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Simone Weil PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
lunedì, 26 ottobre 2009 11:12
Simone Weil
Simone Weil
Ricordando Simone Weil ed il suo amore per Cristo
-  «Fu sepolta il 30 agosto 1943 nel cimitero di Ashford, nella sezione riservata ai cattolici. Sette persone assistettero al suo funerale. Avevano chiesto a un prete di venire: si sbagliò o perse il treno, e non venne».
Sono queste le ultime righe di una biografia, scritta da Simone Pètrement, nelle quali si descrive il misero funerale di una donna straordinaria, Simone Weil, il cui pensiero e la cui vita rappresentano una sfida e una provocazione che non cessano di interrogare noi stessi e la nostra cultura. Un invito alla riflessione ed al ricordo, reso ancor più attuale dalla ricorrenza del centesimo anniversario della nascita della scrittrice e filosofa di origini ebrea, avvenuta nel 1909 a Parigi. Donna di salute cagionevole, ma di personalità forte, Simone Weil è autrice di una profonda critica esistenziale, condita della proposta di un’antica prospettiva di redenzione ad un’Europa sconvolta dai mutamenti sociali e dalla guerra. A 22 anni consegue la laurea in filosofia e si dedica all’insegnamento, entrando in contatto con la Francia contadina ed operaia e con gli ambienti d’un comunismo anarchico e rivoluzionario. Lascia la cattedra per la fabbrica ed un maggior impegno sociale; partecipa alla guerra civile spagnola ed alla Resistenza, ma pure in questi frangenti il suo sguardo resta rivolto agli ultimi, nei cui volti scopre Cristo: ne inizia una conversione segnata dalla consapevolezza dell’inestricabile intreccio di bene e male, di reale e soprannaturale, di azione e contemplazione, e dalla convinzione che «finchè un essere umano non è stato conquistato da Dio, non può avere fede, ma solo una semplice credenza. La sola scelta che si impone all’uomo è quella di legare o meno il proprio amore alle cose di quaggiù». La sua vita diventa così quella della sofferenza e della croce, improntata ad un amore marcatamente cristiano dal momento che, osserva, «l’infelicità per un verso, e la gioia per un altro, implicano la perdita dell’esistenza personale e sono le due sole chiavi con cui si possa entrare nel paese puro, nel paese respirabile, nel paese del reale». Per la giovane filosofa, l’infelicità è dunque un ingegnoso dispositivo della tecnica divina, e l’infelice è chi non vede alcuna luce nella sua esistenza, nessuno scopo nell’affaccendarsi dell’umanità. L’infelice è distante da Dio, al quale deve riavvicinarsi per trovare la felicità, seguendo un percorso che lo porti ad annullare il proprio io nella sofferenza, nell’umiliazione, nell’abbruttimento. Contrastando la potenza letale dell’egoismo umano verso ciò che merita di essere amato, Simone Weil apre un varco alla speranza: «Possiamo trionfare del male solo quando nutriamo una specie di indifferenza nei confronti della nostra contaminazione, quando riusciamo ad essere felici al solo pensiero che esiste qualcosa di puro, senza ripiegarci su noi stessi».È la lezione d’una donna straordinaria e controcorrente: ignorarne il significato, e l’esempio, equivarrebbe, per credenti e no, a perdere quel treno che già perse il sacerdote invano atteso ai suoi funerali nella fresca, quieta estate inglese del 1943. + Vincenzo Bertolone – Gazzetta del Sud – 25 Ottobre 2009
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