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Vangelo di domenica 19 Febbraio PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
venerdì, 17 febbraio 2012 07:58
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 2,1-12.  Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola. Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov'egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati». Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?».  Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati,  ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua». Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

VII domenica del Tempo Ordinario - 19 febbraio 2012 

INTRODUZIONE 

La Liturgia di questa domenica, la settima del tempo ordinario, è canto del perdono e della liberazione dal male fisico e morale, perdono conquistato a “caro prezzo” ; è celebrazione del compimento della misericordia di Dio. Nella prima lettura infatti il profeta Isaia annuncia il perdono di Dio al popolo d’Israele che prosegue il suo cammino con animo di lieta fiduciosa attesa nel suo compimento. Nella pagina del vangelo di Marco la letizia erompe in grida di gioia e stupore, perché la strada della fede nel Signore che fa nuove tutte le cose e cancella tutti i misfatti, non è più la strada dell’attesa e della speranza, ma quella della presenza salvifica e della certezza di un amore che si piega sulle piaghe di un politico per restituirgli, con parole di perdono, la gioia di una dignità ritrovata, di una figliolanza vissuta nell’amore. Ma questo è un perdono, come dice il Nuovo Testamento, avuto a “caro prezzo”, perciò è da vivere con impegno e riconoscenza. Impegno e riconoscenza si riassumono in una parola brevissima come un soffio, “sì”. Il “sì” totale dell’adesione testimoniata dallo stupore della fede, dall’ardore della carità e dalla sincerità dell’esistenza. E se anche a questo “sì” totale non riuscissimo ad essere sempre fedeli, giacché dobbiamo fare i conti con i nostri limiti, non ci scoraggi la ricaduta nel peccato, non ci angosci l’esserci allontanati per un momento dall’amore di Dio, perché sappiamo di essere sempre perdonati, purché disposti a lasciare il cuore aperto al cambiamento. Infatti la nostra gioia di essere “peccatori” bisognosi di perdono sta nella certezza che seppure i nostri peccati fossero neri come la notte, la misericordia divina sarebbe più forte della nostra miseria, ma una cosa serve: che noi peccatori lasciamo socchiusa la porta del nostro cuore. Il resto certamente lo farà Dio. (F. Kowalska). 

AL DI LÁ DI OGNI DONO:  IL PERDONO DI DIO

Tutta la folla, stretta attorno a Gesù, e lo stesso paralitico si aspettavano l’azione della guarigione fisica, e invece sentono pronunciare queste parole: Figliolo, sono rimessi i tuoi peccati. Stupore per la gente semplice, bestemmiaper gli scribi. Due reazioni di fronte alle quali Gesù risponde semplicemente compiendo il miracolo della guarigione. Del resto sa bene che il cuore dell’uomo è più disponibile verso ciò che è concreto, fattuale; mentre opponeresistenza a parole che lo obbligano a sconvolgere, mettere in discussione idee eschemi fissi, spesso sbagliati. La realtà più sconcertante delle parole pronunciate da Gesù, dinnanzi alle quali “le cose di prima” impallidiscono, è il fatto dell’emergere prepotente dell’amore indomabile ed infinito di Dio, per cui il perdono ha il primato su tutti gli altri doni. Gesù pronunciando quelle parole sovverte l’idea che di Dio hanno i pii israeliti e rivela il volto di un Padre “la cui collera dura un istante e la cui bontà per tutta la vita”. (Sal 30,6). Egli non è più il Dio della vendetta, ma del perdono; non è il Dio giustiziere, ma il Dio della misericordia; non è il Dio che si “lega al dito” le nostre malefatte, ma cancella dalla memoria il nostro peccato. Non è il Dio che ci cura con i cerotti, ma ci rifà nuovi. Non è il Dio che ricorda, ma il Dio che dimentica. Non è il Dio che ci rinfaccia il passato, ma ci fa rinascere di nuovo coprendoci del suo profumo. Stupore per la folla, bestemmia per gli scribi. Lo stupore nasce dallacertezza che qualcosa è cambiato, che la fede riposta in quell’ Uomo può davvero guarire; la bestemmia è la presunzione di conoscere tanto bene Dio dasapere il tempo in cui Egli si svelerà. Ma Cristo, il grande Inatteso della storia,spezza le catene del legalismo e va alla ricerca dell’uomo, di ogni uomo, per“rifarlo nuovo”. Nuovo nel suo rapporto con Dio, non più poggiato sul rispetto ossequioso della legge, ma sull’abbandono fiducioso e amorevole nelle mani potenti di un Dio che usa solo infinita misericordia per la sua creatura. Nelle mani di un Dio che non promette solo la salvezza, ma la valorizza compiendo un grande mistero di redenzione: l’offerta sacrificale dell’amato Figlio Unigenito per riscattare dal peccato e dalla morte i figli altrettanto amati. Gesù è presenza reale e operante “sulla terra” della potenza rigeneratrice di Dio. In Lui l’annuncio positivo della liberazione e del perdono, proclamato dai profeti, si è attuato; in Lui la limpidità della testimonianza dell’Amore che perdona è rimasta intatta fino al martirio; in Lui l’adesione alla volontà del Padre è stata totale e senza incrinature. Cristo è la via attraverso la quale ogni uomo, riconoscendosi bisognoso del perdono di Dio, ha la certezza di giungere fra le braccia amorevoli di un Padre sempre disposto al perdono. La risposta dell’uomo al perdono di Dio è il “sì” quotidiano alla sua volontà. Perché solo l’adesione al Suo amore può veramente risanare le profonde ferite che il peccato ha prodotto nel nostro cuore e che compromettono alla radice “la riuscita” della nostra esistenza.  I

