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Vangelo di domenica 20 febbraio PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
domenica, 20 febbraio 2011 06:24
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 5,38-48 - Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente;ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guanciadestra, tu porgigli anche l'altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori,perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.
Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?
E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. (Segue commento di mons. Bertolone)

VII Domenica del Tempo Ordinario

20 Febbraio 2011

Amare il nemico

Introduzione

                Come nelle precedenti domeniche, anche in questa, la VII del Tempo Ordinario, Gesù oltrepassa i confini della razionalità, pronunciando parole che confondono la sapienza del mondo, e ci propone in compenso quella di Dio. Per essere compresa appieno la sapienza ci riconduce di un buon grado di “stoltezza”. Infatti, come scrive l’apostolo Paolo ai Corinzi, “Se qualcuno di voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio”( II Lettura).

                E secondo la sapienza del mondo, è sicuramente da stolti amare chi non è capace di integrarsi nella nostra cultura, nella nostra mentalità, perché di chi è straniero si può avere solo paura; è ancora da stolti ascoltare il grido di disperazione di chi abita ai margini delle nostre strade, perché poco redditizia è la miseria, anzi può danneggiare la nostra immagine. Ma ancora più folle è pensare che si possa amare chi, per motivi diversi, ci sembra ostile e merita, quindi, l’appellativo di “nemico”.

                Eppure, ancora in questa domenica ritroviamo le antitesi di Gesù, le ultime due: “Avete udito che fu detto agli antichi…, ma io dico a voi…”. È sempre la stessa autorità di chi parla sapendo leggere nei cuori e, dunque, sa che quanto si chiede non è folle ma vitale per la stessa sopravvivenza e completezza dell’uomo; non è utopistico, ma realizzabile.

Infatti, se l’uomo si ostina a seminare odio raccoglierà solo morte, ma seminando amore e perdono potrà raccogliere solo vita. Questo raccolto non è un traguardo impossibile avendo l’uomo in sé la buona semente, giacché partecipa della stessa carità e misericordia di Dio che rende capace di amare e perdonare i nemici, che spinge ad accettare ed accogliere i diversi, gli stranieri.

                Per questo non sembri assurdo e irrealizzabile attuare nelle nostre vite l’invito rivoltoci nella I Lettura: “Siate Santi, perché io, il Signore, Dio vostro sono santo”. È tutto qua: essere santi come è santo il Signore, nelle cui mani scegliamo di affidare la vita ogni giorno. E, per esserlo, non ci vuole poi molto: è necessario solo amare, poiché il Signore è amore, ci ha creato nell’amore e ci ha salvati per amore.

 

La sapienza di Dio

 

                All’ascolto di queste due ultime antitesi del discorso della montagna non si può restare indifferenti. Magari siamo entrati in chiesa tranquilli e certi della bontà della nostra sapienza, confortati anche dal fatto che il nostro è un sentire comune. Tutti, del resto fondiamo giudizi, scelte, comportamenti, umori politici e rapporti interpersonali su una sapienza mondana che affonda le proprie radici in un sistema valoriale e culturale ben definito e trasmesso all’interno società di appartenenza.

                Torniamo alla pagina Evangelica ed alle parole incredibili, irragionevoli, al limite della follia. Parole senza tempo e senza luogo, eterne, universali, che suggeriscono comportamenti etici autentici, interiori, ma anche più impegnativi. Già è difficile non raccogliere le provocazioni, figuriamoci quanto costi fatica il porgere l’altra guancia, anzi è addirittura folle il solo pensarlo, giacché sarebbe segno di debolezza. Ancora più assurdo, poi, è pensare alla possibilità di perdonare e amare il nemico: non si può rispondere al male ricevuto se non con la vendetta. Ma la sapienza di chi sostiene che il male si combatta con il bene forse tanto stolta non è, perché di fronte al bene anche il più violento resta disarmato, confuso, indietreggia.

Così, “porgere l’altra guancia” significa comportarsi da non violento, da disarmato, per testimoniare ai “sapienti della vendetta” quanto sia inutile e dispendiosa una vita vissuta nel rancore. E, ancora, “amare il nemico” significa saper prendere l’iniziativa creatrice dell’amore fraterno che fa saltare i piani.

Agire così, pensare in questo modo, non è un comportamento passivo, rassegnato: identifica, invece, gli uomini capaci di iniziative coraggiose. Uomini, cioè, promotori del primo passo, sarti abili e pazienti nel rattoppare le tante lacerazioni del tessuto quotidiano, architetti appassionati di Dio che costruiscono ponti per unire sponde distanti. Ma tutto ciò solo se si ha fede. È la fede di fatto che spezza le catene della violenza, è la fede che spalanca all’uomo le porte dell’amore con il cuore di Dio. Infatti, in forza e in virtù della fede noi possiamo compiere anche l’impossibile: spostare montagne, amare nemici, saper trattenere in un cuore piccolo e fragile la forza irruente e devastante, il fuoco divorante dell’amore di Dio.

