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L'ultima ruberia post-unitaria PDF Stampa E-mail
Scritto da Administrator   
venerdì, 12 giugno 2009 06:05
E noi continuiamo a sostenere i partiti dei ladroni del Nord -        Nuovi dati illuminano la vicenda della cessione del Banco di Napoli al gruppo bancario piemontese San Paolo-Imi, poi divenuto Intesa-Sanpaolo. La “SGA” (Società Gestione Attivi s.p.a), “bad bank” costituita nel 1996 per il recupero dei crediti
moneta borbonia
Moneta d'argento Regno di Napoli 1857
del più importante istituto bancario del Sud, che la Vigilanza della Banca d’Italia fissò in circa 6 miliardi di euro, ha concluso nei giorni scorsi l’attività dopo aver recuperato circa il 93% dei crediti giudicati “inesigibili” o “dubbi”.
Nel 1996 l’allora ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi aveva previsto un recupero massimo dei crediti del Banco di Napoli pari al 50 per cento del totale. (cfr. Il Denaro 14.5.2008). Proprio i presunti crediti inesigibili furono alla base della decisione del Tesoro di mettere all’asta nel 1997 il Banco di Napoli, che fu acquistato per appena 61 miliardi di vecchie lire dalla Bnl-Ina e 18 mesi dopo fu rivenduto al Sanpaolo-Imi per 3 mila 600 miliardi di vecchie lire. A 12 anni di distanza dalla svendita del più grande patrimonio finanziario del Sud, le cifre fanno giustizia di quanto fu sostenuto da Ciampi, Bankitalia, “poteri forti”, e gruppi finanziari del Nord per mettere le mani sul Banco. Lo riconosce l’ex responsabile della Sezione Credito della Federazione Ds di Napoli Mario Bartiromo, in una lettera al quotidiano la Repubblica (cfr. Repubblica-Napoli, 23.5.2009) «Più del 93 % dei crediti dubbi acquistati a circa due terzi del loro valore sono stati recuperati – scrive Bartiromo – un obbiettivo a cui pochi avrebbero creduto. (…) Bisogna riconoscere che i crediti dell’ex Banco non si sono rilevati irrecuperabili nella severa misura a suo tempo affermata e certificata dalla Vigilanza.» (di Bankitalia, n.d.r.). L’ex dirigente dei Ds, la forza politica che maggiormente sostenne con il sindaco Antonio Bassolino e con i propri parlamentari il trasferimento del Banco di Napoli al San Paolo, aggiunge un’altra verità: «è inoltre apparso sempre discutibile soprattutto il fatto che il Banco fu costretto nel triennio 1994- 96 a coprire i suoi crediti problematici con aliquote vicine al 50 per cento mentre nello stesso periodo e per qualche anno ancora si consentì ad altre importanti banche nazionali , con la stessa struttura di attività a breve e medio termine, la cui qualità era forse anche peggiore, di mantenere aliquote di copertura di poco superiori al 20 per cento».

Un allarme esagerato ad arte su un Istituto di credito che ancora nel 1993 aveva chiuso il proprio bilancio in utile per 174 miliardi di vecchie lire, un improvviso “profondo rosso” (-1174 miliardi di vecchie lire l’anno successivo), un’ispezione della Banca d’Italia alla quale nessun altro Istituto di credito fu sottoposto ed alla quale non avrebbe retto la stessa Bnl, che nel 1997 chiuse il proprio bilancio con un passivo di 2803 miliardi di vecchie lire, la supervalutazione dei crediti “inesigibili”, l’accordo tra finanza del nord e Governo Prodi, la complicità della classe politica meridionale. Così si impadronirono del Banco di Napoli.

(da "Lettera Napoletana n°17, giugno 2009, editoriale "il giglio")

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