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FOSCO DI' BARTULI PDF Stampa E-mail
Scritto da administrator   
martedì, 27 febbraio 2007 18:30

Fosco di' Bartuli è lo pseudonimo utilizzato da Antonio M. Cavallaro per le sue composizioni musicali. Da molti anni si diletta di musica, ha composto molte canzoni che sono state eseguite in occasioni particolari come matrimoni, commemorazioni, manifestazioni fieristiche e folkloriche, quando ha fatto parte di diverse formazioni musicali. Recentemente ha rivestito di musica alcune poesie dialettali del prof. Leonardo R. Alario, alcune di esse sono state raccolte in un CD dal titolo 'U pinzieru. Vi proponiamo la recenzione che è stata redatta dal musicologo M.o Luigi Di Francesco, professore di storia della musica presso il conservatorio di Cosenza, direttore d'orchestra e fine compositore.

QUANDO LA POESIA DIVENTA MUSICA… FA NASCERE «‘U PINZIERU»

Copertina del CD 'U Pinzieru di Fosco di Bartuli
Copertina del CD 'U Pinzieru
Quando la poesia diventa musica, anche la musica può tramutarsi in poesia. Ma ciò accade raramente. Negli ultimi tempi è avvenuto soltanto una volta, ma… unicamente in Calabria. Solo qui a volte è possibile assistere a queste meraviglie, a patto però che s’incontrino un poeta demologo come Leonardo Alario, un cantautore raffinato come Fosco di Bartuli, ovvero Antonio Cavallaro e un musicista-arrangiatore fantasioso come Mario Spinelli. Tre calabresi che con la loro arte fanno onore alla Calabria.  Chi volesse assistere con i propri occhi a quest’evento e vedere con le proprie «orecchie» queste alchimie può ascoltare qualche brano del CD «U Pinzieru», prodotto dalla Sybaris Tour.  Raramente capita di ascoltare, in uno stesso CD, tanti brani di musica leggera, tutti molto interessanti, sia per l’inventiva musicale  che per la validità del testo poetico, ma, quasi mai succede di ascoltare ripetutamente e con sempre maggiore e rinnovata attenzione, canzoni e «pinzieri» musicali, in lingua calabrese.  I testi poetici delle undici canzoni sono tutti di Leonardo Alario, tratti da due diverse raccolte: «I Canti dell’Ejano» del 1974 e «U Pinzieru» del 1993. I versi delicati e profondi di Alario hanno ispirato armonie e ritmi molto diversi tra loro, dalla dolce e malinconica melodia tipicamente italiana al ritmo a volte aggressivo del più americano dei Blues, dalla sonorità orientaleggiante intimamente mediterranea al sound particolare della tradizione argentina di «Astor Piazzolla».  Alla realizzazione del CD hanno partecipato musicisti calabresi d’altissimo livello, alcuni del quali professori del Conservatorio di Cosenza, come il M° Mario Spinelli di San Giovanni in Fiore, arrangiatore di tutti i brani composti da Cavallaro ed il M° Antonio Pennini, clarinetto, di Cassano Jonio. Le altre collaborazioni artistiche sono di Salvatore Belcastro, violino, Giovanni Marano, chitarra e Giuseppe Lizzano, fisarmonica. La voce è del cantautore Fosco di’ Bartuli, lo stesso Antonio Cavallaro che in qualità di cantante ha preferito darsi un nome d’arte. Come egli stesso spiega «Fosco de’ Bruzi» è stato un trovatore calabrese del XIII sec. e «di’ Bartuli» è il cognome che la famiglia del Cavallaro aveva fino agli inizi dell’800.
fosco formato rock
Fosco 1971

