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Storia della Diocesi di Cassano (4) PDF Stampa E-mail
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martedì, 05 luglio 2011 21:42
Image Finalmente sono riuscito a trovare il tempo necessario per portare a termine la preparazione della quarta e ultima parte della Storia della Diocesi di Cassano fino al 1848 circa, scritta dal can. Minervini. In questa puntata sono particolarmente interessanti le notizie sull’arrivo degli albanesi nella nostra diocesi, e sui privilegi che ottennero dalla S.Sede per poter pacificamente insediarsi nelle contrade e nei paesi loro assegnati. Non furono sempre rose e fiori, alcuni religiosi ha tentato per decenni di portare questa gente sfuggita alle persecuzioni al rito latino, senza riuscirci. Apprendiamo che ci fu un vescovo che strenuamente lottò per trasferire il Seminario a Mormanno e che la causa che ne seguì fu in parte sostenuta finanziariamente dal duca Serra di Cassano, alla fine si riuscì a mantenere la strttura nella sede vescovile dove fu trasferita poi nell’attuale edificio, ex-convento dei domenicani. Una storia ancora una volta affascinante. Ci scusiamo con i nostri visitatori che da tempo aspettavano la conclusione. Ma non finisce qui, perché proveremo a pubblicare anche la storia della diocesi dal 1848 fino ai giorni nostri, la documentazione non manca, abbiamo bisogno di trovare il tempo e i collaboratori giusti. (nell'immagine la cattedrale nel 1938, cliccare quì per vederla ingrandita)

Ora a dir qualcosa delle glorie sacre di nostra diocesi, non crediamo fermarci di molto sulla sede principale, cioè Cassano, non essendo soggetto da restringersi su queste pagine. Essa può specialmente vantare di aver dato delle mitre a diverse chiese, ed anche alla propria, come si furono Soffrido nel 1195, Ugo nel 1197; Pietro della famiglia Siena, che diede il nome ad una delle principali strade del paese, e che governò dal 1392 al 1399, nel quale anno fu poi trasferito nella chiesa di Marsico. Il Barrio ed il Quattromani vi numerano ancora il celebre Sasso, di che però noi dubitiamo, ma asseverantemente scrivono, che i cennati furono Cassanesi, e noi lo ricaviamo pure da antiche memorie dell'archivio capitolare ove si dice che fino al tempo di Clemente IV la facoltà di eleggere il vescovo si godeva dai canonici e dal popolo, come apparisce pure da una lettera di Innocenzo III. al vescovo, al clero, al popolo ed ai soldati di Cassano, ove si menziona tal diritto, lettera citata dall' Ughelli. inoltre la vicina S. Marco si ebbe pure da Cassano un Giovanni per vescovo nel 1349, ed attualmente è in Reggio a metropolita di Calabria l'arcivescovo Piero di Benedetto, già arcidiacono di questa cattedrale.

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Cassano nel 1912
Fra gli altri luoghi poi della diocesi è sommamente, memorarsi Castrovillari, patria de' BB. Samuele Jannitelli, Angiolo Tancredi, e Donnolo Rinaldi francescani, tre di que'sette calabri , che portatisi a predicare il Vangelo in Ceutaa nell' Africa, vi ricevettero il martirio nel 1227 ; di Giovanni Papasidero,vescovo di Cassano nel 1348; di Giovanni Campanella,vescovo di Minervino nel 1475, e del celebre Carlo Pellegrino,vescovo di Avellino nel 1665. Senza parlar di altri, si potrà leggere all' uopo la memoria scritta dal signor L'Occaso nel 1844, su la storia di Castrovillari.

È inoltre nella diocesiMorano, che conta in se tre chiese parrocchiali collegiate,con numero competente di canonici. Di esse la chiesa sotto il titolo di S. Maria Maddalena fu eretta a collegiata il dì 3 febb. del 1734 con bolla di Clemente XII, e nello stesso anno furono dello stesso onore decorate le altre due di S. Pietro e S. Nicola. Ora fin dal 1533 erasi incominciato ad attivare una lite fra la chiesa di S.Pietro e della Maddalena in ordine alla preeminenza: lite, che con ingenti spese sostenuta per due secoli circa in Roma, in Napoli e nella diocesi, fu finalmente troncata da Benedetto XIV,il quale con bolla de'6 aprile 1753 confermando ed a pprovando il decreto della sacra congregazione dei cardinali de' 5 giugno 1734, in cui erasi detto costare “de matricitate seu proeminetia Eccl. Sancta Mariae Magdalenae ejusdem terrae” impose perpetuo silenzio alle parti contendenti ; e d'allora ognuna delle due restò libera ed indipendente fra i limiti della propria parrocchia. Ci piace però far noto che nell'antica platea del nostro capitolo del 1490, parlandosi nella pag. 162 delle tre chiese di Morano si mette prima quella di S. Nicola, ov'era la dignità di arciprete, che ora dicesi primicerio; poi quella di S. Pietro con la dignità di cappellano curato, oggi detto arciprete; ed in ultimo quella della Maddalena, il cui curato, oggi preposto, era pure col titolo di cappellano. Ed altrettanto nell' altra platea del 1510; anzi con quei titoli si trovano i tre detti curati di aver sottoscritto il sinodo diocesano del 1565. Morano dava ultimamente, cioè nel 1837, un vescovo ad Anglona e Tursi in D. Antonio Cinque, uomo di esimia probità, e fornito di vere ecclesiastiche dottrine. A non trasandar poi gli altri luoghi anche distinti di nostra diocesi ricoderemo i seguenti: — Mormanno.che vanta un D. Giuseppe Rossi vescovo di Venafro nel 1749; don Paolino Pace, che dopo aver funzionato per molti anni da vicario generale del vescovo di Osimo e da vicario apostolico in Nicastro, fu poi vescovo di Vico-Equense verso il 1770; D. Pietro Grisolia nel 1797 arcivescovo di S. Severina ; e dal 1824 sta saggiamente governando la gran diocesi di Mileto monsignor F. Vincenzo Maria Armentano dell' ordine dei predicatori. Il clero di questo luogo è stato sempre colto e numeroso, mentre negli andati tempi contava sino a 440 sacerdoti, ed a tacere di altri, merita fra questi particolar menzione D. Nicola Sala, che dopo essersi distinto per vari anni in Roma, assistè ed intervenne per le parti della legge nel conclave per la elezione al pontificato di Clemente XIV nel 1769 — Scalea, città antichissima paese, e che governò dal 1392 al 1399, nel quale anno' sima , patria di Giovanni Giacomo Palemonio vescovo di Martirano, di Pietro vescovo di Nicastro nel 1320 , e del celeberrimo Gregorio Caroprese medico e filosofo — Papasidero patria di Giuseppe Battaglia vescovo di Monte Marano nel 1657 — Laino patria di Giacinto Maradei,vescovo di Policastro nel 1696 — Saracena patria di Orazio Capalbo, vicario apostolico in Nicastro, e poi vescovo di Bisignano,di Gasparo d' Aleparto, penitenziere maggiore di papi Paolo III, di Niccola di Caprio, arcidiacono di Nocera e poi vescovo di Giovinazzo. Ma usciremmo di troppo dai limiti di un breve cenno istorico se più dir volessimo di tal subbietto. Ci piace qui in ultimo anche per poco discorrere della giurisdizione baronale che in altri tempi godevesi della mensa episcopale.

