Skip to content

Sibari

Narrow screen resolution Wide screen resolution Increase font size Decrease font size Default font size    Default color brown color green color red color blue color
Advertisement
Vi Trovate: Home arrow Spirito e Fede arrow Vangelo di domenica 6 Novembre
Skip to content
Vangelo di domenica 6 Novembre PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 05 novembre 2011 20:01
Image
Miniatura dal Codex Purpureus Rossanensis
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 25,1-13.  Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo.Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

 XXXII Domenica del tempo ordinario

6 Novembre 2011

L’attesa degli innamorati

Introduzione

                Mancano poche domeniche alla fine dell’anno liturgico e la parola di Dio in questa XXXII domenica del tempo ordinario ci invita a rivolgere lo sguardo della fede oltre il nostro orizzonte finito, ci ricorda di levare lo sguardo verso il cielo il tempo necessario a ricordarci che il Regno al quale apparteniamo non è confondibile con nessuno dei poteri presenti sulla terra. Ma le porte di questo Regno restano spalancate e alimentiamo in noi quel desiderio e quella sete di infinito che ci fa essere ciò che siamo: uomini innamorati. Uomini cioè che vivono per Qualcuno, sempre pronti all’Incontro della vita.

                Per ridestare in noi questo desiderio e questa sete dell’Oltre, Dio utilizza una parabola: parla per immagini di straordinaria bellezza. Dieci fanciulle nella notte, ciascuna con una fiammella accesa, ciascuna con una propria misura d’olio, atmosfere chiaroscurali, movenze trepide per l’approssimarsi dello Sposo.

                Ma c’è un’altra bellezza da contemplare, non più con lo sguardo dell’immaginazione, ma con l’intuizione del cuore: è la bellezza dei significati nascosti o semplicemente allusi, delle promesse evocate lungo l’arco del racconto.

                Gli occhi possono godere per la poesia delle immagini, ma più ancora, a rallegrarsi è il cuore perché avverte che la scena si dischiude sulla celebrazione di un Incontro sospirato, della gioia dell’attesa e finalmente conseguita, della veglia operosa e premiata, del canto di un innamorato fedele che nonostante la lunga attesa alla fine godrà della presenza e dell’intimità dello Sposo.

Lampada e olio

                Mai come in questa domenica, di fronte a questa pagina di Vangelo all’incanto delle immagini si accompagna la profondità dei contenuti. Allora la parola di commento viene in aiuto per far affiorare dal simbolo tutta la bellezza della verità che sottende.

Così dietro all’immagine dello Sposo tanto atteso si svela il volto di  Cristo. Per Lui l’anima vive intensamente il suo sentimento di attesa: presa a riconoscere ed accogliere quell’ unico incontro che la cambierà dal profondo.

                L’anima sa che verrà lo Sposo e ogni cosa in lei e intorno a lei si illumina di questo pensiero: le orecchie sono alla porta e gli occhi alla finestra; tutti i discorsi parlano di “Lui” e si attende che si levi, da un momento all’altro, il grido, “Ecco lo sposo, uscitegli incontro”; mentre prudentemente si prepara l’olio dell’amore per alimentare la fede della lampada che saprà illuminare in lontananza il Volto tanto atteso.

                L’attesa operosa, quella che evangelicamente si traduce nella dimensione della veglia, è l’espressione dell’amore per lo Sposo. Attendere, infatti, è una parola che ha la stessa radice di attenzione: significa tendere a, vivere con l’anima protesa verso lo Sposo. Visivamente questa attesa è la luce di una lampada la cui fiammella resiste nel buio della notte. Una luce che rischiara e prepara all’incontro, anzi, lo rende possibile, perché passo dopo passo squarcia le tenebre e fa intravedere il volto di Colui che si aspetta con trepidazione. La luce di quella lampada, allora, presagisce la gioia dell’incontro, diventando essa stessa simbolo di benedizione e felicità, di armonia e di amore, di vita e di operosità.

                Ad alimentare la luce della lampada, c’è l’olio. L’olio di cui parla la parabola è la misura dell’amore. Un amore previdente, sapiente, capace di attraversare le situazioni difficili, pronto a ridestare le energie ormai sopite. Per questo l’olio è un carburante importante per alimentare la fiammella della lampada: senza di esso ci sarebbe l’oscurità, il freddo e la paura. Senza olio saremmo lampade spente nella notte che mancano all’incontro con lo Sposo tanto atteso.

