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Vangelo di Domenica 2 Agosto PDF Stampa E-mail
Scritto da administrator   
mercoledì, 29 luglio 2009 12:10
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 6,24-35.
Pane di vita
Gesù, pane di vita
Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Trovatolo di là dal mare, gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?».
Gesù rispose: «Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato».

Allora gli dissero: «Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi?
I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo».
Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero;  il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».  Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.

 

MEDITAZIONE DI MONS.VINCENZO  BERTOLONE VESCOVO DI CASSANO

XVIII Domenica del Tempo Ordinario

2 Agosto 2009

Affamati di cielo 

Introduzione               

In questa diciottesima domenica del T. O. la Liturgia ci invita a salire un altro gradino verso la conoscenza di Cristo, così da approfondirne il mistero e viverlo. Lo fa con sapienza pedagogica, con gradualità costante. Il Dio della nostra fede si svela a noi e si dona attraverso i “segni”, i “gesti”, gli “avvenimenti”, la “storia”. Siamo invitati a dare il giusto valore e significato ai “gesti” e ai “segni” di Dio: i primi ci debbono colpire e attrarre non per quello che sono in se stessi, ma per ciò che significano; mentre per i “segni”, è la Parola stessa che ci educa a coglierne il senso autentico, estrapolando da essi le impronte visibili di Dio.                     In questa domenica di inizio di agosto, dopo il “gesto” miracoloso di domenica scorsa (la moltiplicazione dei pani e dei pesci da parte di Gesù), la Parola veste proprio i panni dell’educatore e, attraverso il diretto insegnamento del divino Maestro, chiarisce il “segno” vero e profondo del “pane”. Il chiarimento avviene nel corso di un acceso dibattito tra Gesù, rifugiatosi a Cafarnao dopo il miracolo della moltiplicazione, e la folla, che dopo il prodigio non intende affatto lasciare quel “personaggio straordinario”.               

Ma Gesù intuisce un fraintendimento di fondo, e ne muove rimprovero alla folla: “ In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.” (Gv 6, 26). Prendiamo una parola chiave del breve discorso: il verbo cercare. Sembrerebbe che Gesù ci voglia dire: per riuscire a vedere i “segni”, ovvero cogliere le impronte visibili di Dio, è necessario saper dare la giusta direzione e motivazione al senso della nostra ricerca di Lui.               

Un secondo elemento va còlto nel prosieguo dell’allocuzione di Cristo. Stavolta non è un’ammonizione, ma un preciso invito: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà” (Gv 6, 27). Il Dio che cerchiamo è un Dio che ; non chiede, ma ; non pretende, ; non esige, ! Non pane per saziare la fame riempiendo lo stomaco, ma un alimento capace di appagare la fame d’infinito e di eternità. È l’alimento vitale per tutti coloro che sono affamati di vita; è il Dio che la vita vera, la vita piena, la vita del cielo. 

Perché cercarti, Signore?               

 Cercare” è un verbo chiave del Vangelo di Giovanni. C’è il Padre che cerca i veri adoratori, in spirito e verità; c’è Gesù che cerca non la propria gloria né la propria volontà, ma la volontà e la gloria di Colui che l’ha mandato; c’è la folla che cerca Gesù per i suoi prodigi; ci sono i giudei che Lo cercano per ucciderlo. Ci sono i discepoli che Lo cercano per stare con Lui. Inoltre, “Che cercate?” (Gv 1, 38) sono le prime parole registrate nel Vangelo di Giovanni e rivolte da Gesù ai primi discepoli che lo seguivano; ma sono anche le parole che ritroviamo al termine del racconto di Giovanni, allorché il Risorto si rivolge a Maria di Magdala in questi termini: “Donna perché piangi ? Chi cerchi ?” (Gv 20,15). Comprendiamo allora che questa è la prima domanda da porsi e posta a chi intende seguire Cristo: che cerchi? E come se il Maestro obbligasse “chi si è messo in cammino verso di Lui a interrogarsi: cosa  si aspetta da Gesù? Perché lo cerca? E irrealtà chi cerca?” (B. Maggioni).Non è dunque sufficiente cercare, occorre verificare lucidamente l’autenticità della propria ricerca. Ci sono, infatti, ricerche e ricerche. Bisogna di fatto vagliarne attentamente il motivo, poiché Cristo si può cercare in tante maniere e per tanti  motivi: ma non tutti sono quelli giusti per coglierne la presenza.Si può cercare Cristo per avere vantaggi e favori: è la religione usata come tornaconto personale; si può cercare Cristo spinti dalla delusione: è la religione usata come rifugio e niente più; si può anche ricercare Cristo spinti dal disprezzo del prossimo: è la religione che diventa razzismo. In tutti questi casi la ricerca di Cristo, come quella della folla a Cafarnao, è una ricerca di interesse finalizzata all’utile personale: Cristo non viene accolto per se stesso, ma per quello che è capace di compiere, per i prodigi che sa operare. E questo certo non ci aiuta a scoprire la Presenza di Dio e né agire di conseguenza.               

