L'olivicoltura è in crisi profonda. Che il settore era in crisi ce n'eravamo accorti già da un bel po', quest'anno un quintale di ottime olive viene pagato dai 25 ai 30 €uro, con quello che costa il lavoro di raccolta è facile intuire perchè molti preferiscono lasciar marcire il prodotto per terra. Eppure ci sarebbero altri sistemi per potenziare questo settore, sistemi legati al turismo, come avviene in Toscana, in Liguria e, in parte, anche in Puglia. Pensate che intere famiglie di svizzeri e tedeschi in questi giorni si trovano in Toscana per la "tradizionale raccolta delle olive", ma quì da noi ci si riempie la bocca con la parola "turismo" senza capirci un'accidenti, guai a suggerire qualche idea ai poiliticucci da quattro soildi che ci governano, la loro saccenteria e ottusità raggiunge livelli spaventosi. Una precisa disamina della situazione la trovate nella seconda parte scritta da Gianpaolo Iacobini.
Olivicoltura: la crisi arriva anche a Cassano. I piccoli produttori alle corde: «Non conviene nemmeno più effettuare la raccolta». Cassano, sulla carta città dell’olio, di ulivi da coltivare e di olive da raccogliere ne ha sempre avuti. Adesso, però, al culmine di un percorso al rovescio intrapreso qualche anno fa, le olive restano sempre più attaccate agli alberi. La storia è nei numeri e nel grido di dolore dei piccoli produttori del territorio. Si parte dai primi: circa il 70% della superficie ad olivo è rappresentata dal sistema tradizionale in asciutto, con olivi consociati con altre colture, con potature difficili e pericolose e metodi di raccolta non sempre prossimi al massimo dell’efficienza, caratterizzato da un alto fabbisogno di manodopera sommato ad un elevato costo del lavoro umano, che comporta una bassa redditività. Una combinazione micidiale, che unita al prezzo d’acquisto praticato dai principali centri di produzione olearia ha assestato al settore una mazzata che rischia di rivelarsi letale: negli ultimi 5 anni il prezzo dell’olio è sceso del 30% mentre i costi di produzione per gli agricoltori sono aumentati, con una conseguente riduzione di reddito di circa il 40%. Con questo trend si rischia un progressivo abbandono della coltivazione dell’ulivo, considerato che dal 2013 saranno drasticamente ridotti gli aiuti comunitari al settore. Con i piccoli produttori locali che denunciano: «Molti di noi hanno rinunciato ad effettuare la raccolta a causa del basso prezzo, prossimo ai 20 euro al quintale, che ci viene offerto dai compratori e che non basta neppure a coprire i costi della raccolta. E questo perché i produttori di olio trovano più vantaggioso acquistare all’estero l’extravergine da immettere sui mercati italiani». La parola passa alle associazioni di categoria. «In un mercato fattosi ancora più difficile con l'entrata in vigore della zona di libero scambio nel Mediterraneo – sostiene ad esempio la Assoproli - è necessario che l'olivicoltura e la produzione di olio d'oliva divengano attività a tecnologia avanzata». Coldiretti, invece, punta il dito contro il rischio contraffazione: «Da anni denunciamo l’esistenza di un racket con centinaia di migliaia di litri rubati in Spagna per essere importati clandestinamente in Italia. Occorrerebbe intensificare la rete dei controlli, visto che il crollo del prezzo delle olive dipende soprattutto dalle sofisticazioni». Obietta però la Cia: «Anche con gli attuali disastrosi prezzi di mercato per l’olio extravergine non è giustificato un calo di prezzo del quintale di olive che è sceso fino a 20 euro al quintale. Siamo convinti che pure nell’attuale periodo di crisi vi siano le condizioni per riconoscere un prezzo non inferiore ai 40 euro». Spunti per un dibattito appena agli inizi che regala una sola, drammatica certezza: anche il comparto olivicolo è entrato nel tunnel della crisi. Gianpaolo Iacobini – Gazzetta del Sud - 30 novembre |