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Vangelo di Domenica 24 Giugno PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 23 giugno 2012 08:27

ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 1,57-66.80. - Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei. All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria.  Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni».  Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».  Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse.  Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati.  In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.  Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose.  Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: «Che sarà mai questo bambino?» si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.  Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

Solennità della Natività di Giovanni Battista

Introduzione

                L’anno liturgico non è un susseguirsi ripetitivo e identico di date e memorie da celebrare, accade che durante il dispiegarsi regolare di tempi ordinari e tempi forti, la normale consuetudine ceda il posto alla straordinarietà di eventi da ricordare e celebrare. Per cui capita che, come in questa XII domenica del tempo ordinario, la Liturgia dia precedenza ad una solennità, come questa della Natività di San Giovanni il Battista.

                Che l’evento sia solenne, è indice inequivocabile dell’importanza avuta dal Battista, dal suo concepimento alla morte, nella storia della salvezza. Egli, infatti, è parte fondamentale di quella storia della salvezza di cui Gesù è il Signore; anzi, quella che celebriamo oggi è una festa del Signore, nella quale il vero soggetto operante è il Signore stesso. La nascita del Battista è infatti manifestazione della forza di Dio che salva (Gesù); il suo concepimento e la sua esistenza sono la le cifre della logica e della modalità con le quali Dio salva: gratuità, piccolezza, nascondimento.

                Dunque, la Liturgia ci invita a celebrare la Natività del Battista perché questo evento trascende  la sua stessa esistenza personale, divenendo evento di grazia: gloria di Dio e dono per gli uomini. A questa Grazia rendiamo lode con le parole del ritornello di oggi: “Io ti rendo grazie: ha fatto di me una meraviglia stupenda”.

                E  meraviglioso stupore dovrebbe coglierci di fronte alla figura di Giovanni: egli è il primo testimone della Luce, suo stesso precursore; ma è anche affascinante figura di uomo e profeta: asciutto, diretto, cristallino, autorevole. E, infine, per noi, uomini di oggi, è senz’altro modello scomodo con cui confrontarsi, perché il suo parlare e il suo agire ci chiama a smascherarci, a deporre la falsità e la mediocrità della nostra vita, ad assumerci la responsabilità di essere autentici e veri, coerenti e appassionati discepoli del Maestro.

La voce di Dio

                È facile cogliere i tratti identificativi del personaggio evangelico di questa domenica. Con poche informazioni, indirette e dirette, Luca ne fa una descrizione a tutto tondo: dalla nascita alla morte, dalla fisicità alla levatura morale, dal suo parlare all’agire.

Tutto ci parla di un uomo sopra le righe, entrato nella storia della salvezza come ponte di collegamento tra l’Antico e il Nuovo Testamento, Giovanni, che porta a compimento la fase della profezia e inaugura la fase della testimonianza e del martirio.

                Profezia e testimonianza sono le coordinate della sua vita, soprattutto, dal momento in cui ha pronunciato il suo “sì” alla chiamata che gli è stata predestinata “prima di formarsi nel grembo materno”: preparare la strada alla venuta del Messia.

La sua testimonianza è evidente, forte e chiara, perché alimentata da uno spirito profetico capace di sfiorare e penetrare il cielo con uno sguardo, di lasciarsi bruciare l’anima dalla bellezza di una Parola che è Voce potente nel deserto caotico della vita e brezza leggera nel deserto arido dell’io.

Il suo profetico “parlare di fronte al popolo”, “in nome di Dio”, e “in favore di Dio”, è più che convincente, è autorevole, deciso, carico di una giustizia e di una verità, che agli umili ha aperto le porte della speranza e a lui le porte del carcere.

                Nessun altra testimonianza gli è valsa la libertà se non quella fornita da se stesso, dal suo sangue versato per amore della giustizia e della verità sostenute con perseveranza “di fronte al popolo”, “in nome di Dio”, “in favore di Dio”.

La sua popolarità avrebbe potuto stordire chiunque, ma non lui: Giovanni, pur potendolo fare, continua a vestirsi miseramente, a nutrirsi di erbe e cavallette, ad abitare nel deserto. E sebbene venga accolto come redivivo Elia o acclamato quale messia, risponde presentandosi sempre e semplicemente come voce che annuncia dal deserto la venuta della Parola di Dio.

Un ritratto sì fatto si coglie subito, ma ad un sguardo attento ci si accorge che ogni parola usata nasconde ben altro, e dice alla nostra vita molto di più di quanto appare.

“Giovanni è il suo nome”. Una frase senza pretese, comune, uguale a tante altre che servono a identificare una persona. Ma il nome “Giovanni” è già in sé traccia della sua trascendenza: Giovanni, testimone della Luce, è il nome pensato per lui da Dio stesso, è quello che interpreta in pienezza il suo “essere”, il suo stare nel mondo e oltre.

