Il "bene" della pedofilia |
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Scritto da R.Beretta | |
lunedì, 05 settembre 2011 11:47 | |
![]() Roberto Beretta
Se è vero che persino dal male Dio sa trarre il bene, quale può essere il senso profondo, escatologico e forse addirittura «mistico» di questo scandalo? «È inevitabile che avvengano scandali» (Mt 18,7 e Lc 17,1). Chissà quante volte il misterioso detto evangelico è affiorato alla mente di tanti credenti, nel considerare in questi mesi le vicende legate alla pedofilia nella Chiesa. Se infatti è vero - e deve esserlo, per un cristiano - che nulla avviene «a caso» e che persino dal male Dio sa trarre il bene, qual è o quale può essere il senso profondo, escatologico e forse addirittura «mistico» dell’esplosione (esagerata o tardiva, giusta o sbagliata che sia, secondo i diversi giudizi) di questo scandalo? Che cosa vuol dirci dal punto di vista della fede, che cosa ci può lasciare di buono - quando sarà finalmente posato il polverone clamoroso dei media? Io ci vedo almeno tre effetti positivi. Primo: una salutare umiliazione del ritornante trionfalismo ecclesiastico. Proprio nel momento in cui, soprattutto in Italia ma non solo, la Chiesa sembrava aver superato la difficile fase della contrapposizione ideologica con le teorie atee o comuniste e poteva illudersi di adagiarsi finalmente nella confortevole culla di un’opinione pubblica non più pregiudizialmente avversa al «religioso» nonché nel riconoscimento di alcuni diritti acquisiti, ecco saltare fuori l’accusa più infamante a ricordarle il suo stato comunque imperfetto, la sua continua necessità di conversione. Se il sospetto più odioso viene a «sporcare» l’immagine di efficienza e trasparenza che con tanta fatica di progetti e programmazioni l’organizzazione burocratica clericale tenta di darsi, forse non è il segno che non bisognava cadere nella tentazione di considerarlo l’obiettivo? Secondo effetto salutare: un piccolo riequilibrio «planetario» tra le Chiese. Quante volte abbiamo vissuto un inconscio complesso di superiorità nei confronti delle comunità cristiane dei continenti più «giovani», dove non per niente una delle difficoltà più cruciali è sempre indicata nelle difficoltà dei credenti a osservare la castità matrimoniale e l’obbligo del celibato per il clero! Noi abbiamo 2000 anni di storia ed educazione alle spalle, loro non ce la possono fare a essere «fedeli» al Vangelo come noi… Ed ecco puntuale, proprio sulle Chiese più «evolute» e «perfette» (dall’America all’Irlanda, dalla Germania del Papa all’Italia del Vaticano), una campagna mondiale che le addita come colpevoli di perversioni ben più pesanti di qualche «normale» adulterio (sarebbe interessante sapere che cosa ne pensano i fratelli cattolici africani dello scandalo pedofilia in Occidente...). Terza conseguenza buona: il ridimensionamento dei peccati legati al sesso. Nessuno può negare che nella Chiesa ci sia sempre stata un’attenzione notevole, forse esasperata, per la morale sessuale; non di rado al clero e ai fedeli è stato istillato un senso di colpa speciale per le mancanze che avevano attinenza con la cosiddetta «purezza». Anche giustamente: perché le pulsioni e le passioni che si agitano in questa sfera risultano difficilmente controllabili e dunque hanno necessità di una prudenza maggiore; ma tuttavia a discapito di altri peccati, la cui gravità è passata ingiustamente in second’ordine: da quelli contro la giustizia sociale alle colpe contro la dignità delle persone, dagli imbrogli fiscali ai favoritismi politici. C’era dunque forse bisogno di un segnale per ricordare ai molti censori e ai tanti moralisti, che dai farisei in qui trovano spesso terreno fertile nelle classi sacerdotali (non solo in quelle, tuttavia), di non guardare soltanto la pagliuzza nell’occhio del vicino, ma anche la trave nel loro. Se ciò avvenisse, lo «scandalo» non sarebbe stato inutile. Roberto Beretta |
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