                E se caso mai ci accorgessimo di esserne sforniti, non potremmo neppure chiederne in prestito: l’olio di questa lampada è un possesso personale. Nessuno, in altre parole può prestarci l’amore che non abbiamo. L’amore, infatti, è profumo che si espande da noi: come noi non possiamo sostituirci a nessuno nell’amare, così non c’è nessuno che possa sostituire noi nell’amare.

                Ancora più importante è infine capire che l’amore, come l’olio, deve consumarci in pura luce tanto da trasformare noi stessi in presenze luminose nella notte del mondo.

Noi credenti: vergini sagge

                In questo gioco di immagini e di simboli siamo coinvolti anche noi. Anzi noi siamo le cinque vergini sagge e le cinque stolte; ma siamo anche le lampade accese nella notte e, insieme, l’olio che ne alimenta le fiamme.

Così pensiamo alla nostra vita come tempo di attesa e chiediamoci se anche noi, per parte nostra, ci prepariamo saggiamente all’incontro decisivo a cui è destinata: la nostra è attesa vigilante e operosa? È scelta delle cose essenziali , oppure stoltamente si preoccupa solo dell’effimero? È fame di valori spirituali e morali, o piuttosto volontario sprovveduto tentativo di estromettere dal nostro orizzonte esistenziale Dio? È impegno vissuto nella ricerca incessante di Dio e della carità, o incauta sopravvivenza trascorsa a lasciarsi trascinare indolente e inoperosi dalle correnti delle mode e dei potenti di turno? Da come vivremo il nostro tempo, dipenderà la qualità della nostra preparazione all’incontro dell’Atteso.

                Come le vergini sagge, poi, anche noi possiamo identificarci con le nostre lampade: ciascuno di noi può diventare persona-lampada, luminosa e illuminante, desiderosa d’incontro. La nostra vita di credenti, infatti, o è presenza luminosa o non è nulla, o porta luce e illumina qualcuno o non esiste; o arde e si consuma ad ogni passo per conoscere lo Sposo o lo Sposo non la riconoscerà.

Viene in mente, a questo proposito, l’ammonimento che la Chiesa rivolge nella preghiera della sera: “Siate come lampade ardenti nel buio della notte finché torni la luce del giorno e la stella del mattino si levi…”. C’è sempre troppa tenebra nel mondo che invade perfino le menti, il cuore, la coscienza, il senso che si vorrebbe dare alla vita. A volte si è tentati di maledire la notte come se questo fosse l’unico modo per superarla.

Gesù invece ci esorta diversamente: “Accendete le vostre lampade e diventate presenze luminose in questo mondo oscuro. Tu illumini il volto dell’altro e l’altro illumina il tuo volto e insieme camminate nella luce incontro alla luce”.

                Ma per esprimere la luce – non dimentichiamolo – bisogna consumarsi: dobbiamo cioè diventare anche l’olio che alimenta la fiamma nella notte. Bisogna in altri termini consumarsi per le cose che valgono, le cose belle, alte, pure, autentiche che danno già il presentimento del Regno, che espandono il suo profumo delizioso ed effondono la sua luce intensa quando ancora non si sente e non si vede. Bisogna consumare tempo, pensieri, immaginazioni e soprattutto molto amore portando nel cuore come l’eco di un grido che viene dal futuro: “Ecco lo sposo: andategli incontro”.

Conclusioni

                La tradizione giudaica identificava nell’olio le opere giuste che fanno sfavillare la lampada della fede. Oggi abbiamo davvero bisogno e dell’olio e della luce della lampada per sconfiggere le tenebre di quanti hanno creduto che una vita e una società costruita sulla non attesa di essere visitati da Dio, sarebbe stata una vita e una società migliori.

Invece, il presente ci dimostra che vivere l’immanenza uccide la speranza e svuota la fiducia che qualcosa di più bello avverrà, che Qualcuno di più grande verrà a salvarci per amore. Vivere senza attesa è vivere senz’amore, senza desiderio alcuno.

                Scriveva F. Mauriac: “ Quanto paurosa è la notte della vita non squarciata dal bagliore di una lampada! È necessario avere con sé la riserva dell’olio perché le nostre lampade risplendano. È necessario avere dentro di sé molto amore per riscaldare le nostre notti fredde”.  

Serena domenica

                                                                                                              + Vincenzo Bertolone

< Precedente   Prossimo >