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Vangelo di Domenica 24 Maggio PDF Stampa E-mail
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domenica, 24 maggio 2009 05:54
Ascensione
Ascensione di Gesù in Cielo
Mc 16,15-20.
Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.  Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà
loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano.

Ascensione del Signore24 Maggio 2009 

Introduzione                

 Ormai è trascorso circa un mese da Pasqua e sembra tanto lontana la festa della Resurrezione. Ma non è proprio così. Infatti se guardiamo le cose dal punto di vista della liturgia, che è quello della fede, anche questa domenica è piena celebrazione della Pasqua. L’Ascensione di Gesù al cielo, festa che la Chiesa ci invita a celebrare in questa domenica, non è un’altra cosa, un altro fatto dalla Resurrezione. È piuttosto un altro aspetto del medesimo evento.

La Resurrezione di Gesù non vuol dire che Egli è “tornato a vivere” come prima, ma che ora vive in modo diverso: non più alla maniera degli uomini sulla terra, ma alla maniera di Dio stesso in cielo; non più condizionato da spazio e tempo, ma presente ovunque; non più visibile ai nostri occhi, ma non per questo meno vivo e vero.

La festa dell’Ascensione è festa di glorificazione: Gesù viene glorificato dal Padre, esaudendo la preghiera del Figlio: “E ora Padre, glorificami davanti a Te, con quella gloria che avevo presso di Te prima che il mondo fosse” (Gv 17,5). È festa di gioia: Gesù sale alla destra del Padre non per lasciarci, ma per venire ancora tra noi; è festa per noi, perché con l’Ascensione inizia la nostra nostalgia del cielo.

E, infine, è festa dell’impegno, perché con l’Ascensione decolla il tempo della Chiesa: Gesù manda gli Apostoli ad annunciare il Vangelo. Un mandato non relegato ad un passato lontano, ma tuttora vivo e attivo. Ancora oggi, infatti, si perpetua nella Chiesa il mandato dell’annuncio. E la missione diventa l’essenza stessa di una vita autenticamente cristiana, giacché “l’essere annunciatori di Cristo” deriva dall’ “esigenza profonda della vita di Dio in noi” (Giovanni Paolo II). Cristo: ancora impigliato nella nostra vita

Ascensione vuol dire glorificazione di Cristo da parte del Padre. Dunque la festa di oggi è richiamo alla fede in Cristo risorto e reso glorioso. È un invito a prendere coscienza delle verità che professiamo nel Credo: “Il terzo giorno è risuscitato e reso glorioso, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre”. È un invito alla lode: “applaudite, popoli tutti, acclamate Dio con voci di gioia…Ascende Dio tra le acclamazioni, il Signore al suono di tromba. Cantate inni a Dio, cantate inni; cantate inni al nostro re”, acclama il salmo.

Non è dunque la festa di Dio che ci lascia, ma di Gesù che ritorna al Padre per venire ancora tra noi e portare noi al cielo. Infatti con l’Ascensione inizia la nostalgia del cielo. Di noi che restiamo nella storia, a fidarci di un corpo assente, a fidarci di una voce. Una voce che parla dentro, riaccende l’anima, si fa cuore vivo e palpitante. E così l’assenza diventa una più ardente presenza.Una Presenza alla quale si desidera ricongiungersi. Perciò l’ascensione di Gesù al cielo non riguarda solo Lui, ma tutti noi. In Lui, invero, è la nostra umanità che si innalza accanto a Dio nella gloria. Egli ci ha preceduti nella dimora eterna, per darci la serena fiducia che dove è Lui, nostro capo e primogenito, un giorno saremo anche noi, suoi fratelli e membra del suo corpo.

La festa dell’Ascensione orienta il nostro sguardo nello sguardo di Cristo risorto e glorificato, che è sguardo e pensiero proiettato verso il futuro. Il nostro futuro. Quello ultimo e definitivo, aldilà di tutti i progetti terreni. Quello a cui pensiamo così poco, perché così poca è la nostra fede da farci vivere come se ogni nostra speranza dovesse esaurirsi nei limiti della vita eterna. Chiamiamolo paradiso o con quale altro nome vogliamo: la nostra speranza è quella di raggiungere Cristo risorto nella vita e nella gioia infinita di Dio.

Dunque la festa dell’Ascensione, a sorpresa, è anche festa nostra. Essa ci riguarda per un duplice motivo: ci apre alla speranza del cielo e ci coinvolge nell’impegno dell’annuncio. Noi riceviamo oggi la stessa consegna degli Apostoli: annunciate il Vangelo. Non dice Gesù: organizzate, occupate i posti più in alto, assoggettate, semplicemente dice: annunciate il Vangelo. Non le nostre idee più belle, non la soluzione di tutti i problemi, non una politica o una teologia, solo il Vangelo. 

