Ricordare gli eroi... |
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Scritto da L.R.Alario | |
domenica, 23 gennaio 2011 01:46 | |
![]() il prof.Leonardo Alario Non essendo noi, forse, capaci d’essere testimoni credibili di bellezza, possiamo volgere lo sguardo a quelli vivi nella memoria, del cui esempio nutrirci, seguendo i loro gesti semplici e umili, convinti di non fare altro che il proprio dovere di uomini. Nel 150° anno dell’Unità d’Italia, fra tante cattive prove di chi è chiamato a guidarci sulla strada della giustizia, con dibattiti sgangherati e polemiche sconfortanti, con scontri inopportuni fra stralunati teorizzatori d’improbabili scissioni e stanchi assertori dell’unità nazionale, fra nostalgici borbonici e ridicoli nipotini celtici, non farebbe male soffermarsi sui martiri di Cefalonia e su figure nobili come quella di Giuseppe Di Giacomo, il Capitano d’Artiglieria di stanza sulla costa di Cefalonia, che a quarant’anni, il 24 settembre 1943, pur essendo pressantemente invitato dai compagni e dal cappellano militare a travestirsi e a darsi alla fuga, si rifiuta categoricamente per difendere l’onore suo e dell’esercito italiano, affrontando eroicamente la morte inflittagli dai Tedeschi. Egli, Calabrese nato a Cassano, è nella pienezza della vita, è un innamorato della vita, è un affermato ingegnere, e un ottimo musicista, suona il violino e il violoncello, tenendo concerti per gli amici insieme al cognato, l’ingegnere Stanislao Pontieri, e, col suo sorriso, sa infondere ottimismo a tutti e incoraggiare gli amici nel momento dello sconforto, ha in patria la giovane moglie Carmelina Arcieri, che l’aspetta, la figlia Adele, che ancora non ha abbracciato, ha, cioè, tutte le ragioni per salvarsi e tornare a vivere una vita tranquilla e appagante. Resta a combattere. Il cuor contento, come lo definisce Alfio Caruso, che dal primo giorno di lotta si è trasformato in un leone, è sereno nella sua decisione. Vincenzo De Luca, altro combattente di Cassano, scampato all’eccidio, riferisce che il pomeriggio del 23 settembre Di Giacomo rifiutò di travestirsi e darsi alla fuga, scegliendo, sereno, in nome dell’onore della patria, il martirio alla “Casetta Rossa”, rammaricandosi di non essere caduto accanto ai suoi cannoni. Don Luigi Ghirlandini, cappellano della Divisione Acqui, ci fa sapere che: «Il capitano Giuseppe Di Giacomo, noto per il suo eterno sorriso, per la grande bonomia, per l’ottimismo che aveva saputo mantenere anche nelle occasioni più difficili, non perde la sua calma, la sua serenità, fino all’ultimo istante». Egli nutriva una vera passione per i suoi uomini, e questi lo contraccambiavano con affettuosa filiale venerazione. Ecco. Anche i martiri di Cefalonia e le figure nobili come quella di Giuseppe Di Giacomo vanno aggiunti, per quello che testimoniarono col loro sacrificio, agli eroi del Risorgimento, quel complesso movimento di libertà e di salvezza, che, in verità, non si è concluso il fatidico 1861. È ancora in atto, con diverse forme e con diverse motivazioni, non sempre espliciti, e, quindi, non sempre intellegibili, fra lotte intestine, tuttora in atto, e non dimenticate violenze, che hanno insanguinato la nostra storia recente e che hanno narcotizzato le coscienze degli Italiani. Leonardo R. Alario |
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