Conclusa la Fiaccolata Mariana |
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Scritto da A.Cavallaro | |
domenica, 08 maggio 2011 12:01 | |
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Tonino Cavallaro
RISCOPRIRSI NEL SILENZIO
«Siamo un popolo che cammina e camminando desideriamo raggiungere insieme una città che non finirà mai, senza pena né tristezza, città di eternità». Il ritornello d’un antico canto popolare latinoamericano è risuonato più volte nella mente e nei cuori dei tanti che, nella notte appena trascorsa, hanno preso parte al pellegrinaggio tra i santuari mariani di Cassano e Castrovillari. Protagonisti d’un momento di riflessione e preghiera fondato su caratteristiche ormai irrinunciabili, linfa e nutrimento per l’anima degli uomini e delle donne che, anche nella diocesi cassanese, sopraffatti dalla monotona velocità della vita quotidiana, ritrovano così le ragioni del vivere. Tra questi elementi, propri d’ogni pellegrinaggio, spicca, anzitutto, la partenza, che è uno stacco dalla quotidianità, una liberazione da impacci e da vincoli esteriori, come si impone al primo pellegrino biblico, Abramo: «Parti dalla tua terra/e dalla tua parentela/e dalla casa di tuo padre verso la terra che ti indicherò» (Genesi 12,1). V’è poi la strada, che riassume in sé la gamma delle attese e delle paure, delle soste e delle prove, della solitudine e della compagnia. Una terza componente è quella della luce: il lume acceso è per il pellegrino non solo una guida nella notte o un elemento liturgico, ma un simbolo di fede e vigilanza, sulla scia delle parole del Salmista: «La tua parola è lampada al mio passo, lume acceso sul mio sentiero» (Salmo 119,105). È in questa linea che si collocano il canto e la preghiera, esperienza di spiritualità che trasfigura la fatica del viaggio, trasformando il percorso in liturgia festosa e di attesa. Attraverso questi sentieri, i pellegrinaggi, e tra essi il nostro, si fanno segno dell’umanità in cerca del trascendente, del mistero, del fine ultimo oltre le contingenze e le piccole mete. Ed i santuari, anche attraverso la bellezza artistica che li contraddistingue e la pietà popolare che è loro intimamente connessa, diventano segno alto della Chiesa nella sua anima di assemblea di coloro che sono convocati dalla Parola di Dio per formare il popolo di Dio. Certo, il mondo in cui viviamo è costellato anche di tanti santuari laici, la cui elencazione è vasta come quella dei luoghi dello Spirito di Dio: si pensi, ad esempio, ai pellegrinaggi etnici che riportano molti alle loro radici genealogiche, o a quelli tristi verso i quartieri del vizio, che intasano anche molte nostra strade. A queste mete si oppone il santuario del Dio vivente, sede della rivelazione in parole e opere di quel Signore che si fa trovare anche da quelli che non lo cercano e che, per dirla con le parole del teologo Hans Joachim Kraus, «si fa presente ove il mondo celeste si dischiude». È la nervatura che regge ed alimenta il tessuto dell’esistenza. È l’orizzonte al quale tendere, camminando nella solitudine silenziosa della notte e del proprio io, per riscoprire se stessi. Andando di santuario in santuario, forti della profondità dello spirito, dell’amore, della fede. + Vincenzo Bertolone
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