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Tutto cambia, nulla cambia! PDF Stampa E-mail
Scritto da A.Cavallaro   
sabato, 13 novembre 2010 00:03
ImageNegli ultimi dieci anni la diatriba sulla secessione tra Nord e Sud si è talmente acuita da raggiungere toni e termini che vanno molto aldilà del “terrone” o “polentone” che ci si scambiava qualche decina d’anni fa, spesso in modo anche simpatico e per niente offensivo. Le offese pesanti che, soprattutto, certi rappresentanti della lega nord rivolgono nei confronti del Sud e dei meridionali in genere, invece, non sono più sopportabili. Uno dei peggiori difetti di noi meridionali e dei calabresi in particolare è quello di avere troppa, esagerata pazienza. Siamo come il cane che abbassa  la testa e  sopporta anche  i calci, gli improperi e gl’insulti immeritati del padrone, ma quando è troppo poi comincia a tirar fuori i denti  e azzanna  senza badare come e chi  colpisce. Stiano attenti quindi questi signori, perché prima o poi il cane si stancherà e allora altro che “trecentomila fucili” di Bossi ci vorranno per salvare questi balordi dalla furia bestiale che si potrebbe scatenare su di loro.

Ci auguriamo tutti che non si arrivi mai ad un punto di non ritorno (vedi ex-Jugoslavia) e stamane, riflettendo su questa situazione di ormai aperta conflittualità, mi è venuto alla mente un personaggio di Rossano, giornalista e uomo di cultura, certo Giuseppe Rizzo, nato nel 1881 e morto nel 1952.  Aveva fondato nel 1905 il periodico “Nuova Rossano” che  diresse per 50 anni fino alla morte “con animo battagliero”, come ricorda mons. Luigi Renzo in una sua pubblicazione dal titolo “In Calabria tra storia e costume”. Ho scartabellato un po’ tra i miei libri ed ho trovato le frasi, che ricordavo vagamente, scritte dal Rizzo nel 1945, ma che potrebbero essere scritte anche adesso e che, a distanza di più di sessant’anni, suonano oltremodo attuali:

“Non abbiamo mai fatto questione di regionalismo:   ci sentiamo troppo italiani per non considerare fratelli tutti i nati sotto il nostro cielo, cominciando dall’estrema Lampedusa alla Sicilia, colla quale abbiamo comuni storia e costumi….. Più cari di tutti però, in questo momento, ci sono i fratelli della Venezia Giulia, che per unirli al suo seno la patria ha immolato….600 mila morti, un milione e duecentomila mutilati ed ingenti ricchezze e Rossano vi ha sacrificato 300 dei suoi figli: non intendiamo fare del regionalismo, ma abbiamo il dovere di tutelare la nostra dignità meridionale; reclamare il nostro diritto alla vita e al governo di noi stessi senza continuare ad essere trascurati, ad essere considerati come pupilli bisognevoli di tutela. Che cosa infatti noi abbiamo avuto in 85 anni (1865-1945,n.d.r.) di vita nazionale, se non dare il nostro denaro per fare più belle e progredite le altre regioni; i nostri prodotti per ricevere, in cambio, i rifiuti e lo scarto di ciò che si produceva altrove…. Che cosa abbiamo avuto, cioè, con l’unità della patria se non di essere considerata, la nostra, terra di conquista?”

E ancora

“Non vogliamo contrapporre un vento del Sud a questo oggigiorno conclamato vento del Nord; è desiderabile che non sia posta più…. L’antitesi fra Nord e Sud, cha ha già avvelenato per molti decenni la vita politica italiana ed ancora ha cupi riflessi, come insegna il movimento del separatismo… L’Italia, beninteso, ha bisogno di unità e, più che mai oggi, di una consacrazione concorde e totale del popolo nel lavoro e nel recupero di tutte le possibilità atte a trarla dal gorgo… Ora basta: Facta non verba”.

Cosa ne pensate, cari amici, non sarebbe il momento di fare una seria e sana riflessione sulla nullità della politica italiana degli ultimi 60 anni nei confronti del Sud? Non sarebbe il caso che si cominci a pensare che non possiamo essere eternamente considerati “bambini pasticcioni” bisognosi della badante padana? Non sarebbe il momento giusto per creare un soggetto politico alternativo alla partitocrazia nordista, che nasca nel Sud e per il Sud?

Antonio Cavallaro

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