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Vangelo della domenica di Pasqua PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 03 aprile 2010 20:30

ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 20,1-9. -  Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!».  (Il disegno è del pittore Antonio Caruso, calabrese che vive in Canada, cliccare sull'immagine per ingrandirla)

Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte.
Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.  Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.

Commento:

 

Pasqua di Resurrezione

4 aprile 2010

Il Canto di Primavera

 

Introduzione

 

                Questa è la Domenica di ogni inizio, è la Domenica dell’esultanza e della gioia. In questo giorno da sempre, la Chiesa, all’annuncio triste della Croce fa seguire la buona novella della Resurrezione: si muti in gioia tutto il dolore della vita, il pianto si trasformi in letizia, la bocca si riempia di gaudio, il cuore di tripudio giacché, se nei giorni passati tutte le prediche si concludevano con parole di passione, morte e sepoltura, dall’alba di questo giorno le parole inondano di gioia i cuori, facendo risuonare nelle orecchie dolci melodie, accendendo nelle nostre  vite speranze insperate: oggi l’impossibile è divenuto possibile. Colui che era morto è Risorto, libero fra i morti (Sal 27,6) e liberatore dei morti.

                Allora all’unisono cantiamo: “Colui che aveva tollerato l’oltraggio di venire cinto di una corona di spine, si fregia, risorgendo, con il diadema della propria vittoria sulla morte” (Cirillo di Gerusalemme), riconoscendo così che il nostro Signore risorto non solo ha vinto la morte, ma ha dato anche una vita nuova. Infatti, la resurrezione di Cristo non è la semplice notizia di una rinascita, né di una reincarnazione: è passaggio ad una vita nuova, piena, gloriosa; è possesso della vita vera, eterna, incomprensibile, eppure “contagiosa”, capace cioè di trasmettersi agli altri. È, ancora, apertura al grande mistero dell’uomo: svelamento della verità sulla sua vita e la sua fede.

                Difatti, se con Paolo diciamo vana sarebbe la nostra fede se Cristo non fosse risorto (cfr. 1Cor 15, 16), altrettanto potremmo aggiungere vana sarebbe la nostra vita se Cristo con la resurrezione non ci avesse aperto le porte della vera vita. Di fatto, il messaggio della resurrezione è il solo che possa illuminare il cammino dell’uomo nella sua esistenza terrena: senza la meta segnataci dal Cristo risorto la nostra esperienza  si tradurrebbe in una tragica delusione. Invece Cristo ha annullato infranto la certezza della morte aprendoci le porte del regno della vita.

                Così alla luce di questo primo giorno il cielo riempie di senso l’umano, il mondo si accende di una luce mai vista e si riempie della Presenza di Dio, che tutto prende e tutto dà. Questo mistero di amore e di salvezza ci viene incontro nel volto glorioso del Cristo risorto.

Facciamo dunque nostra l’umile, tenera, affettuosa, sommessa invocazione della Maddalena, “Cristo, mia speranza, è risorto!”, perché da cuori lacerati dal dolore e smarriti per le tante speranze deluse, sbocci il fiore della fede, speranza unica e vera nel Cristo tornato a vivere, ed anche perché noi abbiamo la vita e, nell’oggi della Chiesa, si continui a credere in quell’amore e in quella esistenza che si palesa con i tratti inconfondibili del volto del Risorto.      

 

Crediamo perché amiamo

 

                Il primo annuncio della Resurrezione è affidato a delle donne all’epoca testi poco attendibili. Esse credono, pur non avendo visto ancora, il Cristo risorto, si fidano di poche parole; nessuno ha visto, eppure la Maddalena riconosce in uno sconosciuto il suo Signore risorto e la sera dello stesso giorno altrettanto faranno due discepoli in cammino verso Emmaus.

Ma nonostante  ciò non dia una certezza scientifica, la Resurrezione resta l’evento centrale della vita di Cristo, della storia dell’uomo e del messaggio della salvezza. La Resurrezione, infatti, segna un passaggio cruciale nella vita e nella morte dell’uomo Gesù e, di conseguenza, nell’intero arco della nostra esistenza: la vita non finirà più con la morte, ma passerà da questo mondo in una dimensione sconosciuta. Ci si potrebbe chiedere perché  credere ed anche quali ragioni indussero le donne al sepolcro, la Maddalena, i discepoli di Emmaus a credere che il loro Signore fosse veramente risorto?