Ma allora perché cercare, e che cosa cercare? Si cerca Dio non per la sua potenza o per il vantaggio che se ne ricava, Lo si cerca per la Sua vita che arricchisce la nostra; Lo si cerca perché credere in Lui cambia e immette nella logica dell’eterno. E Gesù è venuto a donarci tutto ciò, sotto la specie di un pane che sazia la fame d’infinito e dona una vita nuova ed eterna.Di fronte a questo dono, allorché ci sarà rivolta la domanda “Che cosa cerchi?”, la risposta sarà: “Cerco la vita, quella vera e piena; cerco Cristo che si presenta come persona totalizzante, come valore assoluto, come antitesi a tutto ciò che non è segno della sua Presenza. Cerco Cristo perché solo può saziare il desiderio d’infinito nascosto nel profondo del mio cuore”. 

Un cuore senza fondo               

Il nostro è dunque un cuore senza fondo, un cuore teso verso la spasmodica ricerca di saziare una “fame” come nessun’altra realtà umana riesce veramente a fare. Le inquietudini di questa condizione del nostro cuore conoscono bene gli animi più sensibili, come quelli dei poeti, che  magistralmente la esprimono con poche parole. Spesso sono interrogativi inquietanti con i quali si chiudono, forse, cammini di ricerca lacerati da dubbi e divorati dall’attesa, e mai purtroppo per tutti appagata, della Grazia: “Chiuso fra cose mortali (Anche il cielo stellato finirà) Perché bramo Dio?” (G. Ungaretti).                

È voce dell’uomo contemporaneo, il cui animo si ostina a difendere la propria appartenenza alla terra eppure sente che il suo destino supera il mondano e punta la sua meta finale nel cielo. È voce dell’uomo contemporaneo che sente forte e chiara la propria vita salire dalla terra, ma l’avverte anche discendere dal cielo e la desidera; un uomo che oscilla fra l’istinto della conservazione e della difesa e l’istinto della donazione, della comunione, della riconciliazione.    La Parola di oggi ci viene in aiuto: indica una risposta al “perché bramiamo Dio”, al “perché pur vivendo sulla terra, pur essendo legati ad essa, siamo affamati di cielo”; e ci educa a nutrire quella porzione di eternità che la mano del Creatore ha seminato in noi. Desideriamo Dio perché siamo costituzionalmente fatti per trovare la vera felicità e realizzazione in Dio, e il nostro cuore è “inquieto” finché non trovi in Dio il proprio riposo, come diceva Sant’ Agostino. Siamo affamati di cielo perché abbiamo un cuore più largo e più fondo di tutte le creature della terra messe insieme. Per questo la “fame” dell’uomo non può essere appagata dalle cose create e né la pienezza di vita può essere raggiunta dentro la vita, ma al suo esterno. Solo un pane dal cielo può compiere il miracolo di saziarci e realizzarci. Un pane che indica Amore, Dignità, Pace, Libertà, Energia. Questo è il nostro pane quotidiano, questo è Cristo, pane della vita, vita di Dio.                  

Conclusioni               

Per comprendere appieno il senso di questo miracolo, non basta riconoscere la nostra appartenenza al cielo, occorre vivere come “uomini nuovi”, ovvero far sì che il cielo diventi la nostra casa sulla terra, prenda il suo posto dentro di noi. Perché ciò avvenga dobbiamo rieducare il nostro cuore alle sue pulsioni originarie: battere nell’Amore meraviglioso e nel possibile di ciò che la ragione decreta “impossibile”. Occorre, cioè, che il cuore si rinnovi “nello spirito della mente”.               

Siamo comunque fiduciosi che ad operare questa trasformazione non saremo soli: ci aiuterà il Signore facendocene dono. Egli, infatti, concede sempre all’uomo l’opportunità di sostituire un “cuore vecchio” con un “cuore nuovo”. Tale opportunità è data dalla misura in cui lasciamo che Cristo ci rivesta e ci investa: se ci lasciamo investire e rivestire da Lui diventeremo creature nuove, uomini pieni della stessa vita di Dio.

 

Serena Domenica

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