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Vangelo di domenica 9 Marzo PDF Stampa E-mail
Scritto da administrator   
domenica, 09 marzo 2014 07:38
ImageMt 4,1-11.  - In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non tentare il Signore Dio tuo». Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai». Ma Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto». Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.

I Domenica di Quaresima

9  marzo 2014

Basta solo Dio

Introduzione

Con il rito liturgico dell’imposizione delle Ceneri siamo entrati nel cammino quaresimale, di cui oggi percorriamo un primo tratto. È un tratto che passa attraverso il deserto, ci mette di fronte al fascino seducente del male, ci avvisa anche del rischio della divisione; ci instilla il coraggio e per ingaggiare la lotta perché – nel contempo – ci dà le armi per vincerla.

Questo il senso della liturgia della Parola di questa I Domenica di Quaresima. Essa, infatti, ci introduce nella duplice consapevolezza di fragilità e di forza, di impegno in una lotta inevitabile e di certezza di un sostegno sicuro. La fragilità è data dalla caduta del primo uomo, Adamo, che per la sua disobbedienza a Dio ha condannato l’intero genere umano a vivere su una terra piena di triboli e spine, non più giardino ma deserto (I Lettura). La forza risiede invece in Cristo, nuovo Adamo, che con la sua obbedienza a Dio ci ha restituiti all’amicizia con Dio e, dunque, alla certezza che un giorno abiteremo di nuovo il Paradiso dei giusti: “Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti” (II Lettura). Ma il Paradiso dei giusti si conquista con la lotta, la lotta quotidiana fra il bene e il male, il cui campo di battaglia è il cuore dell’uomo. È nel cuore dell’uomo, infatti, che mette radici il fascino seducente del male e la bellezza trasparente del bene, è nel cuore che maturano le scelte e si realizzano i progetti, è il cuore l’organo preposto ad aprirsi all’amore e alla generosità o a chiudersi nell’odio e nell’egoismo.

Ed è sempre nel cuore che agisce il Signore per riparare i legami spezzati con le sue creature, ma è anche nel cuore che agisce il Tentatore per spezzare di nuovo questi legami. Sembrerebbe che per l’uomo non ci sia via d’uscita. E invece, proprio a partire da questa domenica, e proprio a partire dal deserto e dalle tentazioni, il Signore si fa incontro e ci offre la via d’uscita: la fede. La fede è la certezza di quel sostegno sicuro, per cui anche nel deserto e tra le tentazioni della nostra vita impariamo a scoprire la sorgente nascosta, il pozzo di acqua viva, che farà fiorire la nuova vita. E il cuore umano del Figlio di Dio, Cristo, proprio nel deserto, ci insegna che l’abbandono fiducioso nelle mani di Dio è l’arma potente della nostra vittoria. Allora, approfittiamo di questo tempo di grazia nel deserto per allenare il cuore affinché, sostenuti dallo Spirito di Dio, impari a riconoscere il vero volto della tentazione e trasformi le proprie fragilità in punto di forza contro il potere illusorio del male.

 

“Che c’è di male”

In questa domenica ci siamo svegliati bruscamente da un bel sogno: dalla luce e dalla gioia degli inizi alla realtà di vuoto e malessere di sempre. Il deserto delle tentazioni ha preso il posto della montagna delle beatitudini; le “beatitudini” di Satana hanno rubato la “scena” a quelle del discorso del monte.

Così accade che se Gesù inneggia ai poveri (in spirito), Satana nel deserto esalta quelli che si gloriano del possesso se Gesù fa l’elogio degli umili dal cuore mite e misericordioso, Satana invita ad ammirare quelli che hanno il potere e l’orgoglio di fare cose straordinarie. Se Gesù chiama beati i perseguitati a causa della giustizia, Satana invece considera beati quelli che ottengono l’applauso e il consenso. Quelle di Satana sono le beatitudini dei nostri giorni. Esse si insinuano nel cuore dell’uomo, velate dal seducente inizio “non c’è nulla di male” e mettono radici tali da non essere

riconosciute come tentazioni.

Che c’è di male nel desiderare un po’ più di sicurezza economica, di comodità, di prestigio sociale? Che c’è di male se si pensa un po’ a se stessi, magari ogni tanto agendo nei propri interessi, usando le proprie abilità e risorse per ottenere un piccolo successo personale? Che c’è di male vivere ogni tanto godendo pienamente della terra senza avere l’assillo del cielo? Che c’è di male, infine, voler essere per una volta vincenti a tutti i costi, magari esercitando il proprio potere sugli altri, stando anche sotto i riflettori della ribalta? E così i “che c’è di male” si accumulano nel nostro cuore finché arrivano a diventare normalità, regola di vita. Allora si comincia a diventare schiavi dei propri desideri e di tutto ciò che permette di realizzarli. È a questo punto che si è disposti a credere e a seguire: chi ci promette di trasformare “le pietre in pane”; chi ci suggerisce di contare solo sulle nostre forze per ottenere tanto e meglio; chi infine ci presenta come vita vera, una vita da viversi solo sotto i riflettori, sempre sulla cresta dell’onda e da tutti ammirata.

