Il terremoto "vissuto" |
Scritto da G.Feola | |
giovedì, 31 maggio 2012 22:02 | |
Mi armo di taccuino e macchina fotografica. Visito le zone colpite dal terremoto, iniziando dal ferrarese ed arrivando nel modenese. Mentre nel ferrarese mi accorgo che il terremoto ha colpito prevalentemente edifici storici ed antiche cascine rurali, nel modenese il problema è più serio. Parcheggio la macchina ed entro nella zona rossa, seguendo un drappello di carabinieri. Sono nel centro storico di Finale Emilia. Non posso dire centro abitato in quanto è completamente deserto, delimitato da nastri bianchi e rossi con la scritta carabinieri, e da qualche transenna. Passo oltre, il silenzio regna sovrano. Non c’è anima viva. Solamente il rumore di qualche calcinaccio calpestato dai militari, che continuo a seguire.Loro controllano la zona rossa, forse fanno una pattuglia anti-sciacallaggio: calpestano macerie, passano per vicoli stretti, dove si notano case abbandonate, chiese distrutte, ma soprattutto silenzio. Un silenzio surreale. E’ un paesaggio da far-west. Lascio proseguire la pattuglia appiedata e mi fermo a scattare qualche foto. E’ un disastro. Non si è salvata una chiesa, come se qualche maledizione abbia voluto abbatterle tutte. Stessa cosa i municipi, i castelli, i simboli storici del paese. Ciò che non è crollato sarà sicuramente raso al suolo per la sicurezza e la pubblica incolumità, poiché seriamente compromesso e pericolante. Regna sempre il silenzio: mi guardo attorno, non c’è nessuno. Vedo case con le imposte aperte, come se il messaggio che si vuole trasmettere sia quello che non c’è vita. E vita umana in zona non ce n’è. Lascio Finale Emilia e mi dirigo a San Felice sul Panaro. Stessa cosa. Stesso paesaggio. Stessa quiete… dopo il terremoto. Si, il terremoto. In qualsiasi parte del globo avvenga, il terremoto crea sempre sgomento, danno, dolore, disagio. Sono oltre 7.000 le persone sfollate che occupano le tende messe a disposizione e montate in tutta fretta dalla Protezione Civile. Ma chi è la Protezione Civile? E’ un organismo astratto, non palpabile con mano. E’ composta da volontari (alpini in congedo, carabinieri in congedo, associazioni di volontariato, Croce Rossa, etc), dai Vigili del Fuoco, dalle Forze dell’Ordine. A distanza di una settimana dal tragico evento, la situazione nelle tendopoli è gravissima. Visito i campi allestiti dalla Protezione Civile. Incontro due Carabinieri in servizio dentro un campo. Stanno lavorando, camminano, controllano, osservano, parlano. Si, parlano, perché queste persone sfollate hanno bisogno di qualcuno che li conforti, qualcuno che stia vicino a loro. Solamente una tendopoli su quattro è nelle condizioni di ben operare, di offrire un buon servizio ed un minimo di decoro a quelle povere persone. Negli altri campi, ovvero nelle tendopoli, regna la totale confusione. Nonostante la grande opera, il lavoro massacrante posto in essere dai volontari, manca un coordinatore nell’emergenza. Non c’è il controllo degli accessi nelle tendopoli, alle mense, ai servizi igienici, anche se di igienico è rimasto ben poco. L’olezzo persistente che si avverte è molto forte, intenso. Mi guardo attorno e mi chiedo: dov’è l’Esercito Italiano? Perché non viene impiegato? Ripeto ancora, un grosso plauso a tutti i volontari, molti dei quali vengono da lontano, ma la nota dolente sta nell’organizzazione che risulta assai superficiale, o, in taluni casi, carente. Riesco solo ad allungare la mano ed accarezzare qualche anziano e qualche bambino, impegnato a giocare con mezzi di fortuna nella tendopoli, o con qualche gioco che è riuscito a portar via da casa prima di abbandonarla in tutta fretta. Sento una lacrima scendere sul viso, deglutisco a fatica, sento gli occhi arrossati. Rifletto ed in pochi istanti dentro di me arriva l’input che il mio modus agendi non è corretto: sono affranto dal dolore che provo nel vedere queste scene, ma non devo far trasparire questo dolore, devo trasmettere sicurezza. Che difficile compito! E’ una tragedia nella tragedia. Osservo queste persone sfollate che, con coraggio e silenzio, affrontano questo dramma. Mi colpisce la riservatezza, la compostezza, nonostante traspaia in loro la disperazione, ma nello stesso tempo l’energia per combattere. Questa gente ha perso tutto, la casa, la macchina, il lavoro. E’ gente per bene. E’ gente. Che tenerezza vedere quegli anziani nelle carrozzine! Rifletto e penso che il terremoto ha fatto meno danni nel mio cuore rispetto a quello che sto vedendo in queste persone che hanno bisogno di aiuto, di conforto. Una carezza ed un bacio, in queste occasioni, rendono felici queste persone che di felicità non ne hanno più il ricordo. Come possono vivere dieci persone in una tenda? Caldo, freddo, pioggia, che dramma! Perché le televisioni non riprendono tutto ciò? Dove sono le Istituzioni? Sul posto ci sono solo i Carabinieri dei paesi colpiti dalla calamità, costretti a lavorare venti ore al giorno. Pure loro ed i loro familiari vivono accampati in una tenda costruita nel giardino della caserma. Ma nonostante ciò i carabinieri sono al servizio del cittadino: pattugliano le zone colpite dal sisma, sono presenti nelle tendopoli tra la gente, risolvono i problemi, aiutano la gente. Gente comune. Gente bisognosa. Gente disperata. Gente! cap. Giorgio Feola |
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