Diremo dunque che il vescovo di Cassano avea per se il dominio utile con la giurisdizione civile di vero vassallaggio su le terre di Mormanno, Trebisaccia, e S. Basilio,delle quali si intitolava barone. Ora la prima di queste gli fu data da Ugone di Clarmonte, celebre Normanno in tempo che era a duce della Calabria,e quando reggeva la nostra Chiesa monsignor Sassone. In fine della platea del 1569 trovasi copia dell'istromento di donazione, cìtato pure nelle altre antecedenti platee, e rogato a 3 dicembre 1101, indizione IX. Vi si legge sottoscritto il donante Ugone e Ruggiero duca di Calabria con sette altri signori e testimoni. Incomincia in questo modo: In nomine Domini. Amen. Ego Hugo de Claromonte dedi et obtuli episcupatui S. Mariae Cassani et  Sassoni episcopo suisq. successoribus in perpetuum de terra nostra de Laina pro redemptione animarum Rogerii ducis, et uxoris suae,  et pro remissione mea , et conjugis meae? Wicarmae. patris et matris, fratrum et sororum ac omnium parentum meorum etc. Mirimandam cum pertinentiis suis ecc.  La donazione poi di Trebisaccia fu fatta da Alessandro di Clarmonte fratello ed erede di esso Ugone, e l'istromento in copia si ha nella stessa platea, rogata 12 agosto del 1116, indizione IX, ai tempi del vescovo Vitale. Oltre di Alessandro vi sono segnati altri 15 baroni. Ora entrambe queste donazioni furono confermate da Ruggiero, che fu poscia primo re di Sicilia. Nel 1119 a richiesta di Urso eletto vescovo di Cassano, che portossi all'oggetto in Messina. In questo stesso istromento di conferma trovasi fatta menzione di altre particolari largizioni fatte anche alla Chiesa di Cassano dal Guiscardo, e dal gran conte Ruggiero , e fra le altre cose de'preti Cassanesi coi loro figli ed eredi, di che è detto sopra, e di vari villani fin anco nel territorio di Rossano , che si assegnavano come a vassalli. Intanto per non dipartirci molto dal subbietto, notiamo che la giurisdizione che il nostro vescovo ebbe su le prefate due terre. andò soggetta a molte vicende, che trovatisi come in compendio descritte in un antica carta stampata per cura di monsignor Francesco Maria Sequeyros nel 1689. Da essa dunque apprendiamo che nel 1274 Carlo I  D'Angiò, nel far prendere registro delle terre di Calabria nei libri della regia camera, riconobbe la giurisdizione, i dritti e tutto altro che il vescovo di Cassano vantava su le terre di Mormanno e Trebisaccia.

Nel 1433,Ludovico d'Angiò si ebbe per cessione dal vescovo di Cassano la giurisdizione criminale, dichiarando che le cause civili reali e personali erano di spettanza del vescovo. Alfonso I e Ferdinando I sotto i loro regni riconfermarono tutto ciò. All'uopo troviamo un'antica pergamena contenente un pubblico istromento rogato da Lattanzio Campolongo di Castrovillari nel 1579 a 5 settembre, VIII indizione, e regnando Filippo II. di Austria, nel quale atto si dichiara esser comparso monsignor Tiberio Carafa vescovo di Cassano, ed aver prodotto un antico privilegio anche in pergamena, riconosciuto autentico ed intero, meno di qualche parte corrosa per la vetustà. Questo diploma poi era una sovrana dichiarazione diretta da Ferdinando I. d' Aragona a suo figlio Alfonso duca di Calabria,e segnata nel castello nuovo di Napoli a 24 settembre, indizione XIV del 1465. In essa s'intorpone la regia autorità per mantenere il vescovo di Cassano nel possesso dei suoi diritti, e della sua civile giurisdizione sopra le terre di Mormanno , e Trebisaccia. Or nel 1726, essendo vacante la sede, l'università di Mormanno rifiutossi di riconoscere gli ufficiali e governatori civili che per dritto vi erano spediti dal vicario capitolare; ma il viceré ch'era allora il cardinale D. Michele Federico D' Althann, con suo dispaccio del 25 maggio 1726, fece sempre più valere le facoltà della Chiesa di Cassano. Nella fine poi del XVIII secolo si agitò strepitosa causa tra la mensa episcopale e la famiglia Tufarelli, che era addivenuta col titolo di barone di Mormanno a possedere la giurisdizione criminale; e la regia camera con sentenza de' 7 feb. 1780 dichiarò : jurisdictionem criminalem et mixtam primarum et secundarum caussarum spectare ad utilem Dominum Don Januarium Tufarellum ; Civilem vero primarum caussarum tantum cum cognitione damnorum sine culpa datorum spedare mensae episcopali dioecesis Cassanen. Cavalcanti locumtenens-de Ferdinando Commissarius .— Ma tutte tali questioni ebbero fine con la legge del 1806, che colpì ogni feudalità. E ciò è quanto può riguardare le due terre di Mormanno e Trebisaccia. Di S.Basile si terrà parola nel numero seguente ; ed a miglior tempo speriamo pure rendere di pubblica ragione tutti gli antichi documenti di sopra citati.

