Vangelo di domenica 30 maggio |
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Scritto da Bertolone, Rungi | |
sabato, 29 maggio 2010 08:13 | |
(seguono commenti di mons. Vincenzo Bertolone e di Padre Antonio Rungi)
Santissima Trinità 30 Maggio 2010
Un mistero da contemplare ed esplorare
Introduzione
La Chiesa oggi ci invita a celebrare la festa della Santissima Trinità, una tra le fondamentali per la nostra fede. Se domenica scorsa, domenica di Pentecoste, abbiamo concluso il Tempo di Pasqua, questa domenica dedicata alla Trinità segna l’inizio del Tempo Ordinario, quello della fatica quotidiana, del crescere, del vivere da uomini. Protagonista del tempo pasquale è stato Gesù: Egli l’ha reso pieno operando in mezzo a noi attraverso i vari eventi della salvezza; nel Tempo Ordinario, invece, è l’uomo che deve operare – non da solo ma con l’aiuto di Dio – per la realizzazione della salvezza definitiva e totale. Questo è dunque il tempo pieno dell’uomo. Questo tempo comincia con la festa della Santissima Trinità, ovvero con la festa della contemplazione dell’intima natura di Dio. Il cammino di salvezza, sia personale che comunitario, ci mette a contatto diretto con il mistero della Presenza trinitaria e dell’amore infinito di Dio. Ma ci mette anche in contatto con la nostra stessa natura. Infatti, se nella Genesi leggiamo di essere fatti ad immagine di Dio e se la natura intima di Dio è trinitaria, allora, riprendendo le parole di sant’Agostino, possiamo riconoscere : “Benché non uguali a Dio, anzi infinitamente distanti da Lui, poiché, tra le sue opere siamo quella che si avvicina di più alla sua natura, riconosciamo in noi stessi l’immagine di Dio, ossia della Santissima Trinità”. Dunque, questo Tempo Ordinario è tempo dell’uomo nella misura in cui compie in esso un cammino di ricerca di Dio, al termine del quale è Dio a rivelarsi all’uomo e a rivelare all’uomo se stesso: la sua vera persona. Infatti, alla luce del mistero trinitario l’uomo può riconoscere chi è: nella sua provenienza, nella sua esistenza, nel suo divenire e nel suo compimento finale. “Nella tua natura, o Dio eterno, conoscerò la natura mia” (santa Caterina da Siena). Tuttavia di fronte al mistero della Santissima Trinità nessuna spiegazione è tanto chiara da poter appagare completamente la nostra ragione, così nessuna immagine è tanto eloquente da farci penetrare fino in fondo questo mistero. Tre Persone in Una, resta un dogma dinnanzi al quale rimanere in silenzio, adorare e credere. Desidererei, per quanto mi è possibile nel breve spazio di una riflessione, cogliere tre aspetti di questo mistero: nel primo riprenderò le parole usate dalle letture della liturgia per raccontare della Trinità; con il secondo aspetto mostrare come in realtà siamo circondati, avvolti, quotidianamente, da un mistero che ci sfugge, ma che ci afferra dalla nascita e per tutta la vita. Terzo ed ultimo aspetto rispondere a due domande: in che modo in noi si riflette l’immagine della Trinità e cosa dice a noi, oggi, la realtà del mistero trinitario.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