SEGNI DEL PERDONO

L’eco delle parole di Cristo, ti sono rimessi i tuoi peccati, risuonano nell’oggi della Chiesa con il sacramento della Penitenza, che a ragione i Padri chiamavano secondo battesimo. Esso infatti è un ulteriore dono di Cristo: unaseconda sempre aperta opportunità di riconciliazione con Dio dopo il peccato.Attraverso le mani del sacerdote, scelto e incaricato da Cristo a rivestirci dell’infinita misericordia del Padre, avviene uno scambio meraviglioso: a Diogiunge il nostro desiderio di perdono da Dio ci viene il perdono. Molti forse dubiteranno di questo dono, dicendo che solo Dio può rimettere i peccati, ma cisarà sempre un paralitico che ci ascolterà e la sua gioia per il perdono ricevutosarà una testimonianza d’amore capace di stupire anche i più increduli. Del resto chissà quanta meraviglia potrebbe suscitare un cristiano capace di accettare il rischio quotidiano di vivere da penitente, amato e perdonato dal Padre. Provate ad immaginare l’incanto, che per alcuni potrebbe essere invecemotivo di disturbo, nel vedere: esercitare la compassione e la pazienza; rispondere all’indifferenza con gesti concreti d’amore; sorridere o tacere invecedi cedere alla tentazione di restituire una mancanza; accogliere e accettare consollecitudine gli altri quando è facile il gesto cattivo, lo sgarbo, la sciatteria; protestare e denunciare l’ingiustizia quando è comodo tacere e disinteressarsi;amare e farsi prossimo di chi ci è ostile o semplicemente riteniamo insopportabili; dimenticare le proprie pene e i propri dispiaceri per ridere conchi è felice o ha bisogno di sorridere. Questa è la vera penitenza della vita che esprime ed avvale la nostra conversione a Dio. 

CONCLUSIONIE

per finire una storia. Credo che possa aiutare a comprendere meglio a quali grandi attese e speranze ci apre il desiderio di perdono.Un giovane era seduto da solo nell’autobus; teneva lo sguardo fisso fuori del finestrino. Aveva poco più di vent’anni ed era di bell’aspetto, con un viso dai lineamenti delicati. Una donna si sedette accanto a lui. Dopo aver scambiato qualche chiacchiera a proposito del tempo, il giovane disse, inaspettatamente:sono stato in prigione per due anni. Sono uscito questa mattina e sto tornando a casa. Iniziò a raccontare ogni cosa alla donna: della sua famiglia povera, ma onesta, di come la sua vita criminale avesse recato un profondo dolore ai genitori. In quei due anni non aveva mai rivisto i suoi, perché il carcere era lontano dalla sua casa  e i genitori troppo poveri per poter affrontare un viaggio. Aveva scritto loro per un po’, ma non avendo ricevuto risposte, poiché i suoi non sapevano scrivere, aveva smesso anche di scrivere. Finché tre settimane prima di essere messo in libertà, aveva fatto un ultimo tentativo di mettersi in contatto con il padre e la madre: aveva chiesto loro scusa, invocandone il perdono. Nella sua lettera aveva scritto inoltre che avrebbe compreso le loro ragioni se non fossero riusciti a perdonarlo. Tuttavia, per capire se fosse stato perdonato aveva chiesto loro un segnale: appendere un nastro bianco all’albero vicino casa se lo avevano perdonato e lo volevano accogliere in casa. Se dall’autobus, passando per il suo paese, non avrebbe visto il nastro, allora avrebbe continuato il suo viaggio, senza far ritorna a casa. Mentre si avvicinavano alla strada dove si trovava la sua casa, il giovane iniziò ad agitarsi, allora la donna le disse: Cambia posto con me. Guarderò io fuori dal finestrino. L’autobus continuò ancora per qualche istante, quando la donna vide l’albero. Toccò con gentilezza la spalla del giovane e, trattenendo le lacrime, mormorò: Guarda! Guarda! Hanno coperto tutto l’albero di nastri bianchi. Siamo più simili a uomini quando giudichiamo; ma più simili a Dio quando perdoniamo.  

Serena Domenica

+ Vincenzo Bertolone

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