Skip to content

Sibari

Narrow screen resolution Wide screen resolution Increase font size Decrease font size Default font size    Default color brown color green color red color blue color
Advertisement
Vi Trovate: Home arrow Spirito e Fede arrow Vangelo di domenica 20 Marzo
Skip to content
Vangelo di domenica 20 Marzo PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 19 marzo 2011 09:08
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 17,1-9. -  Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo». All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete». Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti». (segue commento di mons. Bertolone)

II Domenica di Quaresima Anno A

20 marzo 2011

Il portico della gioia

Introduzione

                Dopo l’aridità del deserto e la constatazione della realtà del male e della nostra fragilità, la Liturgia della Parola, di questa II Domenica di Quaresima, ci avvolge con i tratti luminosi di un volto e il suono rassicurante di una voce, che invita all’ascolto, all’accoglienza e all’abbandono fiducioso.

                La luce è quella del Figlio, la voce è quella del Padre. La voce ci conduce a Cristo, la luce ci trasforma in Lui; la voce è un invito all’ascolto della Parola, la luce è abbraccio avvolgente di fede; la voce ci indica la Via della vita, la luce inaugura il nuovo giorno della salvezza. E, infine, la voce del Padre svela l’identità e la missione del Figlio, la luce splendente del Figlio illumina di speranza la fragilità dell’uomo, perché rivelando se stesso, rivela a noi ciò che siamo, ciò che possiamo essere, ciò che siamo chiamati a diventare.

                Così, il racconto della Trasfigurazione, oggetto della nostra riflessione odierna, è dunque per noi una “boccata d’aria”, è il portico della gioia attraverso il quale accedere all’eternità del tempo, all’infinità degli spazi, alla vera vita nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Dunque la Trasfigurazione è sì anticipazione del mistero di gloria del Cristo Risorto, ma è insieme anche anticipazione della nostra vita da risoti in Cristo.

                Ma la certezza di questa gloria futura poggia tutta sulla fede, giacché sappiamo e sperimentiamo ogni giorno che la trasfigurazione precede di poco la notte dell’agonia.

Così Abramo, prima che il suo nome fosse benedetto, conobbe nell’allontanamento dal proprio ambiente, nel cammino verso l’ignoto, nella prova della fede la notte dell’agonia (I Lettura). O come lo stesso apostolo Paolo che, nell’annunciare il Vangelo, che fa “splendere la vita”, ricevette la sua parte di sofferenza, sperimentando con la persecuzione, il carcere e infine con l’attesa del martirio la prova della fede, la notte dell’agonia (II Lettura).

                 E, per finire, neppure al Figlio di Dio è risparmiata una simile prova, è scongiurata una simile notte: dal Tabor presto Gesù si troverà ad affrontare il Gestemani. Infatti, egli scenderà dal monte della gloria per scalare il monte del dolore, il Calvario, dove una ben altra glorificazione lo attende.   

                Nella conoscenza e nella contemplazione di questo mistero di morte e vita, di umiliazione e gloria, il cammino quaresimale ci invita a progredire, in esso la Parola ascoltata ci insegnerà a predisporre l’animo ad accogliere la Parola stessa, Cristo, che trasfigura ogni giorno la vita, anche e soprattutto in mezzo alle prove più difficili.

 

Ascolto e accoglienza

 

Per cominciare una meta, la nostra meta, la Trasfigurazione, il cui punto di partenza è segnato da una visione di luce e, soprattutto, da una voce, o meglio, un riconoscimento e un invito: Questi è il Figlio mio prediletto. Ascoltatelo!

Ma poi finisce la visione della gloria, e resta l’invito all’ascolto. Resta cioè un invito ad entrare in relazione, a stringere un rapporto, ad accogliere. Così, prima l’ascolto e poi l’accoglienza diventano le norme della nostra vita cristiana. Infatti, ci aiutano a costruire il rapporto con Cristo, Parola di Dio. Un rapporto che deve crescere gradualmente fino ad un’immedesimazione con Lui, ad una trasformazione in Lui. Fino a quando cioè, la Parola, che ci invita all’ascolto, ci fa esistere veramente, ci guarisce, ci cambia il cuore, ci rende la vita bella e trasfigurata.

In definitiva la Voce che dice “ascoltatelo” è invito ad essere una sola cosa con il Figlio per vivere, assieme a Lui, ed entrare in rapporto intimo con il Padre.

Ecco allora che la dinamica dell’ascolto si unisce e fonda con quella dell’accoglienza, ovvero ascoltare Cristo significa entrare in rapporto con Lui, fino ad identificarsi con Lui, finché Egli non assuma tutta la nostra vita e in essa rispecchi il suo splendore.