Non ci sono parole migliori di quelle usate oggi nella liturgia per raccontare della Trinità: la poesia dei Proverbi, il cuore pieno e vibrante di Paolo che trapela dal brano della lettera alla comunità di Corinto; il senso della rivelazione e della ricerca di cui traboccano le parole di Gesù nella pagina del vangelo di Giovanni. La poesia dei Proverbi è quella sul Logos, sulla Sapienza di Dio. Sapienza che dà origine alle cose, che traccia l’arco del cielo, che prova la gioia di creare, che gode della bellezza delle cose uscite dalla sua bocca, e gode soprattutto della loro compagnia. Quella che si celebra e si canta è, dunque, la prima Persona della Trinità: il Dio generoso che moltiplica la vita, crea bellezza, produce armonia e compagnia; il Padre del Battesimo che ci ri-crea come figli. Poi c’è il cuore vibrante e pieno di Paolo, che ci suggerisce passione e speranza: lo stesso Dio creatore oltre al dono della vita, ci riempie ogni giorno il cuore, “l’amore è stato riversato nei nostri cuori”. Egli non si chiude in se stesso, come essere perfetto, autosufficiente, ma la Sua perfezione sta nel dilatarsi, espandersi distillando amore nel cuore dei suoi figli, perché i suoi figli sappiano guardare e leggere le cose del mondo solo attraverso occhi e parole pieni di bellezza e speranza. E, infine, Gesù che pronuncia parole di rivelazione e ci invita a percorrere un lungo cammino di ricerca, nel quale non siamo soli, ma guidati ed illuminati dallo Spirito che : “ci guiderà alla verità tutta intera”. È lo Spirito santo, infatti che ci prende, ci conquista, diventa il nostro maestro interiore, ci porta a conoscere le parole e i segni compiuti da Gesù, ed è sempre mediante la Sua azione che impariamo a riconoscere nel volto di Cristo il volto del Padre. E così il Cristo Gesù ci conduce alla comprensione : “Io e il Padre siamo una cosa sola”. Ma se non facciamo nostra la Parola ascoltata, rischia anche per noi cristiani di restare solo una parola, allora veniamo al secondo aspetto della nostra riflessione forse più concreto, ma poco meditato: giacché nella maggior parte dei casi, i gesti della fede sono ripetuti automaticamente, perdendo così il loro valore intrinseco. Eppure essi ci mettono in contatto, ogni giorno, con il mistero trinitario, fungendo da sigillo di appartenenza, da segno distintivo che manifesta una precisa identità. Alludo naturalmente al segno della croce, gesto umile e semplice: lo facciamo quando entriamo in Chiesa e quando preghiamo; nel suo segno iniziamo e concludiamo la Santa Messa. Con il segno di croce ricordiamo il simbolo della nostra redenzione, ma lo facciamo nominando le tre Persone divine: tutte egualmente partecipi dello stesso sacrificio di salvezza. Così anche la Santa Messa che ha una struttura trinitaria: è basata tutta sul sacrificio di Cristo, ma esso è presentato quale offerta al Padre per l’espiazione dei nostri peccati, e ciò si attua grazie all’azione dello Spirito Santo. Al segno della croce e alla Santa Messa vanno aggiunti i Sacramenti che ci accompagnano e sostengono nell’arco di tutta la vita, tutti amministrati in nome della SS Trinità. A partire dal Battesimo tutto il nostro cammino terreno è guidato dall’azione personale di ognuna delle tre persone della Trinità: dal Padre, che ci chiama continuamente alla vita; dal Figlio, che si è fatto uomo perché Dio potesse parlare da cuore a cuore, camminare accanto a noi, gioire e soffrire per noi e con noi. Dallo Spirito Santo, ospite dolce dell’anima per essere nostro soffio vitale, nostra forza e nostra consolazione. È Lui che dona la virtù, ci ispira una vita onesta, e il premio, una vita eterna. Dunque da sempre siamo coinvolti in questa meravigliosa triplice invasione d’amore. Perciò non distraiamoci segnandoci con la croce o partecipando alla Santa Messa, giacché sia il segno di croce che la Messa ci avvicinano al mistero trinitario di Dio di cui siamo riflesso, immagine stessa.