VII. Delle colonie albanesi.

Sono nella diocesi di Cassano otto casali di greci Albanesi , e ci piace discorrere quì come questi venissero fra noi a stabilirsi.

Il Rodotà, nella egregia opera altre volte citata, tom. 3, cap. 3, parlando della venuta degli Albanesi nelle Provincie del nostro regno ci narra, che fin da quando l'Albania venne in potere di Maometto, il quale ne mandò in rovina le città ed i castelli, un prodigioso numero di famiglie, le più nobili pensarono ritirarsi nel reame di Napoli. Richiesero allora dal re Ferdinando I. D'Aragona la grazia di fabbricare vicino al mare terre e città capaci di comprendere tutta la nazione, e vivere così in pace lontani dalle gare e contese coi latini. Il consiglio reale per ragioni di stato non credette secondare tali brame ; ma si ingiunse loro di prescegliere divisamente altri territori; e siccome essi sdegnavano soggettarsi a de'principi secolari, si misero sotto l'immediato dominio della Chiesa nei feudi delle badie e commende; ove stabilite nuove colonie, coltivavano i terreni, e pagavano agli abati il corrispondente canone. Così trovaronsi gli Albanesi ad introdursi nei casali di Acquaformosa, di S. Basilio, e Firmo, come più alla distesa qui innanzi diremo. Arrogi, che pel terribile e spaventoso tremuoto del 1456 essendo rimaste come desolate le Calabrie e la Puglia, gli Albanesi che vi sopragiunsero poco dopo, scelsero per abitazione castelli e villaggi, o meno popolati, o scarsi d'edifici ed atti a ristabilirsi. Ora l'epoca di tale stabilimento fu varia; tra perchè alcuni vi comparvero nel 1461 quando Scander-bergh fu investito dal re Ferdinando del dominio di S. Pietro in Galatina:, altri nel 1467, quando morì quel celebre capitano : altri nel 1470 sotto il pontificato di Paolo Il;ed altri finalmente nel 1478, in cui il gran Sultano restò assoluto padrone dell'Epiro e dell'Albania. Nella nostra diocesi apparvero nella fine del XV secolo, e nel corso del XVI; mentre a questo ci portano gli antichi monumenti, che siano ad esaminare per ciascun luogo in particolare.

E su le prime, di Lungro,denominato in antiche carte Ungarum o Lungrium, sappiamo che nel XII secolo era un rozzo ed inculto-casale nel distretto di Altomonte, cui conciliò qualche nome il monastero basiliano edificatovi da Ogerio e Basilia sua consorte. Questo principe, che discendeva dalla Guasta o Vasta, dei duchi di Spoleto, avea fondato un monastero di cisterciensi nel 1196 in circa, o 1197 come vuole il Manriquez nel tom. 3 degli annali di questo ordine, e come abbiam di sopra mostrato. A dare maggiori segni di pietà ne aprì un altro a' monaci greci in questo casale di Lungro, che dismembrò dal territorio di Altomonte di cui era signore, ed arricchitolo di diverse tenute gli diè pure la giurisdizione civile su gli abitanti. Or mentre questi basiliani insinuavano dell'amore e della stima per le cose del rito greco, gli Albanesi, che andavano cercando siti commodi ove edificare delle abitazioni, stesero le loro tende,e fabbricarono case nelle contrade di Acquaformosa e Lungro, ch'erano immensamente deserte per le guerre, le quali nel 1500 aveano afflitto il reame di Napoli. Avveniva ciò verso il 1502, come ricavava il Rodotà da alcune memorie che ai suoi tempi si leggevano nell'archivio di S. Basilio, e nel 1508 detti Albanesi stipulavano dei capitoli con Paolo della Porta abate commendatario,del monastero di S. Maria di Lungro, concernenti immunità e grazie pel loro particolare governo, e che si leggevano nell'archivio di Lungro. Essi Albanesi erigevansi colà una chiesa parrocchiale per l'esercizio del loro rito sotto il titolo di S.Nicolò. Nel 1678 soffrivano un'acerba persecuzione da Diego Pescara duca di Saracena, barone allora della giurisdizione criminale civile e mista locatagli dal commendatorio del monastero. Quegli voleva ridurli al rito latino, da che pei privilegi del greco i coniugati erano esenti dai dazi e dai tributi; ma essendo gli Albanesi ricorsi in Roma, la S. Inquisizione informata all'uopo dal vescovo di Cassano mons. del Tinto, li 23 novembre 1678 emise un decreto con cui ingiungevasi al Pescara di desistere da ogni molestia verso i greci Albanesi di Lungro sotto pena di scommunica latae sententiae riservata al santo Padre. Lungro fu patria di F.Feliciano cappuccino e di padre Francesco domenicano, che lasciarono opinione di veri servi di Dio, e sono memorati nel martirologio Calabro;di Niccolò de Marchis savio direttore del collegio italo greco col titolo di vescovo di Nemesi nel 1742,di Gabriello de Marchis,vescovo di Sora nel 1718, ed oggi-giorno vanta un altro D.Gabriello de Marchis vescovo di Tiberiopoli.

