storia della salvezza, tuttora in corso, è essenzialmente storia dell’iniziativa di Dio, memoria di tante sue “venute” verso l’uomo e profezia di quelle presenti e future. Tutte nel loro insieme formano il grande Avvento che si estende dalla creazione alla parusia. Se venisse meno questa speranza e questa attesa, cosa sarebbe la nostra vita? Una notte senza luce del giorno, senza quello splendore che al risveglio del nuovo mattino ci parla di vita, di amore, di Dio. Ma ogni ingresso di Dio nella storia personale e in quella universale, sebbene sia certo come la luce di un nuovo giorno, è pur sempre libero e misterioso, non prevedibile. È un arrivo imprevedibile, da effetto a sorpresa. Per questo è necessario essere “svegli”, avere occhi bene aperti per scoprire la Presenza di Dio e orecchi attenti per udirne i passi e le parole. Allora l’Avvento non è solo attesa dell’iniziativa di Dio, ma anche vigilanza attiva dell’uomo che si muove verso Dio. E veniamo così al secondo movimento celebrato in questa prima liturgia d’Avvento: andiamo incontro al Signore che viene.

Un cammino di attesa, speranza e conversione

Il secondo movimento, dunque, ci interpella e coinvolge in prima persona, giacché si tratta del nostro andare incontro allo Sposo che viene. Questo pensiero del movimento umano verso il divino riempie di sé tutta la liturgia della Parola di questa domenica. Isaia dice: “Venite, saliamo sul monte del Signore…perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare nei suoi sentieri”; e ancora nel Salmo responsoriale abbiamo ripetuto insieme : “Andiamo con gioia incontro al Signore”. Mentre a Paolo è affidato il compito di tradurre questo slancio in coerente indicazione di vita. Prima cosa raccomandata da Paolo: “Svegliatevi dal sonno”, modo suggestivo per dire, “convertitevi”. Quindi, raccomanda di vestire le insegne della luce, ovvero rivestirsi dello Spirito di Gesù, l’unico che possa aiutarci a superare tutti gli ostacoli che si sovrappongono fra noi e il Signore che viene, a spezzare tutte le catene che impediscono o appesantiscono il cammino verso l’Amante.  “Svegliarsi dal sonno” raccomanda Paolo, ovvero non attardarci in una vita incolore, insapore, ripetitiva, banale: è ora di smetterla di lasciarci cullare dalle comode, rassicuranti abitudini. Alleggeriamoci dei pesi che ostacolano i passi, liberiamoci dall’opacità che annebbia la vista. Ma già da ora impariamo a familiarizzare con la luce, quella tenue luce che spunta dalle parti di Betlemme, quella sfolgorante della apparizione finale del Signore nella gloria, consapevoli che solo dopo tanto cammino e fatica la luce si è incarnata a Betlemme, e solo dopo tanta sofferenza e dolore è esplosa a Gerusalemme. Proprio questa luce ci renderà attivi nel distinguere l’essenziale tra le innumerevoli pieghe del superfluo; ci eviterà di vivere ad una sola dimensione, apparente e immanente, per farci guardare oltre e pregustare già qui ed ora la gioia e l’eternità delle beatitudini. E non potrebbe essere diversamente: l’eterno nell’immanente è l’insegnamento dell’Avvento. Infatti, ciò che siamo invitati a vivere in questo periodo è un’attesa di memoria e presenza più che di realtà futura. La memoria è memoria di Colui che è già venuto, attesa che si compie nel giorno di Natale; Presenza è celebrazione di Chi fin da ora incontriamo nell’ascolto della Parola e nella partecipazione all’Eucarestia. Ecco allora il cammino d’Avvento è sì un andare incontro, ma Chi dobbiamo incontrare è già in cammino con noi, è già al nostro fianco. Per questo è necessario “svegliarsi”, perché solo restando vigili e attenti riusciremo ad accorgere che il Signore ci cerca ed è presente nella nostra vita e nella storia degli uomini tutti. Allora, anche quando si parla di domani o di futuro, significa non rimandare più a domani quanto serve a dire o a fare oggi per la nostra salvezza, giacché ad essere giudicato alla fine sarà il nostro quotidiano; ad essere misurati con il metro divino saranno i giorni e i compiti “feriali”, l’orientamento scelto per la vita nel complesso e nelle singole azioni, nonché la carica passionale, gratuita e fedele che abbiamo immesso nella nostra vocazione alla vita e alla santità. Non basta tuttavia aprire gli occhi, è necessario poi alzarsi, mettersi in cammino e incontrare con la volontà di cambiare. In altri termini, non basta trovare la strada che porta a Cristo, e alla Chiesa, è decisivo invece trovare la strada dopo l’incontro con il Signore, la strada dopo essere usciti dalla S. Messa. Non è sufficiente, cioè, celebrare il Natale: ciò che veramente conta è verificare come ne usciremo. Perché miei cari, presentarci all’appuntamento con il Signore non è poi così difficile; quello che davvero dovrà impegnarci è verificare se, dopo l’incontro, saremo disposti e sapremo “trasformarci” davvero. È solo muovendoci in questa direzione che daremo senso al nostro cammino d’Avvento, significato all’attesa e, soprattutto, voce nuova e contagiosa alla speranza e alla gioia che è in noi.

Conclusione

Un’antifona della Liturgia bizantina dell’Avvento fa pregare così i nostri fratelli orientali : “In noi stessi, o figli, c’è un occhio che resta aperto giorno e notte e ci guarda. Nel fondo del nostro cuore, o figli, c’è un orecchio che sempre ci ascolta: è Dio”. Lasciamo che questi occhi ci scrutino e veglino su di in noi durante questo cammino d’Avvento; lasciamo dar voce chiara e assoluta a questa Presenza che ascolta, lasciamoci in definitiva sorprendere da Dio che è nel nostro io. Che Dio ci prepari ad accogliere Colui che ha mandato e che è venuto, viene e verrà. Che Dio ci abiti e ci trasformi, ci renda Sua luce riflessa, perché si possano illuminare i tanti spazi bui di questo mondo, e le diverse tenebre che ancora avvolgono il cuore di molti.

Serena domenica.

+ Vincenzo Bertolone
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