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Il carattere de' calabresi 150 anni fa... PDF Stampa E-mail
Scritto da M.Sanpietro   
giovedì, 21 febbraio 2013 08:39
ImageNel 1878, un'opera notevole di Amato Amati  fu data alle stampe e divulgata in tutta Italia, si tratta del "Dizionario corografico dell'Italia, opera illustrata da circa 1000 armi comunali". Nei due voluminosi tomi di cui era composta si trovano notizie e curiosità su tutti i paesi, le città, le provincie e le regioni dell'Italia unita. Per molti decenni le informazioni tratte da questa opera gigantesca vennero utilizzate anche come una specie di  "guida turistica" ante litteram, per chi doveva  effettuare un viaggio per motivi diversi in qualsiasi località della nostra penisola. Ci siamo imbattuti, sfogliando le ingiallite pagine, nella descrizione dei calabresi che l'autore riporta pari pari da un altro autore di quel periodo, il salernitano Matteo de Augustinis. La presentazione dell'indole, dei costumi, del carattere dei calabresi non è proprio quel che si suol definire "edificante". I pochi, anche se importanti, pregi elencati, affondano poi nei difetti, taluni gravissimi e sotto certi aspetti riscontrabili ancora oggi. Certo che coloro che si avventuravano dalle nostre parti dopo aver letto le annotazioni che vi proponiamo nella seconda parte di questa nota, oltre a un notevole coraggio, dovevano essere anche armati fino ai denti. Gli amici "forestieri" che leggono queste righe non si spaventino, siamo parecchio cambiati,  e i conterranei calabresi, si guardino allo specchio e giudichino se ci sia ancora qualcosa in noi delle virtù e dei difetti evidenziati più di cento anni fa. BUONA LETTURA

<<Dell'indole e dei costumi dei Calabresi, così scrive l'egregio signor Matteo de Augustinis: "L'indole calabrese è troppo proverbialmente conosciuta: fervida, iraconda, testarda. Nessun ingegno eguaglia quello del Calabrese, niuno è più insuperabile di lui, non v'è vendetta che alla sua si rassomigli. I Calabresi non dimenticano e non perdonano, l'ospitalità solo sospende o ritiene il ferro della vendetta, e sia ne' vizi sia nelle virtù, non hansi posa se non ne abbiano varcati gli ultimi estremi. E siccome ho toccato dell'ospitalità è giusto che dica tutto: l'ospitalità del calabrese ha veramente  dell'ideale e del sublime; essa è la prima e la più venerata delle sue religioni; dopo questa vien quella dell'amicizia. Sopra entrambe però sta la vendetta, come il fato stava sopra tutti gli altri dei pagani. Ma ciò che dicesi dell'ospitalità non può certo dirsi della sua buona fede; e quanto alla simulazione, essa è ne' modi di esecuzione anzi che nel pensiero e nel consiglio dell'opera.
I Calabresi in generale sono altamente rischiosi, essi non temono il pericolo, e vi si trastullano e ne hanno d'uopo come di un pabulo alla loro bile. Gelosissimi della donna, dello stilo e dello schioppetto. guai a chi li tocchi o a chi gli agogni. Non v'è potenza di priego o di persuasione valevole a distornare la risoluzione di questa gente quando essa è presa veramente ed il giuro è stato fatto nel fondo del suo cuore.

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Briganti calabresi
Il puro calabrese è parco e frugale, però avido ed imperioso: egli vuol comandare, e quando non gli riesce di comandar fuori, comanda fieramente in casa, e se in questa pur manchi la materia del comando, comanda a se stesso, al suo corpo, ai suoi bisogni, ai suoi più forti appetiti e desideri. Il perchè la donna è in Calabria com'era in Roma, né più né meno; ella e i figliuoli sono le cose più care di questo mondo, ma a condizione di una passiva e costante obbedienza. E queste donne calabresi, ardite e indomabili quanto l'uomo, non hanno altro al mondo che il loro amante o il loro sposo; per essi vivono e respirano, per essi affrontato ogni fatica ed ogni pericolo.
Fiero del suo IO, il Calabrese è poco devoto, poco cordiale, giammai rassegnato; egli cede ma non si costerna, finge di deporre il suo pensiero, ma per tornarvi a miglior tempo. Neppure i grandi tremuoti valgono a fargli abbandonare la sua stanza e i suoi disegni.
Le abitudini e i misfatti de' calabresi sono in armonia colla sua natura; la sua vita non ha riposo: né é poi altrimenti della sua persona; la sua taglia è mezzana, l'agilità grandissima, bruna e contratta la fisionomia, nero l'occhio e scintillante. Aspro ai modi, inciso alla favella, vorrebb'esser compreso senza parlare, ed a volo e perfettamente obbedito e secondato; alla seconda parola, al primo mancamento, il sangue gli bolle e la bile di altera e travasa.">>

 

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