Nel primo mattino dopo il sabato, nelle donne che si recavano al sepolcro era, di certo,  ancora vivo il dolore, ma davanti al sepolcro vuoto ancora non credono, semplicemente registrano quanto vedono: una tomba vuota. Saranno le parole dei due angeli a fornire le ragioni del credere. Ma, attenzione, non tutte le parole serviranno a questo scopo, solo poche riusciranno ad accendere in loro la speranza, a far sbocciare la fede, a segnare l’esperienza del Risorto: “Ricordatevi delle sue parole! Ricordatevi. Diceva: bisogna che io sia crocifisso e risorga”. Esse si ricordano allora delle parole del Maestro, e iniziano a credere nella Sua Resurrezione, proprio perché ricordano. Credono per la parola di Gesù, non per quella degli angeli. Non sono gli angeli che fanno credere,  ma quella parola conservata, e che infiamma letteralmente per la forza della Sua presenza. E così le donne diventano apostole degli apostoli. Apostole dell’attesa silenziosa, del seguito nascosto, dell’amore di lontano: non coinvolte direttamente nella vita e nell’opera del Cristo vivo, come un Pietro, un Andrea, o un Giovanni, hanno tuttavia conservato nel cuore quelle parole, hanno trattenuto la memoria viva di quei gesti, amandoli sino alla fine e anche dopo. Diceva sant’Agostino che nell’uomo vive solo ciò che gli sta a cuore, nutre la mente solo ciò che la rallegra: e le donne di quel primo giorno dopo il sabato ancora conservavano vivo il ricordo del loro amato Signore, per cui la forza della memoria ha fatto aprire loro gli occhi sulla verità del Risorto, trasformando il dolore, il pianto, lo smarrimento dei giorni di lutto in gioia, giubilo e fede nell’alba del nuovo giorno di vita.

Ciò che invece ha fatto credere e riconoscere il Risorto in Maria di Magdala e nei discepoli di Emmaus è stata l’esperienza dell’amore. L’una e gli altri registrano la continuità dell’amore di Cristo che, risorto, non smentisce la propria umanità e divinità, Egli non si manifesta con segni di potenza, ma, anche in questo giorno glorioso, ricorre a semplici gesti d’amore: Maria di Magdala, pronunciando il nome, per i  due discepoli spezzando il pane.

La prima ha aperto gli occhi sulla verità del Risorto non appena ha sentito pronunciare il suo nome: riconosce il suono di quella voce amata, nessuno avrebbe mai potuto pronunciare il suo nome in quel modo, un modo che rivela tutta la forza e la tenerezza travolgente di un amore che perdona e vivifica. I secondi hanno aperto gli occhi quando il Viandante sconosciuto ha spezzato loro il pane: ripetendo le parole e i gesti di quella ultima cena, durante la quale il Signore ha suggellato, con l’offerta del suo corpo e del suo sangue, il patto d’amore con il Padre per la salvezza degli uomini.

Dunque, come dicevano i medioevali :”Ubi amor est, ibi oculus  est”, ovvero dove c’è l’amore c’è lo sguardo. In altri termini chi ama veramente capisce e riconosce: la Maddalena e i discepoli di Emmaus amavano e, dunque, hanno riconosciuto e creduto. Fu sufficiente un piccolo segno, un piccolo cenno perché il loro amore diventasse sguardo: Gesù non si fa pregare ed offre semplici gesti d’amore per farsi riconoscere. Perché la memoria si faccia Presenza, si riempia di un nuovo contenuto, si infiammi di un amore e di una vita inarrestabili.

                Ed è appunto in virtù di questo nuovo contenuto e di questa nuova forza vitale che è stato possibile per le donne, per Maria Maddalena e per i discepoli di Emmaus passare dalla visione alla testimonianza, grazie alla quale anche gli altri  crederanno. Credenti allora saranno quei discepoli che, pur non avendo visto il Cristo risorto, crederanno alle parole delle donne, degli Apostoli e di quanti hanno fatto esperienza del Risorto.