Cavallaro musicista con questo lavoro voleva dimostrare, e vi è riuscito, che con qualsiasi lingua è possibile «fare bella musica». La sua sfida, infatti, è stata quella di voler avvalorare la tesi che la lingua calabrese può esprimere, alla pari di altre lingue, alti concetti poetici. Ha ricchezza espressiva anche quando si accompagna alla musica, anzi stimola l’ispirazione musicale perché, a volte, come nel nostro caso, la lingua stessa è poesia musicale.  Ogni brano di questo lavoro ha una propria autonomia, un particolare sapore, una precisa identità, una corretta atmosfera musicale.
Fra i vari brani si nota una grande varietà dovuta ai differenti testi poetici, alla loro ricchezza individuale, messa in risalto dalla caratterizzazione appropriata degli arrangiamenti musicali di Mario Spinelli, i quali, lasciando inalterata l’inventiva melodica di Cavallaro, hanno aggiunto sapori a volte esotici, a volte mediterranei, a volte mutuati dalla musica colta.   Analizzando i tanti brani musicali del CD c’è da rilevare che, al testo poetico, espresso sempre in lingua calabrese, si contrappone una gran varietà di stili musicali, la cui ambientazione va dal ‘600 e arriva fino ai nostri giorni (musica etnica, classica-colta, blues, easy jazz, pop, ecc.). Si nota inoltre una sorta di globalizzazione dei linguaggi che solo dieci anni fa sarebbe stata impossibile, nemmeno immaginabile. Oggi il mondo non ha più barriere.
Il primo brano «Nuj ni vulimu», (noi ci vogliamo, ci amiamo), inizia con un’introduzione da commedia musicale o da fiction televisiva, quasi ad anticipare con la musica il tema presente nel testo. Il testo poetico di Alario racconta una piccola storia d’amore in ventotto versi. Cavallaro, con la voce di Fosco di’ Bartuli e la grande professionalità musicale di Mario Spinelli, in meno di cinque minuti, mette in scena un’intera commedia musicale, convincendo la «sua» Letizia a continuare la loro dolce storia d’amore, poiché «‘a vit’è bbella kuannu sim’in duj» (la vita è bella quando siamo in due).