In Acquaformosa vedevamo stabilirsi gli Albanesi anche nel 1502 con certe condizioni e privilegi, che pattuirono con D. Carlo Cioffo, abbate allora commendatario del monastero dei cistercensi; il quale fondato come si è detto verso il 1197 avea ricevuti vari dritti e preminenze nel 1227 da Federico II. Si era però desta una gran divozione verso tal cenobio, mentre leggiamo che molti vescovi, conti, baroni e signori di ogni condizione contribuirono ad ingrandirne i possedimenti. Principale benefattore ne fu un tal Ugo, che sedeva su la nostra cattedra nel 1198 in poi, e con lui vari altri di Cassano, Castrovillari, Morano, Galatro S.Amato ed Orsomarso. E’ memorato ancora con somma lode un tal Rainaldo del Guasto marito di Agnese  Claromonte, che era conte di S.Marco, come si ha da due suoi diplomi del 1203 e 1243, riportati nell’opera del abate Gregorio de Lauro di Castrovillari. Falsamente l'Ughelli pare voglia presentarlo come vescovo di Cassano; mentre se nell'antica cronaca del monastero è detto Confrater di Ugone, deve di certo ciò intendersi per la comunanza a fraternità nell'aver fatto delle largizioni al monastero predetto.

Firmo era da prima diviso in due casali e congiunti per un arco. Fu edificato in terreno della contea di Altomonte dalla nazione Albanese, come riferisce il Rodotà. Ferdinando 1° D'Aragona lo convertì in signoria del convento dei domenicani di Allornonte, per quanto rilevasi dai registri del 1486 di detto ordine. Ora quei PP. Predicatori pretendendo, che i sacerdoti greci di Firmo non dovessero godere esenzione dai pesi comunitativi, dai quali erano stati liberi per un tempo immemorabile, tentarono di abbattere tutti di costoro i privilegi. I reclami e la causa fu portata nella congregazione delle Immunità in Roma, un di cui decreto del 1° settembre 1681 favorì gli albanesi; e venne poscia confermato da un altro del 1698. Intanto i frati senza rassegnarsi a tali determinazioni misero in campo nuovi artifizi a perseguitarli, accusando i sacerdoti greci d'ignoranza e rozzezza , che ridondava a danno del popolo. Il S. Uffizio chiestane informazione da mons. Nicola Rocca, emise il 15 dicembre 1716 un ordinanza al vescovo di Cassano per invigilare, che non si portasse alcuna innovazione del greco rito osservato fin’allora in Firmo: ed ingiunse al padre generale dei domenicani di attendere, che quegli Albanesi non fossero più molestati dai PP. di Altomonte; mentre ogni altra violenza sarebbe pel prosieguo gravemente punita.

S. Basile fu pria un paese di latini, che viveano sotto la giurisdizione degli abati di S. Basilio Cratirete di Castrovillari, da cui prese il nome, e che era propriamente dell'ordine di S. Benedetto, come si ha dalla platea del 1491. Intanto soppressa questa abazia nel 1468, e non sapremmo per quali ragioni, le rendite furono aggregate alla mensa vescovile di Cassano , cui venne pure conferita la giurisdizione civile su quegli abitanti, che erano tuttora latini: e si rileva ciò dal vol. 6 dell'archivio della regia camera di Napoli. Nel 1509 papa Giulio II. confermò tale unione, e nell'anno seguente è a credersi vi passassero ad abitare gli Albanesi; mentre nell'antica e citata platea del 1510, vengono riferiti i capitoli, che nel di 1 gennaro di detto anno si stipularono fra mons. Marino Tomacelli, qual abate di S. Basilio Craterete, e gli Albanesi, che si fissavano in quel casale. Posteriormente passò questo sotto il dominio dei duchi di Castrovillari, e quindi di altri signori, sostenendovi però sempre dai vescovi di Cassano con liti strepitose la propria giurisdizione. Finalmente nel 1645, il principe di Scalea ne divise la signoria con mons. Palombo, ch'era allora vescovo di Cassano, e così sino al 1790, quando il dominio baronale cominciò a ricevere le prime scosse, che nel 1806 interamente il prostrarono. Anche oggi quegli Albanesi nel terzo giorno di Pentecoste celebrano la festa della B. Vergine sotto il titolo della Misericordia , o Craterete, che era l’aggiunto dell’antica abbazia da cui dipendevano. Non sarà fuor di proposito notare all’uopo che quest'abbazia era greca; mentre in varie carte originali negli archivi delle chiese di Castrovillari parlasi spesso del monastero dei monaci, e degli abati greci della stessa. In tante pergamene dei secoli XIII, XIV, e XV gli abati sottoscrivono sempre in greco, tuttoché cittadini di Castrovillari; e nella platea del 1490 di mons. Tomacelli, dicesi che succeduto questo prelato agli antichi abati, rinvenne in greco la platea dei beni, che da questi possedeansi, e fu poscia tradotta in latino da Paolo Greco, prete di S.Giuliano, peritissimo in ambe le lingue.

Frascineto era prima detto Casal di S. Pietro da un monastero greco sotto tal titolo, che n'era poco discosto: quindi si disse Casalnuovo del duca, perchè sotto la dipendenza de' duchi di Castrovillari;e poi Frascineto o Frassineto dalla contrada e dal fiume così detto nei bassi tempi, che vi scorrea d'appresso: così si legge nella platea di mons. Tomacelli, ed in vari diplomi di quel tempo. Credesi che da principio, ossia dalla prima metà del secolo XVI. fu abitato da Albanesi, e si accrebbe di mollo nel 1552 per la disabitazione di Casale del Monte, ch'era un altro piccolo villaggio.