La festa dell’impegno

 Celebriamo oggi anche la festa del nostro impegno missionario. Può sembrare paradossale, ma celebrare con fede l’ascensione di Cristo al cielo significa prendere coscienza del nostro compito di credenti in terra. Ascensione vuol dire passaggio delle consegne da Gesù alla sua Chiesa nel compito storico di annunciare agli uomini l’amore di Dio e di essere nel mondo segno e strumento della sua grazia e della venuta del suo regno.

L’Ascensione fa dunque decollare il tempo della Chiesa: questa è la sua ora, questa è la nostra ora. Tocca alla Chiesa continuare l’opera del Salvatore, facendosi eco della Sua parola, dando testimonianza della Sua resurrezione, battezzando, perdonando i peccati, facendo memoria della morte e resurrezione di Lui nella celebrazione dell’Eucarestia. Ora tocca a noi annunciare la misericordia del Padre, essere il Cristo vivo, soffrire e morire su tutte le strade del mondo, così da prendere parte alla Sua gloria.

È una consegna che lascia senza fiato! Eppure Gesù, pur conoscendo la nostra fragilità ha avuto il coraggio di fidarsi di noi, correndo il rischio. Lui può salvare il mondo senza di noi, eppure non lo salva senza il nostro aiuto. Dio “ha tutto”, eppure “ha bisogno di noi”.Sembra un compito arduo, eppure se amiamo e respiriamo la Parola sa annunciare, tutto diventa facile. Lo stesso Gesù ci rassicura: ce la faremo certo! Ce la faremo fra sangue e prodigi, tra veleni e lacrime, tra parole che non vengono e parole irresistibili. Ce la faremo a trasmettere la Paola oggi, a renderla viva, a farne canto e luce. La garanzia di riuscita è tutta in queste parole: Il Signore opera insieme con noi, come allora.

Molte volte si sente il lamento: “Io, con le mie sole forze, non ce la farò mai”. Ma queste non sono parole del vocabolario cristiano. Noi non siamo soli con le nostre forze, c’è sempre in noi, forza della nostra forza, pace della nostra pace, radice della nostra radice, sempre intrecciata alla nostra forza, la forza di Dio. La nostra è una storia di sinergia, o non è; un nodo di carne e cielo, o non è. Come faremo altrimenti ad operare grandi cose!

È molto riposante stare a guardare il cielo, stare dietro i sogni, anziché scendere per strada e fare da testimoni di Cristo. Ma noi siamo mandati e l’essere mandati ci obbliga a vincere la tentazione delle “pantofole” e della “ delega”. Noi non siamo chiamati a “guardare” soltanto, noi siamo chiamati ad “andare”. L’essere in missione per noi cristiani è come respirare: è un diritto-dovere innato, non frutto di volontà, ma generato spontaneamente dalla nostra parte di cielo.

Essere “vangelo vivo” non è facile, ma il compito è a portata delle nostre mani, del nostro cuore se ci lasciamo guidare, possedere da quella forza e conoscenza, che è data dallo Spirito Santo, saremo capaci di riconoscere i segni della presenza di Cristo Signore nel mondo ed essere pronti ad abbandonarsi a Lui.

Conclusione

Ascensione: Cristo non è salito verso l’alto, ma è andato oltre, verso l’intimo delle cose, verso l’intimo nostro. Perciò le sue mani, la sua vita è ancora più impigliata nella nostra. Perciò, avendone consapevolezza, non possiamo fare a meno di annunciarlo. E il nostro annuncio deve essere fedele e coraggioso, perché si annuncia il Signore della vita; deve essere animato dall’amore e sotto il soffio dello Spirito di Dio, perché si annuncia la vera dignità dell’essere umano e la sua libertà.

Annuncio e parola devono essere accompagnati dalla testimonianza di vita, cioè da un impegno coerente e costante mirato alla promozione dell’uomo e al recupero della sua dignità, che è di figlio di Dio. Allora per celebrare veramente l’ascensione del Signore dobbiamo passare dai comodi buoni sentimenti alla realtà dei fatti, fino a “impigliare” la vita con l’amore di Cristo, tradotto nell’amore per i fratelli. Solamente così noi discepoli di Cristo adempiamo al compito e alla missione che Egli ha affidato alla Chiesa, a noi suo popolo. 

Serena Domenica

+Vincenzo Bertolone

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