Mordillo, archeologia abbandonata |
Scritto da A.Cavallaro | |
domenica, 14 marzo 2010 16:50 | |
Domenica 14 marzo – Stamane dopo aver ascoltato la SS.Messa nella ristrutturata chiesetta di San Giuseppe a Sibari, mi sono recato nel territorio di Spezzano Albanese in contrada “Torre Mordillo“. Sapevo che un gruppo di giovani appassionati di archeologia da Castrovillari sarebbe sceso a valle per visitare l’importante sito archeologico guidati da Gaetano Sangineti, giovane in gamba che da qualche anno, dopo aver brillantemente ultimato gli studi universitari in “Conservazione dei beni culturali”, si dedica all’approfondimento della conoscenza del territorio della Sibaritide e del Pollino offrendosi come esperta guida turistica ai visitatori estivi delle nostre coste. Purtroppo, quando giunsi in cima alla collina, dov’è ubicata l’area archeologica, non c’era più nessuno, ciò nondimeno, ho proseguito nella passeggiata sul piccolo verdeggiante altopiano collinare
Ho trovato una stretta viuzza pedonale lastricata e dopo averla interamente percorsa per tutta la sua lunghezza (circa 1000 metri) sono giunto al limitare del pianoro con la torre medievale detta “Mordillo” sempre in vista e dove sono ancora visibili delle robuste mura di cinta difensiva di epoca arcaica. A pochi metri da questo raro reperto c’è un dirupo creato dall’uomo per estrarre sabbia dal fianco della collina. Nelle immediate vicinanze di questa cava abbandonata si trova un’area recintata da una bassa palizzata con delle costruzioni anch’esse in totale stato di abbandono, dove probabilmente avrebbe dovuto sorgere un piccolo “antiquarium” e un centro d’informazione storico-archeologica. Nulla! Qualche decennio fa, qualcuno riuscì a trovare qualche centinaio di milioni, ne dovette pur spendere un po’ per dimostrare che erano serviti a qualcosa e il resto chissà, sarà servito ad altro, ma dopo nessuno si preoccupò più di dare uno scopo a quella spesa. Il piccolo camminamento è invaso dalle erbacce, tra qualche anno la vegetazione lo avrà definitivamente inghiottito così come le antiche mura, prima o poi, franeranno a valle nella cava abbandonata. Eppure in questo posto più di 3000 anni fa viveva della gente, i nostri precursori, coloro di cui si parla nella letteratura greco-romana, gli enotri, i bruzi, e poi i greci, i romani, e poi, e poi e poi…. E poi noi, i calabresi moderni, che abbiamo di tutto, come dice qualcuno, ma non siamo in grado di approfittarne. Forse è vero, forse siamo noi che non riusciamo a trasformare in modo pratico e funzionale le vestigia della nostra storia millenaria in possibilità di lavoro, in qualcosa di cui andare fieri; eppure anche in questi giorni i nostri politici sproloquiano sul turismo culturale, come da sempre.
Mentre camminavo sul pianoro inondato dal sole immaginavo gli abitanti di millenni fa, il Kyrios (il signore, capo-famiglia) che con i suoi servi coltivava il suo orto, mentre i bambini giocavano in modo discreto di fianco alla piccola casa ai margini di un boschetto di piante da frutta, dove qualche capretta pascolava tranquilla i primi fili d’erba primaverile, e la mamma sulla porta di casa preparava per desinare delle polpettine con un impasto di farina di fave e di grano, insaporite con cicoria selvatica. In lontananza un paio di guerrieri sulle mura di cinta osservavano la pianura e più lontano il mare per prevenire eventuali attacchi di un nemico sempre in agguato. Queste immagini scorrevano davanti ai miei occhi come se fossero reali, avevo voglia di chiedere, di sapere, ma il volo e il cinguettare di un uccellino a pochi metri da me, mi fecero svegliare da questa visione onirica e tornai sui miei passi lentamente. Una bella mattinata. (Antonio Michele Cavallaro)
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