L'odierno Porcile era anticamente detto Frascineto,dalla contrada di proprietà della mensa ov'era situato. Vuolsi edificato verso la seconda metà del secolo XV; mentre nella platea del 1491 si riportano i capitoli di vassallaggio stipolati in detto anno fra gli Albanesi ed il vescovo di Cassano mons. Tomacelli, che ne avea l'utile dominio, e vi godeva la giurisdizione civile. In seguito passò sotto altri signori, nè sapremmo dirne i motivi. Intanto è dal 1491 che abbiam notizia esservi passati gli Albanesi.

Per gli altri due casali di rito greco, cbe sono Civita e Plataci, non troviamo memoria dell'epoca in cui vi passarono gli Albanesi. Per Civita, ricaviamo dalle più volte menzionate platee, cbe anticamente era detto Castrum S. Salvatoris, e che nelle sue vicinanze fu fondata la chiesa detta dello Spirito S., che tutto giorno si vede, per opera del parroco D. Daniele Mortato, il quale molto si distinse nella direzione di quel popolo dal 1716 al 1747.

Se i limiti di questo scritto ce lo avessero permesso, avremmo quì riportati per esteso i capitoli, che cennavamo essersi stipulati fra la mensa di Cassano e gli Albanesi dei casali di S. Basile e Frascineto, e che bene addimostrano lo spinto baronale che regnava a quei tempi. Ma riserbandoli per altro lavoro, facciamo qui avvertire, che i parrochi e beneficiati greci non essendo stati soggetti alla contribuzione del cattedratico per lungo tempo, si ostinarono a negarlo a mons. Fortunato vescovo di Cassano nel1 1730. Le ragioni di ambe le parti furono esaminate dalla S. Congregazione del Concilio in Roma sotto i seguenti dubbi.

 — 1.° An episcopo Cassanen debeatur calhedraticum per parochos et beneficiatos Italo-Grcecos, seu Albanenses, atque Cleros de communibus gracarum Ecclesiarum massis pariicipantes?

                   2." A quo tempore idem cathedraticum in casu affermativo debeatur?

Sotto il dì 25 gennaio ed 8 febbraio del 1738 la detta S. Congregazione rispose al 1° affermativamente, essendo il cattedratico in onore ed ossequio della cattedra episcopale, cui anche gli italo-greci sono soggetti ; al 2.° doversi pagare dal tempo in cui fosse promulgato l'editto del vescovo, che li avvertisse dal pagamento; ed ebbe così termine la quistione.

 VIII  Dei sinodi diocesani.

Dopoché il Concilio di Trento.nella sess. 24. cap. 2, De Reform. tenuta nel novem. del 1563, richiamò l'antica disciplina pei sinodi diocesani, ordinando tenersi almeno una volta l'anno, tutti i vescovi si diedero la cura di convocarli per la loro diocesi. La nostra fu forse fra le prime a prestarsi a tanto canone; mentre abbiam notizia del primo sinodo tenuto fra noi soli due anni immediatamente dopo la disposizione Tridentina. Qui darem cenno e de' varì sinodi di cui ci riman memoria, e delle materie che in essi trattaronsi secondo i tempi.

Il primo si tenne sotto l'episcopato di mons. Serbellone ; ma fu preseduto da Mario Mattesilano , bolognese e vicario generale di quel prelato. Incomincia con una notificazione dello stesso vicario a tutti i rev. abati, rettori, curati, e cappellani della diocesi, ed è datata dal palazzo vescovile di Cassano li 6 febbraio 1565. Poscia si espongono gli articoli della fede, i due comandamenti della legge di natura, i dieci della legge scritta, i due della legge di grazia, i dieci della legge canonica, i sacramenti, i dodici consigli evangelici, e di seguito leggonsi tutte le materie divise in 97 capitoli. Nel cap.24. si ordina, che quelli i quali scrivevano testamenti, fra otto giorni dalla morte del testatore doveano rivelare alla corte episcopale le particole riguardanti le chiese e le case pie; e gli esecutori testamentari, sotto pena di scommunica fra un anno dalla morte del defunto, doveano curare l'adempimento dei legati, chè in altro caso tale facoltà si devolvea al vescovo. Nel cap.39.° si parla dell'ubbidienza da prestarsi dai parrochi e rettori curati della diocesi nel giovedì santo, e nella natività della Vergine alla chiesa cattedrale, con tutto ciò che all'uopo si è riferito di sopra. Nel cap.55.° sono i casi riservati al vescovo fino al numero di 35. Nel cap. 59° si minaccia la sospensione dall'officio e dal beneficio, e di pagarsi dieci once da quel cherico , che tenesse presso di se una concubina od altra sospetta. Dal cap.85." sino all'88.° si parla dei sortilegi e degli indovini, pei quali si fulmina la scommunica. Sieguono in ultimo le firme degli ecclesiastici intervenuti al sinodo in numero di 50.

Il secondo è un sinodo celebrato da mons.Tiberio Carafa il 4 agosto 1588, ultimo anno dell'episcopato di costui, ond'è a correggersi l'Ughelli e il Maradei,che portano il successore Audoeno Undevico consacrato vescovo di Cassano il 3 febbraio del 1588. Com’esser ciò poteva se il primo nell'agosto di detto anno celebrava un sinodo? Or questo sinodo si trova diviso in 13 titoli; e nel 1°, ove parlasi dell'amministrazione del battesimo,si ordina non usare altre vesti, che cotta e stola, secondo il rituale; e ciò per togliere un abuso introdotto in quei tempi dì vestirsi del piviale nel battesimo dei nobili, dando così motivo di gelosia e di spiacimento ai plebei. Nel tit.10° si proibisce l'esercizio di maestro di scuola a chi non avesse prima fatto la professione di fede innanzi il vescovo ed il vicario.