Particolarmente avvincente è l’ecologico-nostalgico-narrativo brano «Sulu». Presenta un bel tema musicale, sottolineato dal saggio e struggente utilizzo delle percussioni, che scuotono particolarmente l’animo dell’ascoltatore. Il brano è molto triste (ma musicalmente molto accattivante), forse l’unico veramente triste, di una tristezza senza rimedio.  La mente dell’uomo corre alla ricerca dei propri affetti, per non restare veramente solo. C’è qui quasi un tentativo nel voler fermare il tempo, quel tempo che il poeta paragona all’acqua del fiume che bagna la mano lasciandola sempre ed inesorabilmente vuota. E’ la poesia della solitudine sottolineata da una musica molto dolce e semplice, realizzata con pochi strumenti: flauto, chitarra, mandolino, percussioni e archi.  
«’A pirrameate» (la bastonata) è invece un grido contro tutti, perché l’uomo non accetta la sconfitta. Presenta un’introduzione musicale abbastanza esotica, orientale, che crea la giusta atmosfera al racconto del dispiacere che si prova tutte le volte che l’uomo assapora la sconfitta. Tra i brani più avvincenti fa bella mostra  «’A ‘nna fimmina», dall’atmosfera medievale. E’ da considerare un piccolo capolavoro, sia per l’inventiva musicale, sia per la gradevole orchestrazione. Al bel testo si contrappone un motivetto da cantastorie accompagnato da strumenti «colti» tra i quali il trombino, il flauto a becco, fagotto e spinetta, armonizzato con quel buon gusto che permette questi inusuali accostamenti, tra l’antico e il moderno, tra il sacro ed il profano, tra il colto ed il popolare.
«’A spiranza» (la speranza) ha invece un’ambientazione blues che mette in risalto il bel testo poetico di Alario. Il testo ha infatti, per la profondità dei concetti espressi, una grande autonomia poetica.  
Quando nel CD capita di ascoltare un brano musicale introdotto dal caldo suono del pianoforte recitante è segno che qualcosa d’importante sta per accadere. È il caso di «’U mmitu» (l’invito). È un brano tra quelli più affascinanti, tanto che emblematicamente fa da colonna sonora alla poetica di Leonardo Alario. È questa la seconda canzone che presenta il nome di una donna, Maria, alla quale Cavallaro-Fosco di Bartuli rivolge con grande voce l’invito: «Avvicinati, fammi bere il tuo respiro, fammi vivere attraverso il tuo respiro», ma la traduzione in lingua italiana non rende tutta l’atmosfera presente sia nel testo originale sia nell’ambientazione musicale.
L’«Amuri jier’e ggoj» (l’amore ieri e oggi), di difficile e ricercata esecuzione, è una rivisitazione della poetica musicale di Astor Piazzola, trattato con una dolcezza musicale inusuale, ascoltare per credere. 
Il brano che dà il titolo all’intero CD «‘U Pinzieru» è il decimo. Inizia con un ritmo sudamericano, sottolineato dal caldo suono di bandoneon. In questo brano sono presenti varie contaminazioni etniche: musica americana inserita in un tessuto culturale calabrese che ben si sposa con la mediterraneità di un echeggiare nostalgico di musica greca. Il brano riflette l’esperienza formativa di Cavallaro musicista, che per oltre tre anni, tutte le sere in Svizzera, con un gruppo musicale greco, ha eseguito, digerito e assorbito musica di tradizione ellenica. 
Infine l’ultimo brano «Fin’adu lustru d’u juornu» (fino alla luce del giorno). E’ il racconto musicale dello splendore dell’alba, (e… che musica!). Il poeta invita la sua donna a vivere con lui le ore della notte, solo per ammirare negli occhi innocenti di lei il cielo e la luna splendente, e restare così «fino al sorgere della luce del giorno», fino quando non si alzi in cielo lo splendore dell’aurora. Il brano poetico di Alario è quasi una visione onirica, un sogno narrato con il canto. La musica dà al testo poetico tutto il risalto che merita. L’accorta orchestrazione di Mario Spinelli fa tutto il resto: il suono dolcissimo del pianoforte accompagna la voce di Fosco di Bartuli in un infinito dolce duetto, interrotto da un piccolo interludio orchestrale nel quale l’oboe e l’intera sezione degli archi allargano l’orizzonte, quasi un miraggio… Alla fine il pianoforte ritorna ad accompagnare la voce che narra, assumendo il ruolo del confidente, dell’amico del cuore al quale confidare gioie e dolori, speranze e paure, passato e futuro.
Il pianoforte confidente assume la funzione di un poeta musicista che sa mettere insieme alti concetti utilizzando la musicalità delle parole, come mezzi per far «suonare gli affetti».  La ricerca timbrica operata da Mario Spinelli che, nei momenti magici, utilizza il pianoforte per amico, per confidente, è simile alla ricerca della musicalità poetica di Alario. Leonardo Alario non è un paroliere, come si è abituati a pensare, cioè colui che confeziona testi prodotti per essere poi musicati. Alario è un vero poeta che ha composto i suoi pensieri in versi, rivisitati musicalmente da Antonio Cavallaro, molti anni fa, e quando, nel 1974 prima e nel 1993 poi, elaborò i suoi lavori certamente non immaginava che un giorno questi sarebbero stati musicati. Ciononostante si sono rilevati di gran duttilità musicale, poiché la poesia d’Alario era già musica.  Nel lavoro di Cavallaro si avverte sempre la freschezza dell’inventiva musicale ispirata dal testo poetico calabrese d’Alario, che non risulta mai difficile da capire, anzi a volte facilita il compito dell’ascoltatore che coglie meglio i sentimenti, più che le parole.
Quando la musica di una canzone è bella, anche se il brano è in lingua inglese o comunque in lingua diversa dalla propria, arriva sempre all’ascoltatore, prescindendo quindi dalla comprensione delle singole parole, perché la musica «rende» l’atmosfera poetica del testo e non quella delle singole parole.
In definitiva quando la musica è bella riesce ad arrivare dove le parole da sole non arriveranno mai…nel profondo dell’anima. E, con la saggezza di Alario, con l’esperienza musicale e il buon gusto orchestrale di Mario Spinelli, Antonio Cavallaro è andato oltre...

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