Allora non ci sembri sbagliato che con noi Gesù punti così in alto. Egli, infatti, vede ciò che è nascosto alla vista e sa che anche noi abbiamo i mezzi per poter scalare le vette più alte. Si tratta di fare un passo dopo l’altro, si tratta di non accontentarsi dell’ubi consistam, ma di avere sempre il desiderio “del più”, la motivazione dell’excelsior. Si tratta, in definitiva, di mettersi in una prospettiva di fede o di perdita di tempo.

Se si sceglie la prima opzione non può non incrociare lo sguardo di Cristo, non può non contemplare nel suo volto, il vero amore.

 

Il modello della santità

 

                Non occorre guardare lontano per cercare un esempio di vita pienamente realizzata secondo la legge dell’amore. Cristo stesso infatti ne è al contempo annunciatore e modello. Egli non ha solo pronunciato parole, o illustrato semplicemente un programma di vita nuova; non si è limitato a trasmettere un elenco di idee, valori, affetti rivisitati in prospettiva divina. Egli tutto ciò ha incarnato: è stato il primo nella schiera nutrita di uomini folli d’amore per Dio e per l’uomo; il primo a farsi ardere dal fuoco della carità e della misericordia divina.

                Egli infatti è stato inviato dal Padre per rivelare all’uomo il significato della propria santità e la via concreta per raggiungerla. E scopriamo che la santità umana e la via della perfezione consistono esclusivamente nella carità e nella sua pratica. L’amore è in fondo, il vincolo di ogni perfezione; la pienezza stessa della legge.

Esso infatti supera ogni forma di giustizia, da quella “del taglione” degli antichi a quella risarcitoria moderna ma solo la giustizia esercitata secondo le leggi dell’amore a riabilitare e redimere realmente, ad evitare inoltre che l’uomo si autodistrugga.

                E sulla legge dell’amore di Dio, Cristo ha modellato la sua sapienza, la sua etica, il suo modo di costruire relazioni. Guardando alla Sua vita e seguendo le Sue parole impareremo ad amare come Dio vuole attingendo alla fonte della vera sapienza dell’amore gratuitamente, donato. E impareremo a non soppesare con cura gli amici, a non dare amore in cambio di amore ricevuto, a non accompagnarci solo con i più eminenti, ma accetteremo addirittura preferendo i meno in vista i nemici, chi sbaglia (ed ha bisogno di aiuto).

Se dovessimo cercare, infine, una ragione al tipo d’amore che Gesù ci insegna, la cercheremmo invano, perché l’amore di Gesù è folle, così folle da esserne condotto a morte per amore e fargli pronunciare, negli ultimi istanti di vita, parole di grande consolazione per un peccatore e di autentico perdono per i suoi persecutori e carnefici.

Solo nella vita e nella morte di Gesù possiamo contemplare il volto del vero amore del Padre e del Figlio, e imitarlo da lontano, umilmente, sapendo che solo vivendo del Suo amore e nel Suo amore possiamo a nostra volta amare : “Egli ha dato la sua vita per noi, dirà san Giovanni, quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli”. (1Gv 3,16).

 

Conclusione

 

                Sappiamo che Ghandi, non-violento per antonomasia e non cristiano, aveva il massimo rispetto per Gesù Cristo, e lo dichiarava apertamente. Ma un giorno quando gli chiesero perché non si fosse fatto cristiano rispose: “Anch’io sarei cristiano, se i cristiani lo fossero 24 ore al giorno”.

                Se vogliamo essere santi e perfetti, cioè veramente cristiani; se vogliamo che un giorno il nostro cuore, dopo aver fatto tanta fatica ad imparare ad amare, batta all’unisono con Dio, anima nostra e del mondo, bisogna che si fissi lo sguardo sul volto di Cristo, che si fissi in Cristo la propria ragion d’essere, il proprio pensare, sentire e agire. Bisogna essere suoi “24 ore al giorno”.

Se ciascuno di noi impronterà la propria vita su questo mode diventerà più che un semplice principio di etica o una filosofia di vita, diventerà Vangelo vivo in parole e opere.

Perciò di fronte alle parole ascoltate oggi nelle nostre chiese, lasciamoci pure provocare, arrabbiamoci anche per la loro assurdità, proviamo persino fastidio per il loro contenuto paradossale, ma infine permettiamo loro di scalfire la corazza del nostro “buon senso” e liberiamole dentro perché rilascino il seme contagioso della stolta sapienza di Dio, la quale un giorno ci chiederà conto di tutte le volte che abbiamo sciupato la vita e il tempo per razionalizzare e soppesare persino l’Amore.  

Serena domenica.

+ Vincenzo Bertolone

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