Credenti saremo anche noi oggi se testimonieremo l’incontro con il Risorto, armati di speranza, gioia, pace, perdono e di una nuova vita nello Spirito di cui ci ricolma la sua Presenza.

 

Il volto dell’uomo “pasquale”

 

                E siamo giunti al secondo punto di questa breve riflessione: la Resurrezione non è solo un evento, ma è anche un programma di vita, che accompagna e caratterizza lo stile del nuovo credente, il battezzato.

Nel Battesimo, noi siamo morti con Cristo e siamo risorti con Lui, a nuova vita: che, perciò, non può essere più come prima. Abbiamo perso la vecchia appartenenza e ne abbiamo acquistato una nuova, tuttavia né la morte né la rinascita si attuano in un istante. Il vecchio uomo è stato colpito, ma può sempre tornare a vivere; la nuova vita è sbocciata, ma può sempre appassire, spegnersi. Occorre perciò un impegno di mortificazione, di resurrezione, di rinnovamento permanente. C’è da indebolire ogni giorno l’appartenenza a ciò che per istinto siamo e dar vigore, invece, a quello che siamo diventati dopo l’Incarnazione, la Morte e la Resurrezione del Cristo.

Dobbiamo cioè assumere le fattezze del Risorto, essere uomini capaci di portare, qui e ora, il cielo, rendendo quindi l’esistenza terrena il più possibile vicino a quella futura. In definitiva, da quel primo giorno dopo il sabato, non si può più camminare quaggiù, sulla terra, senza relazionarci alle realtà di lassù; non si può vivere nella carne attuale semplicemente chiusi entro orizzonti e  obiettivi solo materiali, in altre parole senza tener ben desta la coscienza che questa vita rappresenta una opportunità meravigliosa – un’ora, come per Gesù – di passare da questo mondo al Padre.

Quindi l’uomo “pasquale” è l’uomo che cammina sulla terra da “uomo del cielo”. E questo non significa evadere dalla terra o dalla vita, quanto piuttosto riempire entrambi di un contenuto nuovo, ovvero illuminandoli del senso che il Cristo risorto ha dato loro, rinnovandoli nel modo concretissimo in cui la verità del Cristo risorto gli ha rivelati definitivamente.

E se a volte questo cammino di fede e riconoscimento faranno vacillare i dubbi e le incertezze e, invece, di guardare al cielo restiamo incatenati alla terra, ricordiamoci che “la vita nella Pasqua si mostra più forte della morte” (C.M.Martini).

 

Conclusioni

 

                Un forte messaggio di speranza e di vita oggi risuoni nelle nostre Chiese: dopo i giorni della tristezza celebriamo la gioia del Cristo risorto. Un richiamo forte di primavera, di risveglio generale, di vita nuova continui a risuonare come dolce canto nelle menti e nei cuori di noi credenti. Perché se Cristo con la sua morte ci ha parlato dell’amore del Padre, con la Sua resurrezione ci ha insegnato che nel nome di Dio si può tutto, si può nascere e morire, si può trionfare nel mondo.

                Perciò nutriti di questo mistero di morte e di vita, memori delle parole e degli esempi di quanti hanno creduto oltre ogni speranza, portiamo nel mondo, lungo le strade della nostra ferialità la testimonianza della nuova vita che ci è stata donata, della grande speranza che ci è stata accesa. E perché non siano solo parole, ma ragioni per credere, facciamo gli altri partecipi dell’esperienza dell’incontro decisivo della nostra vita: quella con il Risorto. Rendiamo cioè contagioso quanto sperimentiamo della Chiesa: il riconoscimento delle tracce visibili della Presenza viva del Risorto. Anzi, diventiamo noi stessi quelle tracce, trasformandoci, ricolmi di Spirito Santo, in uomini e donne che sentono, agiscono, pensano e parlano secondo lo spirito del Dio vivente. Uomini e donne capaci di “guardare i dolori del mondo come a “gemiti della creazione”, come “a doglie del parto” che stanno generando un mondo più bello e definitivo, anche se ancora non si riesce ad immaginarlo”. Uomini e donne, infine, protesi verso la grande speranza, che ci viene dalla contemplazione di un solo volto: quello radioso del Cristo risorto. 

Buona Pasqua

+ Vincenzo Bertolone

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