                Il testo d’Isaia, proclamato nella I Lettura, è chiaro a questo proposito: è il Signore, per primo e da sempre, a pronunciare il nostro nome, “Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome” (49,1). La stessa convinzione fa dire al Salmista: “Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio … Tu mi conosci fino in fondo” (139, 13-14).

                Tutto ciò ci convince di una cosa che ogni uomo è dono di Dio, è atto d’amore di Dio, amato a prescindere da ciò che sarà o farà dopo. Accogliere questa verità significa superare il grande interrogativo  di tutti i tempi: perché vivere. Una incertezza sul senso del vivere e dell’andare che diventa sempre più sete di sapere e trovare una risposta, soprattutto, quando si arriva a sperimentare in alcuni momenti particolari la certezza di essere eterni.

                La vita di Giovanni sin dal suo concepimento e dal suo nome dà una risposta a questa sete: l’uomo è atto d’amore di Dio, è dono, e la sua vocazione è di capire e vivere personalmente la sua condizione. L’esistenza di ogni uomo che vive l’amore che egli è non può che essere una meraviglia, perché ha la certezza che “la mano del Signore è con lui”.

I profeti di oggi

                La certezza di “essere” dono di Dio, però, non è sufficiente per capire quale progetto di vita è iscritto in noi, occorre accogliere e vivere questa certezza, c’è bisogno di fede. La fede di Giovanni nel dono di Dio ha reso possibile il miracolo meraviglioso della sua vita, del suo esistere perché la Luce, venendo al mondo, trovasse spianata la strada del cuore umano.

                È la dimensione vocazionale della vita, per cui l’azione di Dio e la collaborazione umana sono chiamati ad incontrarsi: Dio è la Parola, Giovanni la voce che l’annuncia; è questa collaborazione che arricchisce la storia di Giovanni come dono in sé e per gli altri.

Nel “sì” pronunciato da lui, prima nel grembo materno e poi nel deserto, esprime tutta la volontà dell’uomo di realizzare la propria vita nell’amore che lo ha generato; è riconoscimento dell’unico “elemento” che rende piena di senso e intensa l’esistenza stessa. 

                Guardando alla vita di Giovanni, inoltre, comprendiamo che impegnarsi a vivere nell’Amore, denota anche costanza, perseveranza nell’individuare nei sentieri della sofferenza, la forza insopprimibile di Dio, che trasforma le amarezze in felicità, le delusioni in successi, le frustrazioni in affermazioni. Solamente nel Suo nome, dietro a Lui, faremo della nostra vita una splendida avventura. Innanzitutto ci realizzeremo come uomini capaci di Dio: per natura pronti a cercarlo, per istinto capaci di cogliere e accoglierne la Voce. Poi ci realizzeremo come cristiani: chiamati per vocazione a portare la Sua luce agli altri.

                Questo è lo spirito profetico, al quale ancora una volta ci richiama il modello del Battista. Certo, tempi nuovi chiedono modi nuovi di vivere e annunciare la Parola di Dio, in altri termini di essere profeti, ma non cambia la sostanza e il carattere specifico della dimensione profetica.

Gli uomini e le donne profeti di oggi continuano a vivere la Parola con coinvolgente semplicità e convinzione, diventando un segno di conversione per tutti. Non sono persone straordinarie ma persone che vivono la Parola con tenacia e convinzione: la coppia che si apre alla vita dà voce alla Parola di Dio; il giovane che dedica il pomeriggio a tenere i ragazzi per educarli alla vita, dà voce alla Parola di Dio; il consacrato che consuma i giorni e salute per dare speranza ai disperati dà voce alla Parla di Dio. Senza accorgercene, siamo circondati di silenziosi testimoni, che rendono testimonianza al Maestro, anche se non vestono peli di cammello; profeti nascosti che ancora incrociamo lungo le strade delle nostre città, e, nel loro vivere evangelicamente il quotidiano, ci invitano a non dare per scontata la vita di fede e la fedeltà al Vangelo.

Conclusione

                L’ultimo tassello da aggiungere al ritratto di Giovanni è il suo martirio. Esso esprime in modo estremo il prezzo da pagare per essere trasparenza di Dio in un mondo che talvolta si dimentica di Dio. È facile allora chiedersi se ne valga veramente la pena lottare e sacrificarsi per qualcosa che i più non capiscono e rifiutano.

“Possiamo vivere la verità soltanto se abbiamo anche la forza di morire per essa”, questo il senso del martirio di Giovanni: il suo martirio è testimonianza finale del bene malgrado l’assurdità del male, è l’ultimo grido dell’uomo che nell’oscurità del mondo, annuncia a gran voce che “Venga la Luce”.

                Essere cristiani in realtà non significa scegliere tra Dio e il mondo, tra questo mondo o il mondo che verrà, piuttosto è scegliere di lottare per partecipare al mondo futuro, è lottare perché Dio riprenda il suo posto in questo mondo. Così si diventa profeti.

Serena domenica                                                                                  + Vincenzo Bertolone

                                                                                                               

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