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Vangelo di Domenica 1° Marzo PDF Stampa E-mail
Scritto da +V. Bertolone   
venerdì, 27 febbraio 2009 21:27
Gesù nel deserto
Gesù nel deserto
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 1,12-15.

Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto
e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva:
«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».

I Domenica di Quaresima

Introduzione

Con il Mercoledì delle Ceneri ci siamo lasciati alle spalle il tempo ordinario e a partire da questa domenica, I marzo, entriamo nel vivo del cammino quaresimale. L’itinerario che percorreremo, in questi quaranta giorni, è di preparazione al mistero pasquale, di cui la Quaresima appunto è la porta d’ingresso.

È questo un cammino strutturato sulla tipologia dei 40 giorni di Mosè al Sinai, dei 40 anni di Israele nel deserto, e, soprattutto, dei 40 giorni di Gesù prima di iniziare il suo ministero pubblico.

E il brano del vangelo di Marco, che la Chiesa ci propone in questa I domenica di Quaresima, offre proprio, in due rapidissime successioni, il racconto di Gesù nel deserto (Mc 1,12-13), e l’inizio del suo annuncio (Mc 1,14-15). Due brevi sequenze, magistralmente descritte dal rapido tocco di Marco, per chiarirci il duplice aspetto del cammino di purificazione e di rinnovamento che ci attende in queste settimane. La prova delle tentazioni e il loro superamento, la limpida adesione ai valori evangelici: Gesù viene spinto nel deserto per essere tentato, e risulta vincitore sul male; Gesù annuncia la realizzazione dei tempi con l’avvento del Regno di Dio, e invita alla conversione.

Ripercorrere le orme di Gesù nel deserto significa riuscire ad aprire una strada nuova verso il vero senso del divenire. Una strada che va percorsa con l’animo del “pellegrino dell’Assoluto”, perché si va incontro all’Eterno.

Il tempo che ci accingiamo a vivere è dunque tempo di grazia, tempo di esodo, tempo di scelte e di conferme, tempo di “uccidere” l’uomo vecchio e dar vita all’uomo nuovo, tempo per piantare nel deserto un fiore e far nascere un giardino.


Spinto nel deserto

Marco dedica poche parole al racconto della tentazione di Gesù, in esso tuttavia condensa i tratti fondamentali che fissano il significato del fatto, espressi dai termini: Spirito, deserto, tentazione, fiere e angeli.

Il brano si apre con un paradosso: dopo il battesimo, lo Spirito “spinge fuori”, letteralmente “caccia fuori”, Gesù nel deserto. Proprio quello Spirito che avrebbe dovuto proteggere Gesù, che è stata presenza continua e attiva nella sua vita, sin dal momento del suo concepimento, che sarà forza ed energia nella sua missione, ora, invece, proprio quello Spirito, lo porta verso il luogo della tentazione?

Ciò che sembrerebbe paradosso, in realtà non lo è. La nuova realtà, il nuovo Regno di Dio, inaugurato e compiutosi in Cristo, è necessario che veda questo passaggio obbligato: Gesù, nuovo Adamo, deve affrontare il mondo della lontananza da Dio per avviare il ritorno dell’umanità verso la patria perduta. Per questo lo Spirito Lo “caccia fuori”, lo caccia nel mondo, dove le forze del male si adoperano ad ostacolare l’instaurazione del Regno. Lo Spirito saggia in Gesù, vero uomo, la radicalità della scelta, mettendolo di fronte alle lusinghe allettanti del male.

Ciò che si rivela è un Cristo che non ha paura di mettersi allo scoperto, non si ritira di fronte alle difficoltà, non evita il dolore, ma lo affronta, provando come figlio d’ uomo il naturale smarrimento della creaturalità.

