In dubbio il mito di Ulisse |
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Scritto da A.Cavallaro | |
domenica, 15 novembre 2009 12:36 | |
![]() In un libro, in distribuzione da qualche mese, della Casa Editrice LoGisma, dal titolo “Chi ha ucciso realmente i Proci?Ulisse. Nessuno. Filottete, ” l’autore, Alberto Majrani, mette in dubbio quanto tramandatoci da Omero nell’Odissea e ci scodella una storia leggermente diversa. Nell’Odissea, come tutti dovremmo ricordare, si dedica una prima parte alle vicissitudini del povero Telemaco e della madre Penelope sottoposti alle angherie dei Proci, che non vogliono saperne di mollare l’osso, una seconda parte alle fantastiche peripezie di Ulisse fra i marosi del Mediterraneo e una terza parte in cui si narra del ritorno di Ulisse che infine fa fuori tutti i Proci e rimane vittorioso con la la fedele Penelope e il figlio Telemaco. Alberto Majrani propone una nuova versione dei fatti secondo la quale Ulisse non riuscì mai a ritornare ad Itaca, sicuramente morto durante le sue infauste peregrinazioni, ed il giovane Telemaco, quindi, ricorse ad un astuto stratagemma per eliminare gli invadenti Proci. Quale degno figlio di suo padre, ordì un tranello ,facendo giungere ad Itaca, sotto mentite spoglie, un mercenario, forse il famoso arciere Filottete, uno dei pochi ritornati dalla guerra di Troja, abbastanza avanti con gli anni e leggermente zoppo a causa del morso di un serpente (nell’Odissea Ulisse giunto ad Itaca viene descritto leggermente claudicante), e, d’accordo con Penelope, organizzò la singolare sfida con l’arco (si badi bene che in tutto il resto dell’Odissea Ulisse non viene mai descritto come grande arciere) che Filottete, ricordato come uno dei più precisi e forti arcieri di quel periodo, non ha nessuna difficoltà a superare e successivamente, con l’aiuto di Telemaco e sicuramente di altri fidati soldati, elimina i Proci infingardi e profittatori. Se Filottete, o chi per lui, rimase ad Itaca non è dato sapere, né, tutto sommato, può essere interessante, certo è che, con questa chiave di lettura, il poema omerico acquista dei connotati meno epici e più vicini ad un moderno intrigo giallo-storico. Ma non è finita quì, Alberto Majrani insinua che tutta la saga omerica non abbia avuto come teatro il bacino del Mediterraneo, bensì il mar Baltico e che la famosa guerra di Troja in effetti fu combattuta a Toja , una città finlandese, e i “biondi Danai” altro non erano che Danesi; quando mai si è sentito di greci biondi? E ancora, le armi dei combattenti Greci e Troiani, secondo Omero, erano in bronzo, mentre nel periodo in cui presumibilmente accaddero gli avvenimenti, l’età del bronzo era finita da un pezzo, ma non così nel Nord-Europa dove si combatteva ancora con armi di bronzo e non si sapeva scrivere, è possibile quindi che le gesta dei biondi eroi nordici siano giunte per via orale in Grecia, dove la scrittura era già fiorente, e sapientemente raccolte da Omero, o chi per lui, trasformate in epopea greco-trojana attraverso versi immortali. Majrani ha diligentemente svolto il compito che si era prefisso: fare scalpore con uno scoop letterario, dissacrando ciò che una tradizione millenaria assegnava alla Grecia; sicuramente il suo libro è scritto in modo “simpatico” e scorrevole, comprensibile anche a chi di storia e di cultura greca ne mastica poca, ed è proprio per questo che ho pensato di tracciarne questa breve presentazione, affinché coloro che non hanno mai approfondito il periodo storico di cui siamo gli eredi, magari indegnamente, non si lascino impressionare da questo tentativo di voler minimizzare una cultura e una storia che ci appartengono. Comunque, anche se fossero vere le ipotesi offerteci nel libro, non si potrebbe mai negare la capacità straordinaria del grande aedo, inconfutabilmente mediterraneo, di trasformare in versi immortali dei racconti immaginari sentiti attorno ad un bivacco o al focolare domestico durante lunghe notti invernali.
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