Non sono forse queste le tentazioni di Gesù nel deserto? Non sono forse queste stesse che deturpano e contaminano la bellezza e l’amore del cuore umano, spezzando il rapporto con Dio, con se stessi e con gli altri? Non è infine questa la

natura della lotta che ci impegna ogni giorno scegliendo e decidendo della nostra vita in ogni istante? Sì, sono queste le tentazioni e questo è il motivo per cui rischia di incrinarsi quotidianamente il filo diretto con Dio.

Ma Gesù nel deserto ci ha dato una grande lezione: quali armi affilare per uscire vincitori dallo scontro. In realtà si tratta di una sola arma, giacché tutte le tentazioni hanno una radice comune: il tentativo di separarci dalla fonte del nostro vero unico bene: Dio. Tutte in un modo o nell’altro mirano a scalfire la fiducia in Dio, cercando subdolamente di insinuare il dubbio sul suo amore per noi.

Ma Gesù vince perché rimane assolutamente fedele alla parola di Dio e pienamente disponibile alla volontà del Padre, certo che qualunque cosa gli fosse accaduta, gli sarebbe bastata per sapere di essere nelle mani del Padre Suo.

La fedeltà a Dio e la disponibilità docile alla Sua volontà sono le armi da usare nella lotta contro il Maligno. Sulla base di questi due atteggiamenti è possibile rivedere le nostre priorità e mettere ordine nella nostra vita, avendo il coraggio di

rivedere e riprogettare tutto, sapendo che in qualsiasi circostanza non saremo mai soli nel cammino e agiremo protetti dal palmo della mano di Dio.

 

Un tempo per riprogettare

Ecco, la Quaresima ci offre un tempo di riflessione per operare questo lavoro di revisione dell’anima, del cuore, della vita. È il momento propizio per entrare nel deserto con Gesù e in compagnia del Verbo di Dio prendere le distanze necessarie da un’esistenza quotidiana sregolata e vuota. È il tempo propizio, dunque, per sottoporre le nostre attività, i nostri pensieri e i nostri sentimenti al vaglio della Parola di Dio quanto mai necessario, ai nostri giorni, non solo per rimettere i binari della nostra vita sulla direzione che conduce all’amore di Dio, ma anche per il bene degli altri, di quanti cioè, non credenti o deboli nella fede, disorientati da un mondo in cui non si sa più a quale sapienza votarsi, attendono da noi, credenti, un messaggio, un motivo di speranza e ragioni di vita, insomma: un esempio credibile!

Approfittiamo di questo tempo di grazia per ridestare la nostra fede,

trasformandola in abbandono fiducioso nelle mani di Dio, senza paura di rischiare, ma consci che in qualsiasi circostanza, bella o brutta che sia, ciò che basta è la grazia di Dio, l’indiscutibile presenza del Suo amore. E, infine, approfittiamo di questo tempo per renderci più attenti alla sua Parola, docili alla sua volontà e aperti ai

bisogni dei fratelli. Perché tutto ciò avvenga occorre digiunare a imitazione di Cristo nel deserto. Ovvero bisogna privarsi di tutto quanto impedisce di ascoltare la voce di Dio.

Occorre esercitare l’amore, stando attenti alle necessità dei fratelli e, se occorre, soffrire con essi e per essi, perché se il muscolo del cuore non si allena nella carità rischia di atrofizzarsi e dunque difficilmente si potrà sentire l’amore di Dio. Infine, è importante privilegiare la preghiera, perchè ci permette di mettere le ali e accorciare le distanze con Dio.

 

Conclusioni

Chiudo queste brevi riflessioni di inizio Quaresima ponendo attenzione ad un aspetto del messaggio di questa domenica: la fedeltà e la disponibilità di Cristo al Padre e alla Sua volontà. Penso, infatti, che questi due atteggiamenti di Cristo ci suggeriscano il modo migliore per vivere con senso, trasparenza e vera serenità la nostra vita, nonostante essa sia inevitabilmente un tronco nodoso.

L’immagine che meglio esprime la fedeltà e la disponibilità del Figlio nei confronti del Padre è quella di una relazione d’amore intensa e smisuratamente generosa. Forse alcune parole di poeta mi aiuteranno meglio ad esprimere ciò che timidamente si vuole spiegare di quanto è nascosto nel cuore dell’Uomo-Dio Gesù: “Aveva passato nella sua vita breve tutti i triboli degli uomini./Conosceva persino l’ora delle loro nascite, in quanto non viveva nel nostro tempo, ma nell’eternità./Aveva in sé il sentimento dell’uomo che muore e il senso dell’uomo che nasce./Così speranza e vita, nascita e morte, abitavano in quelle labbra che tutti avrebbero sfiorato con un bacio e che non proferirono mai una parola d’amore se non per il Padre.” (A. Merini)

Buon cammino quaresimale.

+ Vincenzo Bertolone

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