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Sibari

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"Turismo ed Economia" a Cosenza PDF Stampa E-mail
Scritto da P.Capuano   
domenica, 17 marzo 2013 19:14
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Dott.Pasquale Capuano
Venerdì 15 marzo c.m. si è tenuto, presso la sala conferenze di Confindustria di Cosenza, il convegno  “Per il turismo culturale – economia e libero mercato nell’era della globalizzazione” a cura del Centro Studi Convivio del Presidente Prof. Alessandro Guarascio. Fra i relatori è nuovamente intervenuto il sibarita dott. Pasquale Capuano che ha trattato temi di economia e finanza rapportati alla situazione attuale del nostro paese. La manifestazione è iniziata con una lunga ma accurata prefazione del Prof. Guarascio sulla necessità di sviluppare nel nostro territorio un turismo che vada oltre la semplice settimana di vacanza di mare ma che coinvolga tutti gli aspetti culturali ed anche archeologici che la nostra regione sa offrire. Al riguardo molto interessante è stato l’intervento del Prof. Leopoldo Conforti  (accademico, scrittore) che ha voluto relazionare sull’importanza delle antiche città della magna-grecia puntando l’accento sulla capacità di alcune di esse, come Kroton, di sviluppare una grande cultura a differenza della nostra Sybaris che era incentrata sulla lussuria e forza fisica del suo esercito.

Ma il Prof. Conforti ha fatto presente che pochi sanno di una eccellenza di Sibari in campo culturale ossia quella di aver dato i natali alla <novella>, racconti caratterizzati da una vera e cruda rappresentazione della realtà affiancata, a tratti, da momenti di ironia per far comprendere al lettore i paradossi della civiltà sibarita di quel periodo.
Allacciato al discorso di Sibari è poi intervenuto il regista dott. Pasquale Arnone il quale ha voluto sottolineare l’importanza del <turismo cinematografico> quale mezzo per attirare i turisti nel nostro territorio attraverso la capacità della cinepresa di saper raccontare e cogliere le eccellenze paesaggistiche – culturali – architettoniche – archeologiche dei nostri paesi calabresi. Al tal proposito è stata espressa su proposta dello steso regista di creare uno spot da diffondere nelle scuole per far conoscere le strutture magno greche, medioevali, ecc.. del nostro territorio affinché possa diffondersi nelle scuole e soprattutto nelle giovani menti la conoscenza del nostro territorio.
L’importanza dell’economia e della finanza di cui ogni territorio abbisogna è stata poi illustrata dal dott. Pasquale Capuano il quale ha fatto presente che servirebbe oltre ad un incremento del turismo culturale e vacanziero anche un incremento di quelle che sono le altre nostre principali attrattività economiche come l’artigianato (il made in Italy) e l’agricoltura. Il dott. Capuano ha voluto comunque mettere in risalto lo stato di profonda depressione economica in cui naviga il nostro paese ponendo l’accento sulla paura che l’Europa nutre nei nostri confronti soprattutto in seguito ai risultati delle recenti elezioni politiche. Il suo discorso si è poi spostato sull’eccessiva riduzione del tasso di risparmio delle famiglie italiane che è iniziato già nel ’92 ed è giunto con la crisi attuale ad un livello che ha portato la popolazione italiana quasi al di sotto della soglia critica di povertà.
A questa discesa si affianca una forte contrazione nella concessione del credito nei confronti delle famiglie e delle imprese con la conseguente riduzione dei consumi interni e degli investimenti. Il dottore, nel rispondere ad un quesito sottopostogli da uno degli intervenuti al convegno sull’inopportunità di continuare a dare liquidità alle banche mentre il paese diventa sempre più povero e senza lavoro, ha sottolineato che le banche sono caratterizzate da un particolare tipo di rischio chiamato “rischio sistemico”  a significare che il fallimento di una singola banca può portare con sé il fallimento di altre banche in quanto collegate dal possesso comune di diversi prodotti finanziari. Questo fallimento sistemico porterebbe ad una situazione catastrofica per l’intera economia e finanza peggiore di quella che stiamo vivendo oggigiorno.
A conclusione la dott.ssa Alessandra Primicerio (critico d’arte e direttrice del centro Studi Convivio) ha introdotto l’ultima fatica letteraria della Prof.ssa MariaRosaria Salerno dal titolo <La Primavera Rivelata>, opera che cerca di rivelare per l’appunto alcuni punti rimasti oscuri della più famosa opera “La Primavera” del Botticelli. In particolare quest’opera rappresenta una chiave di lettura alla codificazione dei messaggi ermetici e del simbolismo esoterico della Rinascenza. Il giudizio su questo libro è stato accompagnato anche dalla presenza del direttore della casa editrice (Casa editrice Cliodea) il quale ha voluto sottolineare l’importanza per le case editrici di credere in opere di questa portata.
La seduta, volta a conclusione, ha visto i saluti istituzionali del Prof. Guarascio come sempre molto affabile e prodigo di complimenti per tutti gli intervenuti, i relatori e gli ospiti del convegno.
Pasquale Capuano

