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Vangelo di domenica 19 Dicembre PDF Stampa E-mail
Scritto da don M.Campisi   
domenica, 19 dicembre 2010 08:06
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 1,18-24 - Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

 

Il dramma di Giuseppe. L'Avvento oltre il futuro

E' doloroso e, nel contempo, consolante rivelare come Dio manifesti il suo progetto anche attraverso il dramma di alcune persone. E' stato sempre così: Abramo, Mosè, i profeti. Lo stesso Paolo potrà dire alla fine del suo primo viaggio missionario: "E' necessario passare attraverso molte tribolazioni per poter entrare nel regno di Dio" (At 14,22).
Ci accorgiamo che è proprio la via della sofferenza il nostro modo tipico di collaborare con Dio nella realizzazione dela suo progetto di salvezza.
L'evento ("Ecco come avvenne..." Mt 1,18) è sofferto e rivelato da Giuseppe, figlio di Davide. In secondo luogo, è illuminato dalla profezia (vv. 22-23) e accolto da Giuseppe stesso, mediante un atto di obbedienza che rivela tutta la sua singolare ed emblematica spiritualità.
Il protagonista umano della scena è Giuseppe, ma accanto a lui emergono la figura e la funzione di Maria. Attraverso di loro si rende presente ed agisce lo Spirito Santo, il protagonista divino.
Anche Maria vive il suo dramma personale di donna. E' il dramma della sposa accanto al suo sposo; è il dramma della madre che vive in anticipo quello del figlio suo; è il dramma della Vergine che desidera entrare nel piano di Dio con piena consapevolezza; è il dramma della Chiesa che si rivede nel dramma di Maria. Oggi come ieri; il nuovo come l'antico popolo di Dio; Maria e Giuseppe come Abramo e il servo sofferente di Jahvè. Tutti e sempre siamo chiamati a fare esperienza della fecondità attraverso il sacrificio di noi stessi.
Maria, allora, diventa "un segno" privilegiato attraverso cui Dio guida il suo popolo alla ricerca e al riconoscimento del Messia-Salvatore.
Come alla giustizia di Giuseppe corrisponde la giustizia di Dio, così ora alla povertà di Maria corrisponde la povertà di Dio. Dio infatti si manifesta ricco attraverso strumenti poveri; si manifesta potente attraverso strumenti deboli; si manifesta grande attraverso la collaborazione dei "piccoli".
Come per Giuseppe, anche per Maria l'intervento di Dio accade secondo ritmi umani. In primo luogo, per mezzo del profeta Isaia: "Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio". In secondo luogo ciò che accadrà in Maria è frutto dell'amore di Dio per l'umanità: è gesto amoroso di Dio verso l'umanità peccatrice: "Lo Spirito Santo verrà su di te e l'onnipotente di Dio, come nube, ti avvolgerà..." (Lc 1,35).
Tutto il significato di questo divino intervento nella vita di Maria sta racchiuso nel nome che dovrà essere dato al neonato: l'Emmanuele. Attraverso la collaborazione di Maria Dio prende questo nome messianico; attraverso l'obbedienza di Maria Dio si fa nostro salvatore; attraverso la presenza di Maria Dio guida e orienta la storia della Chiesa.
Il racconto di Matteo non lascia spazi a perplessità di sorta: la nascita di Gesù avviene all'interno di una costellazione di fatti incredibili, al di fuori di ogni logica umana, dove piuttosto la regola è nella "eccezionalità" dell'evento.
Oggi celebriamo, perciò, la manifestazione della imprevedibilità di Dio e della "diversità" del suo amore.
E non si tratta soltanto del concepimento verginale di Maria. Altrettanto imprevedibile è l'atteggiamento di Giuseppe che non ripudia la donna da cui attendeva un figlio senza aver amato.
Chi ne sarebbe capace oggi? E perché avrebbe dovuto farlo Giuseppe, lui che viveva in un contesto culturale e religioso in cui le adultere venivano lapidate e l'uomo, anche se legato dal vincolo matrimoniale, poteva lecitamente allontanare la sposa? E perché Maria avrebbe dovuto assecondare la potenza dello Spirito di Dio? E perché Dio avrebbe deciso di "rompere il suo silenzio di secoli di storia", farsi uomo tra gli uomini, per abitare la storia scartando ogni distanza, ogni mediazione con la stirpe di Davide?
Ecco che, al culmine dell'Avvento, Dio si manifesta attraverso i processi della discontinuità, che è una continuità secondo lo Spirito.
Il futuro non viene pensato da Dio come continuità rispetto al presente. Non c'è fedeltà ai suoi progetti che non richieda strappi. Non c'è fede che non postuli la disponibilità a mutare radicalmente i piani dell'esistere. Non c'è chiesa che non possa trincerarsi nell'esigenza di essere eguale a ieri per salvare la propria identità.
Ecco che, al culmine dell'Avvento, obbedire allo Spirito significa, per Giuseppe, rivedere un progetto di vita familiare già curato nei particolari, costruito pazientemente giorno per giorno, preparato nel dettaglio, che vuol dire anche con fatica.
E per Maria vuol dire rischiare la solitudine, l'abbandono, prestare il corpo, e la mente, come fossero luogo d'innesto di un futuro che viene totalmente inedito.
Giunti così al vertice dell'Avvento, ci accorgiamo che tutte le fila del passato, volte al sopraggiungere del Messia, si concludono con un nodo i cui capi, però, si trovano avanti e non dietro. Il Cristo sta, sì, al termine di un processo storico, ma come conclusione logica di premesse piantate nel futuro. Come mai?
C'è nella storia una continuità secondo ragione, che è il futurum. E c'è una continuità secondo lo spirito, che è l'adventus.
E' il totalmente nuovo, il futuro che viene come un mutamento imprevedibile, il sopraggiungere gioioso e repentino di ciò che non si aveva neppure il coraggio di attendere.
Promuovere allora l'Avvento è scegliere per l'inedito, accogliere la diversità come gemma di un fiore nuovo, come primizia di un tempo nuovo.
Mettere al centro delle attenzioni pastorali il povero, è Avvento. E' Avvento, per una madre, amare il figlio handicappato più di ogni altro e di ogni altra cosa. E' Avvento, per una coppia felice e con figli, mettere in forse la propria tranquillità, avventurandosi in operazioni di "affidamento", con tutte le incertezze che tale ulteriore fecondità si porta dietro, anzi, si porta davanti. E' Avvento, per un giovane, affidare il futuro alla non-garanzia di un volontariato, alla non-copertura di un impegno sociale in terre lontane, a un servizio umanitario che, se non è mai ricompensato economicamente, qualche volta non gratifica neppure su quello morale. E' Avvento, per una comunità, condividere l'esistenza del terzo mondo e sfidare l'opinione dei bempensanti che si chiude davanti al diverso, per non permettere infiltrazioni inquinanti il proprio patrimonio culturale e religioso. E' Avvento, per un ordine religioso o per un presbiterio Diocesano, allentare le cautele della circospezione mondana per tutelarsi il sostentamento, facendo affidamento sulla "insostenibile leggerezza" della Provvidenza di Dio. E' Avvento, per quella top model, che lascia sicurezza economica e fama internazionale per farsi suora di clausura. E' Avvento, per quella donna a cui è stato ucciso il marito o il figlio perdonare il suo assassino.
"Ecco come è avvenuta la nascita di Gesù" (Mt 1,18): per promuovere l'Avvento, Dio è partito dal futuro.

don Mario Campisi 

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