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Vangelo di domenica 30 Gennaio PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 29 gennaio 2011 08:06
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 5,1-12 - In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.   (Segue Commento di mons. Bertolone e programma festeggiamenti per San Biagio, protettore della diocesi)

Cliccare quì per il programma Festa di San Biagio)

IV Domenica del Tempo Ordinario

30 Gennaio 2011

Il volto gioioso di Dio

Introduzione

                Gli spunti di riflessione di questa IV Domenica del Tempo Ordinario sono molti e tutti di straordinaria attualità. Ma, soprattutto, sono rassicuranti, nel senso che fra tanti dubbi, tempeste e lacerazioni sollevano dallo smarrimento ad una speranza alta e certa che ci  parla di luce e di gioia e ci ricorda che la felicità è possibile per l’uomo, anche qui e ora, giacché essa è Presenza viva e reale, è volontà di Dio.

                Si potrebbe partire dalla prima lettura, che è quasi una fotocopia delle pagine di un qualsiasi quotidiano di oggi. Nelle parole del profeta Sofonia, infatti, risuona da un lato l’ira di Dio contro tutti i corrotti; dall’altro lato, invece, si accende la fiaccola di speranza per tutte le vittime. E su questa lettura del reale prevale la nuova lettura di Dio: “i leoni ruggenti”, ovvero i politici corrotti e i prepotenti, “i lupi affamati”, ovvero i giudici iniqui e i sacerdoti perversi, saranno destinati a scomparire, mentre fiorirà la nuova città dei giusti. Il volto di questi giusti reca i tratti dei poveri e degli umili che seguono la parola di Dio e ripongono in Essa ogni speranza.

                Si potrebbe, però, partire anche dalla seconda lettura in cui l’apostolo Paolo ricorda alla comunità di Corinto, che si sta sfaldando in sette e fazioni e si lascia catturare dal fascino del potere e della ricchezza, l’idea centrale della Bibbia: le scelte di Dio sono “originali”, incomprensibili, perché mosse da ragioni totalmente opposte a quelle che muovono le scelte degli uomini. Per cominciare, Egli per compiere le sue grandi imprese non punta sugli uomini di successo, i ricchi e i potenti di turno, ma sceglie i piccoli, i deboli. Così, se guardiamo alla storia d’Israele,  vediamo che Dio ha sempre puntato sui suoi figli minori: scelse un uomo impacciato, Mosè, come suo portavoce dinnanzi al Faraone e come guida del Suo popolo; scelse un ragazzino minuto, Davide, per uccidere un gigante, Golia; scelse come suoi profeti dei contadini e dei pescatori come apostoli. E nella lotta finale contro il male e la morte si affidò al “sì” di un’umile fanciulla e al volto disprezzato e oltraggiato di un giovane Uomo, morto tra i malfattori.

                Tuttavia, sebbene le prime due letture di questa domenica facciano entrambe al caso nostro, è preferibile fissare la nostra attenzione sulla pagina del Vangelo di Matteo. Una delle pagine più note e belle dei Vangeli, di cui tutti conoscono il fascino suggestivo, si parla naturalmente delle Beatitudini  del discorso della montagna. La forza travolgente per contenuto e potenza di immagini fa delle Beatitudini la via maestra dell’annuncio evangelico. Esse ci rivelano il vero volto di Dio e ci parlano di felicità, ci informano, inoltre, della nuova identità umana. E di umanità nuova, rinnovata nella gioia, riscattata nella dignità e coerente nella verità si ha davvero tanto bisogno.

 

Il volto di Dio, il volto del credente

 

      Le Beatitudini sono state definite e interpretate in tanti modi diversi: da “regole della felicità” a “via maestra” da seguire per ereditare il Regno dei Cieli, dunque, “portale d’ingresso” dello stesso Regno. Tante altre definizioni se ne possono aggiungere dato il valore che esse hanno. Tuttavia, è seducente pensare alle Beatitudini come ad un modello, tracciato da Gesù per svelare progressivamente i tratti più significativi del suo volto nascosto e, poiché la sua vita è la più limpida trasparenza del mistero del Padre, viene a rivelare il volto stesso di Dio.

Dunque, nelle Beatitudini dobbiamo scorgere in primis la rivelazione del volto di Dio, che è il volto di Cristo: “Chi vede me, vede il Padre mio…”.

Potrebbe sembrare difficile da capire accostare le Beatitudini alla rivelazione di un volto. Tuttavia se andiamo al significato vero che i due termini hanno nella tradizione veterotestamentaria, tutto si chiarisce e si semplifica.

                Partiamo, dunque, dal significato di volto. Il volto per gli ebrei era molto di più che il semplice aspetto esteriore di una persona, perché ne era l’essenza  autentica. Se si volevano cercare indizi  sulla  la condizione mentale bastava guardare  il volto.

Nelle Beatitudini Gesù, oltre a rivelare i tratti del volto del Padre, ne rivela anche il modo di pensare e di agire  nella storia, che  coincide e si manifesta nella vita stessa di Cristo. Allora Cristo svela la sua persona, che è la stessa persona del Padre, e il suo programma di vita è perfettamente aderente alla logica di Dio.