 

Relazione del dott. Pasquale Capuano:

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il tavolo dei relatori
 

ECONOMIA FINANZA E LIBERO MERCATO

dott. Pasquale Capuano

 

La situazione politica italiana preoccupa l’Europa.

Al riguardo l’Europa sostiene che ognuna delle parti interessate nella vicenda politica italiana deve contribuire alla stabilità dell’eurozona e rispettare gli accordi che abbiamo preso per mettere in sicurezza l’euro.

Il voto di protesta italiano, il successo di Beppe Grillo e del suo movimento ha principalmente 2 aspetti: da  un lato c’è stata una sistematica delegittimazione della politica fatta dagli organi di stampa; essa è stata condotta senza un preciso criterio in quanto si è fatto di tutta l’erba un fascio; dall’altro lato c’è lo stato di depressione economica in cui è precipitato il nostro paese a causa della politica del “governo dei tecnici” che con le manovre adottate cercavano un aumento del Pil ottenendo invece una forte contrazione. E questa politica messa in atto dai “tecnici” ha fatto da detonatore alla protesta che è sfociata nel risultato delle recenti elezioni.

Bisogna capire che l’Europa, cinica, non ci darà affatto una mano, perché la sua politica ci è ostile e di questo occorre prenderne atto. Occorre aver una capacità tale da poterci permettere di avere un piede dentro l’euro e l’altro fuori. Ossia bisogna seguire le regole dell’Unione di cui facciamo parte ma allo stesso tempo bisogna che ci diamo una mano da soli: magari fare come nel passato hanno fatto i mercanti veneziani incrementando il loro export verso est e verso l’India e perché no anche verso i paesi del Nord Africa.

Questo discorso è fattibile poiché il made in Italy è molto apprezzato all’estero e poi ci sono ancora rimaste delle eccellenze industriali come la FIAT che è ormai una multinazionale , o come la stessa Finmeccanica o la Eni.

In  sostanza qual è il vero problema? È che le politiche di espansione dobbiamo farcele noi e non aspettarcele dall’Europa, pur rispettando le regole sul bilancio e il deficit.

È ovvio che ci si possa chiedere come si può realizzare tutto questo: attraverso una grande deregolamentazione, oppure con il ricorso al capitale privato per le infrastrutture, ma anche attraverso una vera riforma sul lavoro e molta flessibilità. In Europa anche gli altri paesi fanno bene i loro interessi: basti guardare la Francia e la Germania.

In Italia la caduta del risparmio è un fenomeno che ha le sue radici nella crisi del 1992 e che precipita con la crisi del 2012 causata dalle politiche di austerità. Nei vent’anni passati il dato principe è la caduta della quota del reddito disponibile delle famiglie a cui si accompagna una diminuzione della loro capacità di risparmio.

Il combustibile che ha alimentato l’economia italiana negli ultimi 20 anni, cioè le famiglie con il loro lavoro e il loro risparmio, si è inceppato. È questo risparmio che ha rappresentato in Italia una spinta fondamentale per la crescita e la stabilità, finanziando investimenti e debito pubblico. Infatti fino agli inizi degli anni ’90 l’Italia era riconosciuta come il paese con il più alto tasso di risparmio al mondo.