In una deposizione giurata emessa dai PP. Cappuccini di Cassano nel 28 nov. del 1733, innanzi Pietro di Alessio notaio di Castrovillari, e che è nel processo della causa per mons. Fortunato, di cui si è detto di sopra, fra le altre cose si depone, che nel mese di settembre furono in Cassano tenuti due sinodi preseduti personalmente l'uno da mons. Tiberio Carafa, e l'altro dal cardinal Gaetano. Possiamo ritenere questa notizia non trovandoci ad avere gli atti di tali sinodi; ma crediamo che questo del Carafa, che citasi, dev'essere anteriore all'altro qui da noi riferito, o si errò nella citazione del mese.

Il terzo sinodo è quello che si tenne il 17 novem. 1591, sotto l'episcopato del celeberrimo e famigerato vescovo mons.Audoeneo Undevico di Cambridge in Brettagna, professore di Oxford, vicario generale di S. Carlo Borromeo in Milano, segretario di Gregorio XIII e Sisto V nella congregazione dei vescovi e regolari, che fuggì dall'Inghilterra per lo scisma,e morì poscia fra immensi onori in Roma il 14 ottobre del 1595. Presedette a questo sinodo Bartolomeo Conte, dottore di ambe le leggi, protonotario apostolico, vicario e luogotenente generale dell'Undevico in Cassano. In esso dopo un'allocuzione del vescovo letta ai membri del sinodo, si trattarono le materie in 55 titoli. Nel 10° si vietava il ricevere cosa alcuna nell'amministrazione de' sacramenti. Nel 19° si inibiva suonar le campane contro i fuorosciti, o nei tumulti popolari. Nel 24° si disponeva impedire che i defunti fossero accompagnati in chiesa dai parenti, e ciò per non arrecarsi disturbi ai divini uffici. Nel 49° parlandosi degli Albanesi in conformità della bolla di Pio IV, che comincia Romanus Pontifex, e sotto le pene dell'altra di Sisto V si inibisce loro di farsi ordinare da vescovi greci senza le lettere testimoniali del vescovo di Cassano. Si ordina inoltre ai curati di predicare ai loro filiani secondo la bolla di Eugenio IV la processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, ed il tesoro delle sante indulgenze; l'astinenza dalla carne nel venerdì, ed anche nel sabato trovandosi fra i latini; l'osservanza delle feste ordinate dalla Chiesa romana, specialmente essendo in paesi latini. Son dette altre cose, le quali per brevità trasandiamo.

Il quarto sinodo fu tenuto da mons. Palumbo ne 1623. È diviso in quattro parti,e ciascuna in diversi titoli. Nel 5° della prima parte si parla del corpo di S. Biagio precipuo patrono della diocesi esistente in un'arca di pietra nella chiesa di Maratea Superiore,e si ordina custodirsi gelosamente secondo gli statuti di Santa Visita. Nel tit. 6° si dà la tabella delle feste che allora si osservavano nella nostra diocesi. Nel tit. 18° della 2.a parte si replica per gli Albanesi ciò che era stato prescritto da mons. Undevico.

Il quinto sinodo è il primo dei due celebrati da mons. Gregorio Carafa, generale dei Teatini e vescovo di Cassano. Si tenne nei dì 16 e 17 aprile del 1651 nella chiesa cattedrale, ed è diviso in 32 titoli. Nel 21° parlandosi degli Albanesi s'ingiunge ai loro parrochi di osservare, circa i matrimoni , i decreti del Tridentino e gli statuti particolari della diocesi; di rinnovare ogni otto giorni, ed al più ogni quindici la SS. Eucaristia, che si serba per gl’infermi, e di non amministrarla ai latini che venissero alle loro chiese anche per divozione , o per voto; similmente non ascoltare le confessioni dei latini, se non in caso di necessità; e che ciascuno dei conjugi segua il suo rito, ed il greco piuttosto si adatti al latino, ma non viceversa.

Il sesto sinodo è il secondo celebrato sotto lo stesso mons. Carafa, anche in Cassano il dì 8 dicembre del 1657, ed è ripartito in 22 titoli. Vi si aggiungono poche altre cose dal primo.

Il settimo fu tenuto li 8 novembre del 1682, in Mormanno, da mons. Giov. Ballista del Tinto. In esso precede l'editto della convocazione, e quindi un'allocuzione esortatoria al clero. Sieguono poi le materie divise in 20 titoli, ne' quali si ripetono presso a poco le medesime cose dei sinodi precedenti.

Fuori di questi non abbiamo sinora notizia di altri sinodi, posteriormente tenuti. Intanto anche dei cennati si sarebbe piaciuto discorrere più a lungo esaminando le materie che vi son dichiarate, se i limiti di questa scritta celo avessero permesso.