                Così inizia la Trasfigurazione “feriale” nella quale la visione della gloria ritorna, realizzando un’unione veramente intima con la fonte di ogni Luce. Questo vedere però non è più materiale, né intellettuale, è un vedere con gli occhi della fede la presenza di Dio nell’intimo del cuore. Presenza che rende possibile l’impossibile: la certezza che sin da ora una vita splendida è realizzabile; che la Resurrezione può avere inizio sulla terra.

Per questo la Trasfigurazione è insieme punto di partenza e d’arrivo nel cammino di vita e di fede dell’uomo, giacché essa ci rende concreta la presenza di Dio nel cuore e rende possibile vedere l’orizzonte di un futuro certo. Ma tutto dipende da noi, dalla nostra risposta, dal livello della nostra accoglienza.

                Restando sul Tabor, circonfusi di luce e rassicurati dal tono amorevole della voce Paterna, tutto diventa possibile e vero. Ma ricordiamoci che il Tabor è un momento, è una visione passeggera, e se vogliamo che metta radici in eterno, c’è bisogno di altro: c’è bisogno di scendere a valle.

Ritornare laddove tutto viene messo in discussione, in cui la stessa fiducia nella Luce e nella Voce barcolla, si offusca, si nasconde sotto la coltre delle difficoltà, dei dolori e della morte. Ed è proprio lì nell’apparente assenza di Dio che la visione ritorna, non più su un monte ma nel cuore dell’uomo. Allora si fa più penetrante, sconvolgente, perché non è più un vedere, ma un sentire, un incarnare. Allora tutto diventa possibile, anche vivere il Tabor nella liturgia del quotidiano.

 

Una luce che muove

 

                Dunque, non dobbiamo riuscire a vedere l’umanità trasfigurata solo sul Tabor, ma dobbiamo acquisire quella sapienza del cuore, quella vista della fede che ci fa dire, scendendo da Tabor, anche qui c’è la possibilità e la speranza di una umanità trasfigurata. Tutto è possibile ascoltando e accogliendo Cristo, giacché Cristo è in me, sono in qualche misura anche io volto luminoso.

Che cos’è allora questo cammino che è la nostra vita, se non un imparare, fra gioia e fatiche, a scoprire la luce sepolta in noi, a rintracciare i tratti di quel Volto luminoso che ha accettato di salire sul Calvario, perché noi potessimo per sempre vivere sul Tabor?

                Allora, vedere la luce del Tabor, restandone investiti, non rende immobili, fermi, estraniati dalla realtà concreta, comune e quotidiana. La fede che si rinvigorisce sul Tabor ci fa attivi, ci alza e ci muove. Ci fa scendere a valle e ci mette in relazione con gli altri; ci fa scorrere nel fiume della vita, della fatica, del sudore, delle contraddizioni umane. Ci rende, infine, partecipi delle gioie e dei dolori dei fratelli vicini e lontani.

                Ma tutto questo viviamo con una marcia in più, viviamo da uomini trasformati, da uomini cioè che hanno una certezza, respirano l’aria di un futuro diverso: cioè che Cristo, ancora oggi, fa risplendere la vita, dona bellezza all’esistenza, ai sogni e ai desideri di ciascuno, sempre e comunque.

E vivere da trasfigurati, in mezzo alle intemperie e alle burrasche della vita, è la migliore testimonianza che possiamo rendere al Vangelo, giacché riflettiamo la luce luminosa di un Volto conosciuto e amato, diventiamo cassa di risonanza di una Voce amica e liberante, agiamo guidati da una sola Volontà orientata al bene, orientata al vero, destinata alla santità.

 

Conclusioni

 

Frère Roger di Taizé scriveva: “Se la pianta non si orienta verso la luce, appassisce. Se il cristiano rifiuta di guardare la luce, se si ostina a guardare solo le tenebre, cammina verso una morte lenta; non può crescere né costruirsi in Cristo.

A poco a poco Cristo trasforma e trasfigura tutte le forze ribelli e contraddittorie che ci sono dentro di noi... Piangere sulla nostra ferita ci trasformerebbe in uno strazio, in una forza che aggredisce con violenza noi stessi e gli altri, soprattutto chi ci è più vicino. Una volta trasfigurata da Cristo, la ferita si trasforma in una fonte di energia, in una sorgente da cui scaturiscono le forze di comunione, di amicizia e comprensione. Questa trasfigurazione è l'inizio della risurrezione sulla terra, è vivere la Pasqua insieme a Gesù; è un continuo passare dalla morte alla vita”.

                Ecco a che cosa serve il nostro cammino quaresimale: a preparare l’animo ad un passaggio, che non è salto nel buio, ma certezza che dopo le tenebre ci sarà la luce, dopo la morte la vita, dopo la precarietà umana la certezza dell’eternità divina.

 

Serena Domenica

 

+ Vincenzo Bertolone


< Precedente   Prossimo >