Ma come mai c’è stata una caduta così vertiginosa del risparmio e del reddito disponibile delle famiglie? La ragione è che negli ultimi 20 anni il nostro paese si è più volte trovato in emergenza e la soluzione è stata sempre individuata in una politica di aumento delle imposte dirette e indirette a carico delle famiglie con conseguente riduzione del loro potere d’acquisto. Questa contrazione ha avuto effetti negativi sulla competitività delle imprese  e quindi se dovesse materializzarsi un ulteriore aumento dell’IVA, gli effetti sarebbero ulteriormente negativi!

Le famiglie italiane hanno attinto finché hanno potuto ai loro risparmi per mantenere un tenore di vita dignitoso; ma quando la loro capacità di risparmio è caduta al di sotto della soglia critica e la stretta creditizia è diventata ancora più forte, la conseguenza è stata un impatto immediato e diretto sui consumi interni e gli investimenti.

La crisi del 2103, per molti aspetti, connotati analoghi a quella del 1992, ma vent’anni fa la condizione economica delle famiglie era più forte e la svalutazione della lira, anche se fece diminuire la quota del potere d’acquisto, riuscì a dare ossigeno alle imprese che ritornarono in forza sui mercati internazionali per circa 10 anni, per poi ravvisare una nuova e lenta discesa.

La politica di austerità adottata negli ultimi 2 anni è stata purtroppo un errore economico, che ha peggiorato la situazione economica e il risparmio delle famiglie. Il risultato è che le famiglie non sono più in grado di alimentare  gli investimenti interni.

È anche vero che se guardiamo alla ricchezza finanziaria, oltre che al risparmio, il rapporto vede l’Italia ancora su posizioni favorevoli rispetto ad altri paesi avanzati, e ciò rappresenta una potenzialità: ma è una potenzialità sena sbocco perché questa ricchezza è distribuita in maniera diseguale.

Se il risparmio diminuisce, non si arresta neanche la caduta dei prestiti bancari a famiglie e imprese. Al contempo aumentano le sofferenze bancarie e i maggiori requisiti richiesti alle banche (di cui ho avuto modo di trattare nel mio libro “Gli Accordi di Basilea 3”) e la mancanza di canali di finanziamento – nonostante il sostegno della BCE – portano gli istituti bancari a spingere  sulla raccolta. Ciò accade perché le banche sono caute nell’erogare presiti per timore del contesto recessivo che fa crescere le perdite su crediti, erodendo il capitale.

Occorrerebbe uno “choc” di politica economica che innanzitutto andrebbe a sbloccare i quasi 50 miliardi di euro di debiti commerciali della Pubblica Amministrazione; allo stesso tempo sarebbe necessario che le banche pensino all’economia reale visto e considerato che hanno ricevuto di recente una ondata cospicua di liquidità da parte della BCE.

Su questo argomento è intervenuto anche il Presidente della Banca Centrale, Mario Draghi in particolare con riferimento al taglio dei tassi di interesse. Taglio a cui si è detto di no nonostante i requisiti c’erano tutti: deterioramento dell’eurozona e una discesa dell’ inflazione. Secondo Draghi i mercati azionari e quelli di debito pubblico vanno a gonfie vele soprattutto fuori dall’ Europa  per cui una iniezione di denaro a basso costo rischierebbe di causare un deterioramento del valore dei due indici.

Il Presidente continua dicendo che il vero problema  è quello di far affluire il credito al sistema produttivo, il vero motore dell’economia reale in quanto il sistema finanziario ha ormai ripreso l’andatura dei tempi normali a seguito di frequenti innesti di denaro. Prove ne è che i soldi del Nord Europa hanno cominciato a circolare anche a Sud almeno per le banche e le grandi imprese. Ad esempio ultimamente Mediobanca ha raccolto circa 2 miliardi di euro per estinguere anticipatamente bond troppo costosi, e in scadenza l’anno prossimo. Oppure Sergio Marchionne fa sapere di essere corteggiato dalle banche per il finanziamento all’acquisto da parte di FIAT delle azioni della Chrysler, ora possedute dal sindacato USA.