IX. Del seminario diocesano.

In vigore del decreto del Tridentino, nella sess. 23 cap. 18 de reform. che comandava la erezione dei seminari d'appresso alle chiese cattedrali, la Cassanese fu forse delle prime del regno a veder sorgere il suo. Di fatti troviamo che nel sinodo di monsignor Serbellone, tenuto nel 1565, cioè due soli anni dopo il Tridentino, si nominano infine quattro ecclesiastici eletti alla cura del seminario; ond'è ad arguirsi che questo era già stabilito, od almeno andava ad esserlo in quell'epoca. Un decreto formale però della erezione dello stesso fu emesso da monsignor Tiberio Carafa addi 6 marzo 1588; e questi conformemente alle disposizioni del Tridentino tassò i beneficiati curati del due per cento, ed i semplici del quattro per cento, onde aversi un mezzo al necessario sostentamento. Monsignor Audoeno confermò le disposizioni del Carafa, e nel 1593 fece altro decreto con cui ordinò, che il numero degli scolari da educarvisi fosse di dodici. Questo prelato unitamente all'altro monsignor Palumbo, che fu su la nostra cattedra nel 1617, beneficarono di molto il nascente seminario, come si rilevava dalle armi di detti due vescovi, che per più tempo rimasero nelle vecchie fabbriche. Eran queste di costa all'episcopio ed alla cattedrale, secondo il dettato dei PP. di Trento, e continuarono per oltre un secolo ad essere l'abitazione de' cherici, i quali non oltrepassavano mai il numero di venti, come si ha da antiche memorie. Fu poi per le ordinarie vicende delle cose umane, e perchè non ancora si era ben' inteso il vantaggio dei collegi chericali, e perchè i vescovi se ne stavano lungamente fuori la cattedrale, che il nostro seminario venne in somma decadenza verso la fine del secolo XVII, in modo che alle volte reggeva appena per pochi mesi dell'anno, e delle altre se ne trascurava affatto l'apertura. Intanto per tale abbandono venutene in deperimento le fabbriche, monsignor Rocco, che dalla Chiesa di Scala e Ravello era stato trasferito alla nostra nel 1706, volendo riattivare il seminario, siccome n'era inabitabile il casamento in Cassano, ed egli altronde prediligeva Normanno, feudo un tempo della mensa episcopale, ivi lo trasferì, situandolo in alcune case, che tuttora si additano in vicinanza della pubblica piazza. Questa mossa, ch'era stata prodotta da una voluta necessità, monsignor Fortunato successore del Rocco nel 1729 pretendeva sostenerla con principii di diritto. Ei non si limitava a volere una permanenza straordinaria del seminario in Mormanno, ma meditava di erigerlo colà stabilmente , e distruggere quello che trovavasi in Cassano su le basi della vera disciplina. All'uopo a dilatarlo sempre più avea ivi acquistate alcune case dai coniugi Carlo e Rosana Carissima per ducati 30, con istromento di notar Bernardo Fazio de' 22 settembre 1733, ed altre per ducati 60 da Carlo Vacca ed Eufrasia Crescente, con istromento di notar Angelo Galterio , nel 1756. Sosteneva poi il suo progetto con ragioni, che si leggono in una sua memoria presentata alla Sacra Congregazione di Roma nella causa di sopra enunciata;cioè per

- 1° che l'aria di Cassano era malsana ;

- 2.° che il seminario di Cassano era povero e senza mezzi a riattarsi ;

- 3.° che era più conducente ritenere il seminario in Mormanno, terra di giurisdizione episcopale, che in Cassano città di dominio baronale laico;

- 4° che il vescovo era libero a trasferire il seminario ove gli aggradisse.

Ma un tal Carlo di Girolamo, che scriveva l'allegazione a favore del duca, duchessa, capitolo e città di Cassano ribattendo quelle vedute rispondeva all' uopo :

- 1° non essere assolutamente vera la malsanìa dell'aere di Cassano per tutti i mesi dell'anno, presentando per documenti in appoggio e contrari ai tanti prodotti da monsignor Fortunato, le dichiarazioni di vari PP. carmelitani e cappuccini di Cassano anche montanari, che vi erano per lunghi anni e sanamente vissuti: de' sindaci ed eletti dell'antica Irtova, Rossano, e Corigliano i quali per la vicinanza conoscevano ed asserivano che il seminario vescovile si era mantenuto sempre in Cassano, a riserba di alcuni mesi di està: di vari testimoni giurati di Terranova, Castelluccio ed altri luoghi, che confermavano lo stesso : che poteva quindi tollerarsi il traslocamento del seminario in Mormanno, ma tutto al più pei soli mesi estivi, mentre lo stesso S. Carlo Borromeo avea opinato, che i seminari avessero avuto secessum aliquod rusticationis caussa.

Al 2 ° rispondeva che quantunque il seminano di Cassano fosse povero, pure da che le fabbriche n'erano andate in deperimento per la incuria ed oscitanza dei vescovi a serbarlo aperto, avendolo abusivamente abbandonato per trasferirlo in Mormanno, era quindi del loro dovere ripararle , e non dei soli Cassanesi, che avrebbero cosi pagata la pena dell'altrui colpa: che le rendite, le quali dalla prima erezione erano state addette al seminario di Cassano doveano allo stesso servire, nè potersi permettere, che si applicassero a quello di Mormanno, come nella decisione della Sacra Congregazione in Lucana 21. Januar. 1617 ec. ec.

Al 3° che era ben'ingiurioso il dire non conveniente tenersi il seminario in Cassano perchè città baronale; mentre costava benissimo da antiche memorie, che i baroni e duchi di Cassano erano stati sempre in buon'armonia coi vescovi, ed allora solo si vedeva quella opposizione ingigantita per colpa del vescovo, che non riguardava la Chiesa di Cassano tanquam sponsam, sed istar ancillae; che essendovi altre città baronali era dunque ugualmente a conchiudersi, che non conveniva in esse il seminario, quando che i PP. Tridentini, ai tempi de' qualì esistevan pure i dritti di baronia, avean generalmente parlato.

Al 4° esser vero che il vescovo potesse erigere uno o più seminari nella diocesi per come gliene parrebbe opportuno, ma adonta di questi non dover mai mancare quello della città cattedrale, secondo un decreto della Sacra Congregazione del 9 giugno 1725; e dover tutti gli altri da quest'ultimo sempre dipendere, come dispose il Tridentino,nella sess. 23.cap. 18 de reform. Dietro tali discussioni, ad onta di tutti i maneggi del vescovo Fortunato, la Sacra Congregazione dei Concili, sotto il dì 20 dicembre 1748, come si è anche di sopra riferito , rescrisse al n° 3° e 4° : Seminarium retinendum esse in civitate Cassani temporibus hyemale et verno. et prò hujus modi de effectu reastaurandas esse aedes  cum redditi bus antiquis ejusdem seminarii, et in supplementum, sumptibus quorum de iure (nempe episc. et beneficiatorum dioec. ), et interim retinendum esse in loco Mormanni. Posteriormente la real Camera di S. Chiara e la maestà cattolica di Carlo III. nel 1752 dichiararono e confermarono altrettanto.