Immersi nel mistero trinitario
Il terzo ed ultimo aspetto di questa breve riflessione ci riporta ad una frase della citazione iniziale di Agostino: “…riconosciamo in noi stessi l’immagine di Dio, ossia della SS Trinità…” : ma come può essere che un corpo così piccolo possa contenere un mistero tanto grande; e cosa dice all’uomo di oggi la verità sul suo essere immagine della Trinità? L’immagine racchiusa dentro di noi ha i caratteri dell’amore, dell’unità, della molteplicità, della gratuità nel dare e nella gioia del ricevere, del desiderio di non chiudersi ma di aprirsi in un continuo scambio, della volontà di comunicare incessantemente. Questi connotati, sono gli stessi che caratterizzano i tratti del volto trinitario: del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Il loro è un amore che non si chiude entro i confini della Trinità, ma si dilata, si “riversa” nella creazione (il Padre), nel farsi uomo del Verbo (il Figlio), nell’abitare il cuore e la mente della creatura (lo Spirito Santo). Ecco: la Trinità è l’abbraccio del Padre e del Figlio e dello Spirito ad ogni creatura. Ora se la Trinità è immagine di questo amore comunitario, allora, l’uomo, immagine di Dio, non può non amare secondo il cuore di Dio. Perciò è necessario che l’uomo ami per essere immagine di Dio, ami secondo le caratteristiche dell’amore trinitario, cioè in modo totalmente gratuito, senza calcoli, limiti o ragioni; come il Figlio, in modo pieno di gratitudine, ovvero lasciandosi amare riconoscendo che “ L’amore non è solo ciò che puoi dare all’altro, l’amore è anche la capacità di ricevere l’altro, di dirgli grazie perché esiste” (B. Forte). E per finire deve sapere amare come lo Spirito santo cioè con la passione di costruire ponti, di e cancellare pregiudizi, intolleranze, divisioni. In definitiva, restituendo alla Trinità Santa, con la gratitudine del nostro cuore, la nostra povera capacità di amare. Guardando alla nostra vita e alla nostra società, possiamo dire senza ombra di dubbio che molto può dirci questo mistero trinitario. Esso ci chiama ad un impegno: vivere e rivelare con la nostra vita l’amore del Padre, del figlio e dello Spirito Santo, sentendolo come principio, senso, ragione e gioia di tutta la vita. Assolvere a questo impegno significa dimostrare all’uomo che non siamo isole, e che la solitudine, tanto diffusa nella società odierna, subita o scelta egoisticamente, è contro la nostra natura. Del resto lo vediamo: stiamo bene solo quando amiamo, siamo in compagnia, accogliamo e siamo accolti: solo amando realizziamo la nostra vocazione comunionale. Allora, come uomini fatti ad immagine della trinità, siamo chiamati ad investire nella fatica dello stare insieme, nella relazione sincera e costruttiva, perché tutto il resto è tempo perso. Dunque, è a questa comunione che si dovranno ispirare le coppie che credono al Vangelo per essere capaci di accogliersi nella reciprocità e di aprirsi sempre alla vita. e, ancora, è sempre alla Trinità che devono guardare le nostre comunità ed ogni singola persona che vuole manifestare l’amore della Trinità.
Conclusione
Il cammino verso la scoperta del mistero trinitario è progressivo: non si arriva subito alla contemplazione e alla comprensione. A volte poi ci si ferma, credendo che troppo grande sia il mistero perché la mente e il cuore umano possano contenerlo. Eppure sant’Agostino scriveva: “Se un qualche importante personaggio ti dicesse: “Abiterò presso di te”, se la tua casa è molto piccola, ti spaventeresti. Non vorresti infatti essere in imbarazzo nell’accogliere quella persona importante, per la cui venuta la tua misera casa non sarebbe sufficiente. Non temere la venuta del tuo Dio, il desiderio del tuo Dio, non ti limiterà quando verrà; anzi venendo ti dilaterà” (cf. Discorsi 23,7). Non ostacoliamo l’azione di Dio quando riversa in noi la sua natura trinitaria, quando cioè ci inonda e ci rende partecipi del suo amore. É vero noi potremmo non contenerlo, ma Lui provvederà a dilatare il nostro cuore.
Cassano All’Jonio, 29 maggio 2010
+ Vincenzo Bertolone
Gloria e lode al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo |
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