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L'addio definitivo PDF Stampa E-mail
Scritto da administrator   
lunedì, 23 maggio 2011 07:45
ImageCon una nota pregna di malinconia mons. Bertolone ha dato l'ultimo saluto alla diocesi che ha guidato per 4 anni con grande impegno e moderna visione del cattolicesimo. La sua attività ha travalicato i confini della gestione pastorale, i suoi innumerevoli convegni su temi delicati e importanti, con l'apporto di relatori di caratura internazionale non saranno facilmnte dimenticati. Ma l'impegno di mons. Bertolone è andato oltre, come non citare il convegno sulla Sanità o quello sul "bene comune", due eventi che hanno scosso e non poco la politica locale e anche coloro che hanno guardato la Chiesa spesso con noncuranza se non con sospetto. Nella parte finale della sua lettera viene citato il poeta indiano Tagore, salutandolo anche noi vogliamo citare il grande letterato: "partendo soffro già per la separazione dall'amico che non ho ancora conosciuto" per coloro che non hanno avuto il tempo di apprezzare fino in fondo le qualità di questo grande vescovo di Cassano.  Dalle pagine elettroniche del nostro sito lo salutiamo con grandi stima e affetto. (segue la nota di mons. Bertolone)

«Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime ineguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari. Addio, casa ancora straniera. Addio, chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore».Càpita, talvolta, che una pagina di un libro, come quella tratta da "I Promessi sposi" di Alessandro Manzoni, diventi palpitante attualità, urgente novità che si annida nel cuore inducendo ad un meditato e commosso sentire. Càpita, anche, che la capacità evocativa dello scrittore non solo getti i semi della sua intuizione nell'animo del lettore, ma trasformi il particolare in universale ed il personale in collettivo sentire. E ci si accorge che partire è un po' morire. Non a caso, non c'è artista che nelle sue opere non abbia ritagliato spazio al partire. Nell'ultimo atto di "Madama Butterfly", ad esempio, Pinkerton prorompe in un doloroso quanto accorato "Addio, fiorito asilo", e in questo saluto Puccini profuse tutto il sentimento di cui vibravano le corde della sua lira. E prima di lui il grande Haydn aveva composto addirittura una "Sinfonia degli addii". Dire addio, partire. Soffermandosi sull'etimologia di tale verbo, ci si accorge che esso, radicato nel vocabolo latino "pars", significa dividere. Ovvero, in senso spaziale, allontanarsi da un luogo, e con accezione affettiva, distaccarsi da qualcuno. Così è per me, chiamato da Papa Benedetto XVI a prendermi cura d'un'altra porzione della Chiesa di Dio in terra calabra. La mia partenza si colora infatti di ambedue i significati: la tristezza di lasciare una diocesi ricca di tanta storia trasfusa in pregevoli testimonianze architettoniche dalla profonda religiosità ed il rimpianto di dovermi separare da mille e mille volti affettuosi, da altrettante braccia protese, da fiumi di generosità, di píetas, di carità, dal ricordo della cara mamma Carmela, che qui ha concluso la sua esistenza terrena.Come non immedesimarmi, allora, nella situazione identica di sant'Agostino? Anch'io ho guardato con mia madre, proprio come lui con la mamma Monica, a Chi si elevava dinnanzi a noi, elevandoci «in id ipsum» verso l'Essere Supremo (Confessioni, IX, 11, 27). La memoria del tempo vissuto tra lo Jonio ed il Pollino, condivisa ogni domenica con voi, che ora ringrazio e saluto, è dunque un indice puntato verso il cielo, verso quel Cristo che è lo zenit, la luce, la trascendenza rispetto all'orizzonte in cui tendiamo, vicinanza e attenzione per ciascuno, nella santa inquietudine di portare a tutti la salvezza.Questo è il tesoro che porto con me andando via. Mi consola il pensiero che questo mio stato d'animo sia condiviso, e lo sia stato anche nel passato, da un'infinità di persone, umili e potenti, giovani e anziane, d'ogni latitudine. Ma neppure ciò attenua la mia malinconia. Tu hai voluto così, mio Signore, ed in te rimetto ogni mio pensiero. E citando Tagore, sospiro: «Pace, cuor mio. Che il tempo dell'addio sia dolce. Che non sia morte, ma pienezza».

+ Vincenzo Bertolone

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