Or continuando in tal modo le cose, il Capitolo a contribuire all' immegliamento del proprio seminario , nel 1767, gli vendè un palazzo che possedeva in una contrada  detta Pallice con un rilascio gratuito di ducati 400. In questo sito di lunga preferibile al primo, più spazioso e più agiato, rimase per molti anni; ed in Mormanno a migliorarne pure l'abitazione si volle, nel 1788 sotto monsignor Coppola, acquistare il soppresso monastero de' PP. Coloritani in buona distanza dall'abitato, di disastroso e malagevole accesso, quasi infondo di una valle, e cerchiato da profondi burroni. Ed era questa la migliore abitazione !!! Nel 1797 al 99 essendo epoche di rivoluzioni e di guerre il vicario capitolare D. Vincenzo decano Pannaini, a tenere per quanto più fosse possibile lontani i giovani dai luoghi di maggiori tumulti, fece nei mesi estivi passare il seminario nel vicino villaggio di Civita. Nel 1801 ritornava in Mormanno, e così fino al 1806, in cui per le grandi rivolte che l'Europa tutta subiva, il nostro seminario rimaneva chiuso sino al 1816.

Un sovrano decreto de' 2 dicembre 1813 ingiungeva al vicario capitolare signor D. Pietro di Benedetto di riaprire il seminario, e con altro degli 8 dello stesso mese del 1814, se gli concedeva il locale del soppresso monastero de' domenicani. Cosi adoperate le debite costruzioni, era dopo l'elasso di dieci anni, che la diocesi Cassanese vedeva riaperto il suo collegio chericale, e forse con auguri immensamente più lieti. Le fabbriche venivano ingrandite, quando con altro sovrano decreto dei 22 ottobre 1817 vi si aggiungea anche la chiesa del soppresso convento, e così messo il locale nella parte più elevata, più asciutta, e più agevole della città, con un libero e spazioso orizzonte. Altronde, addivenuta Cassano ad essere una delle più ricche, più culte e più belle città della provincia, e per la interna salutare economia luogo di piacevole, nè più nociva dimora, poteva bene il seminario in essa stabilmente fermarsi. Ma che non vale la forza di un radicato popolare pregiudizio! Era pei soliti reclami, che esso transitava in Mormanno di nuovo nella està del 1822, sotto monsignor Cardosa, e così fino al settembre del 1841; quando un'elettrica corrente, che nella notte dei 17 di quel mese veniva a scaricarvisi sopra, e tutte ad investir ne le fabbriche, vi arrecava la morte a tre sciagurati giovanetti , onde si abbandonava d'allora come luogo di proscrizione e d'orrore. Era per le sagge vedute dell'attuale monsignor Bombini, che concordemente ai voti della diocesi, l'estivo seminario si fissava in Morano, nel soppresso monastero de' Minori osservanti largito dalla munificenza di Ferdinando II. nel 1834, che messo in una spaziosa ed aperta pianura su la strada consolare, quasi nel centro  della diocesi, in vicinanza della cattedrale, offresi a gradevole stazione pei cherici. È in tal modo, che la nostra diocesi gode il comodo di due case pel suo seminario, tali da richiamare a ragione la stima e l'ammirazione di quanti si fanno a visitarle. Era poi nel 2 giugno del 1845 che si inaugurava per la prima volta il novello locale in Morano.

Ora il seminario ili Cassano, povero veramente dal nascere, si è mantenuto per le largizioni dei vescovi, i quali da prima sostennero per intiero il peso della educazione dei cherici, e poscia gli assegnarono una prestazione annua di ducati 180, che forma forse di presente la più speciosa delle sue rendite. Essa fu fedelmente corrisposta da tutti i prelati in tutti i tempi, come rilevasi da antichissime memorie de' Rocco, Fortunato, Coppola ed altri. Nell'agosto del 1800 la real maestà di Ferdinando IV. la sanzionava con sovrano dispaccio, dichiarando esser sua volontà che al seminario di Cassano si continuasse a corrispondere la solita prestazione degli annui ducati 180, ch'era nel pacifico possesso di esigere dalla mensa vescovile; e con ministeriale dei 9 ottobre 1830, il direttore degli affari ecclesiastici approvando il deconto su le rendite della stessa mensa per l'epoca della vacanza, riconosceva un tal canone a prò del seminario. Intanto la maestà di Ferdinando IV, con decreto di 6 ottobre 1787, avea anche accordato al nostro seminario quattro benefici, che per mancanza di titoli erano stati dichiarati mere cappellanie laicali, e sono: il beneficio di S. Maria degli Angioli di Laino; di S. Nicola a Cerreto in Vingianello; di S. Lucia vergine e martire in Porcile: di S. Maria Assunta in Cerchiara. Nel 1834 e 1836 il regnante Ferdinando II gli largiva pure altri assegni; ma tutte tali rendite non sommano nemmeno un mediocre appannaggio. Il lustro quindi e la pulitezza che in esso si ammira per lo interno delle fabbriche, il trattamento dei giovani, la completa ed estesa letteraria e scientifica istituzione che loro incessantemente si dà, è a riconoscersi come l'unico effetto dello zelo e della economia ond'è amministrato. Massima parte di lode è per questo punto a tributarsi alla memoria di monsignor Cardosa, ed al merito dell'attuale monsignor D. Michele Bombini, essendo per essi il seminario Cassanese venuto a tale altezza di gloria, da gareggiare giustamente coi primi seminari del regno. Ed oh se le forze corrispondessero ai nobili desideri! Intanto facciam voti, che il Cielo benedica le cure, che ivi si adoperano per la buona educazione dell'ecclesiastica gioventù, onde la Chiesa e lo Stato possano attendersene dei degni allievi, come per gli andati tempi e l’una e l'altro ne hanno ottenuti soggetti per merito e per virtù stimabilissimi.

E con ciò mettiamo termine a quanto ci è riuscito finora di raccogliere e di scrivere su la Cattedrale e la Diocesi Cassanese.

ANTONIO CAN.° MINERVINI.

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