In sostanza il big business di casa nostra non soffre. Al contrario sono le piccole e medie imprese italiane a non trovare credito. A loro poco importa sapere che il tasso di sconto possa ridursi di un quarto di punto !

Draghi è consapevole del problema ma non può far altro che predicare pazienza; prima o poi il circuito della finanza tornerà a funzionare in maniera virtuosa.

Ma oggi è il sistema bancario italiano ad essere il più fragile d’Europa (dopo la pulizia effettuata nelle banche spagnole): occorre per prima eliminare le tante sofferenze in grembo nonché le tante partite incagliate. Certo è che i tempi potrebbero ridursi se il nostro paese riuscisse ad approvare quel pacchetto di riforme ed a consolidare il bilancio statale che porterebbe ad innalzare il grado di fiducia dei mercati. Ma dall’Italia non arrivano segnali positivi visto la reazione dei mercati a seguito delle recenti elezioni politiche. In particolare è recente il declassamento del nostro paese da A- a BBB+ da parte dell’agenzia di rating Fitch che va a confermare il giudizio di qualche mese fa posto in essere da altre 2 agenzie quali Standard & Poor’s e Moody’s.

Ma Draghi giustamente afferma che con la paura non si crea sviluppo. Il Presidente sta cercando di correggere l’austerità messa in atto dalla Germania e i primi passi si sono visti nel posticipare di un anno gli obiettivi di disavanzo pubblico di Spagna e Portogallo. Ora tocca a Francia e Italia cogliere l’assist. Occorre fare in fretta con le riforme strutturali poiché si possono ridurre le spese e quindi fare tagli alle tasse.

Molti individuano tra le cause della crisi la liberalizzazione dei mercati: un mercato è libero quando chiunque può liberamente decidere di effettuare una transazione; un mercato libero porta ad una maggiore concorrenza tra le imprese dello stesso settore con conseguente diminuzione del prezzo unitario; in un libero mercato, le imprese meno efficiente vengono automaticamente eliminate grazie alla capacità dei mercati di autoregolarsi.Ma di fronte alla crisi dei mercati finanziari, dovuta proprio alle libere scelte degli operatori economici, ci si è forse affidati per superarla alle capacità di autoregolazione e di autoequilibrio del mercato? O piuttosto ci si è affidati agli interventi salvifici di miliardi di euro, dollari, sterline ecc. delle banche centrali di tutto il mondo, con gli Stati come ultimi soggetti di garanzia? Ci raccontano che il mercato è efficiente, perché elimina gli operatori economici incapaci, che finiscono in perdita, e perché determina il massimo rendimento dalle risorse disponibili, con beneficio per tutti. Però, guarda caso, gli interventi di salvataggio delle banche centrali hanno evitato il fallimento e, quindi, l’eliminazione degli inefficienti, cioè di quei soggetti – istituti finanziari, fondi di investimento, fondi pensione, banche – che hanno dimostrato di essere un disastro economico. In altre parole, gli stessi che esaltano la cruda razionalità economica del mercato hanno premiato e premiano i falliti avventurieri della finanza speculativa, ma continuano le loro prediche ai lavoratori, ai pensionati, a coloro che non arrivano alla fine del mese perché accettino sacrifici in nome dell’interesse collettivo.

C’è da fare una considerazione al riguardo: è vero che è poco concepibile l’aiuto dato ai colossi bancari mentre molta gente sta raggiungendo la fatidica soglia di povertà, ma va considerato che il sistema bancario, fortemente legato all’economia reale, è legato al c.d. “rischio sistemico” ossia il rischio che il fallimento di un solo istituto possa coinvolgere l’intero sistema bancario con conseguenze più disastrose di quelle oggi visibili.

Occorrono, quindi, interventi mirati sia in un senso che nell’altro poiché neanche il settore bancario può continuare a sopravvivere se il tessuto economico non si riprende e ricomincia a far circolare liquidità.

 

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