                Ora, l’immagine che Gesù dà Dio nelle beatitudini è completamente diversa da quella umanamente intesa.  C’è infatti, il volto di un Dio povero, misericordioso, mite, amante della pace,  disposto per amore a soffrire e a morire. Di questa immagine Cristo  è, con la sua persona e la sua vita, l’incarnazione e il volto visibile.

                Egli ha vissuto povero, da ricco che era; mite e pacifico, affamato di giustizia, con occhi tanto puri e limpidi da vedere anche nei peccatori le tracce della presenza viva e reale del Padre, e, infine, ha vissuto da perseguitato ed è morto crocifisso da misericordioso.

Per tutto questo le Beatitudini non vanno solo meditate e commentate, ma vanno prima di tutto contemplate. Cioè davanti ad esse dobbiamo farci innamorare, prendere, catturare, perché  ci  rivelano una Presenza, un volto: il volto del Padre che  in quello del Figlio rivela e manifesta tutta la Sua straordinaria bellezza, tutto il Suo immenso amore.

                E veniamo al secondo termine “beatitudine”. Una “beatitudine” è una benedizione pronunciata secondo una formula che inizia con l’espressione “beato colui” o “beati coloro”. Molto diffuso nella tradizione vetero-testamentaria,  questo  termine  ha connotazioni di letizia, di felicità, di soddisfazione e di benessere.

Ora pronunciare una benedizione secondo la formula di una beatitudine significava, per la tradizione ebraica, dichiarare la realtà di qualcosa percepita nella persona. Ne consegue che se le Beatitudini rivelano il volto, dunque la persona, di Dio, mediante il volto e la persona del Figlio, ci dicono che la gioia, la felicità, la soddisfazione, il benessere sono inscritti nella divinità stessa ed essendo Gesù vero Dio, sono inscritti anche in Lui. Ma Gesù è anche vero uomo, per cui le stesse beatitudini sono inscritte anche nella sua umanità. E se Cristo è l’uomo nuovo, quale generato dalla mente e dal cuore di Dio, il primogenito di una generazione redenta, allora Gesù nelle beatitudini rivela anche il vero volto dell’uomo, un uomo beato perché partecipe delle stesse beatitudini del Padre. In conclusione, non possiamo come credenti essere tristi, perché strutturalmente e per volontà di Dio siamo destinati alla felicità.

Il portale della felicità

                Una lunga riflessione per approdare a due verità: Gesù nelle beatitudini rivela il volto del Padre, che attraverso la Sua umanità, assume i tratti del volto dell’uomo; e, inoltre, sempre nelle beatitudini ci fa un annuncio spiazzante, Dio ci vuole felici, partecipi della sua stessa felicità.

Le Beatitudini allora si presentano come un portale attraverso il quale passare per scoprire che dall’altra parte è possibile una umanità diversa, nuova, una umanità che riscopre il suo aspetto originario, il suo essere figlio, fatto ad immagine della bellezza del Padre, ed erede di un Regno eterno che non consce odio, dolore, pianto, morte.

                A ragione, allora, le beatitudini sono la base della Buona Novella. Ovvero, l’annuncio gioioso che l’uomo è molto di più di quello che si pensa e si vede, è infatti riflesso del volto del Padre e del Figlio, è persona abitata dalla presenza divina, quindi felice.

Ma l’annuncio al tempo stesso sconvolge e confonde per l’attrito fra parole e contenuto, in altri termini questo modo diverso di sentirsi uomini e di essere felici contrasta con il nostro comune sentire. Infatti, se pensiamo all’uomo che crediamo pienamente realizzato e felice, pensiamo a qualcuno da invidiare, cioè pensiamo al ricco, non certo al povero; pensiamo al forte, non al mite; al calcolatore che concede con misura o non concede affatto, non al misericordioso. Basta insomma capovolgere le parole del Vangelo, ma il problema è di sapere se rovesciando il Vangelo si possa ancora parlare di gioia. Se ignorando il volto del Padre si possa compiutamente rispondere al desiderio di felicità inscritto in noi.

                La storia ci insegna che senza Dio non può esserci felicità, perché senza di Lui perdiamo il senso stesso della nostra identità. Per cui se Dio gioisce nel donarsi, è fonte di immensa e vera gioia il farsi poveri per amore come Lui; se Dio è mite, è bello essere dolci e teneri come Lui; se Dio ha un cuore grande nel perdonare, perché non seguirlo con la passione di costruire con Lui il miracolo stupendo della pace? Ci si accorge allora che, se la vita si spoglia di tante sicurezze umane, viene a colmarsi di un senso nuovo e pieno di luce, e si vive nell’amore, si respira nell’amore, si spera portati dall’amore. Si è veramente beati.

                Certo, il manifesto programmatico delle beatitudine è il più utopico, “irrazionale” e desueto che l’uomo possa pensare, ma l’alternativa che ci siamo creati a questo programma è cagione di tristezza, vuoto, nonsenso. Allora, perché non scegliere  il meglio? perché non seguire il programma di Dio? perché non aderire all’annuncio che rovescia gli uomini dallo smarrimento alla gioia?

Conclusioni

                Le Beatitudini sono un invito a fissare lo sguardo su un Volto, ad innamorarsi di una Persona che sussurra al cuore di ogni uomo: “Se entrerai nel mio grembo, sarai partorito ogni giorno nella beatitudine” (Cfr. A. Merini).     

Serena Domenica

+Vincenzo Bertolone         

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