Il deserto luogo simbolico e fortemente legato al divino. Già nell’Antico Testamento molti fatti importanti per la storia della salvezza si sono realizzati nel deserto. Uno fra tutti il peregrinare del popolo di Israele nel deserto del Sinai. Ivi il popolo sperimenterà la gioia della liberazione, ma imparerà anche il bisogno di Dio, senza il quale non vi è speranza di sopravvivenza. Là sarà la palestra di Dio, la scuola nella quale Dio educherà il suo popolo a discernere quello che ha nel suo cuore e a compiere le scelte che lo liberano.

Guardando al deserto delle tentazioni, il valore non cambia. Anche per Gesù il deserto sarà palestra di discernimento, di scelta e di vera liberazione. Sarà il luogo dell’incontro con Dio e dell’ascolto della sua voce; ma sarà anche il luogo della tentazione, dove il Nemico, l’oppositore, il mistificatore spiegherà le sue armi seduttrici per confondere i piani di Dio. Sarà dunque il luogo della prova.

Il deserto non è solo un luogo fisico, il deserto è l’interiorità dell’uomo, dunque la lotta che l’attende è contro le proprie debolezze, contro le proprie fragilità, contro i propri pensieri di superiorità e di egoismo, e la vittoria che otterrà sarà quella su se stesso. Carlo Carretto nel 1954 disse: “Vado nel deserto per disintossicarmi da una vita nella quale non trovo Dio”. Ritorniamo in noi stessi per accorgerci nel silenzio del cuore, della presenza di Dio. Ciò è possibile però quando avremo messo la parola fine ai conflitti interiori e ristabilita l’armonia primigenia, saremo liberi dalle incrostazioni del male.

Quindi ci attende la lotta, che si esprime nel sacrificio dell’impegno, del rinnegamento, del superamento di sé, del servizio. La lotta è contro le tentazioni, ed è parte del nostro essere uomini, giacché liberamente scegliamo ogni giorno alternative contrarie o confacenti alla volontà del Creatore, che tuttavia non si arrende mai di offrirci possibilità nuove. È una battaglia che ha già dei vincitori: noi stessi, perché Cristo è stato vittorioso nel deserto, è stato vittorioso sulla croce, ha vinto la morte, ha vinto il peccato.

Che Cristo ha superato la prova nel deserto, ristabilendo la comunione fra Dio e l’uomo e inaugurando perciò la nuova realtà del Regno, ce lo fanno capire le immagini conclusive del brano evangelico: stava con le fiere e gli angeli lo servivano (Mc 1,14). Ci troviamo in presenza di una chiara allusione allo stato paradisiaco, quando l’uomo familiarizzava con le bestie feroci ed era vicino agli angeli.

Gesù ha inaugurato il nuovo regno, facendoci ritornare in Paradiso.


La rivelazione da parte di Dio, la decisione da parte dell’uomo

Dopo la prova nel deserto, Gesù inizia la sua predicazione. Ora può annunciare l’inizio di una nuova realtà, il tempo è compiuto. La nuova realtà ci viene offerta come dono, una possibile alternativa, la sola valida alternativa da scegliere. È un invito quello di Gesù alla conversione, non una imposizione. Si può accettare e condividere il Regno, come Lo si può rifiutare vivendo come se non esistesse. È una risposta che Dio attende dall’uomo, da ciascuno di noi. Ecco che allora la Quaresima non è solo tempo di sosta e di riflessione, ma è tempo di movimento: all’iniziativa di Dio si attende da parte nostra una risposta che sia parola viva di conversione.

Una conversione capace di orientarci verso Dio, che esploda nella gioia del desiderio di Dio, che gusti il sapore della nostalgia e dell’abbandono fiducioso in Lui, e che, infine, si realizzi in trasformazione di cuore o di vita. Radicale mutamento di se stessi per acquistare la dimensione della vita del Cristo. Il cammino di conversione non è da viversi come un lugubre atto di penitenza, o sterile serie di azioni pietiste e legaliste, è necessario invece che si giochi con la mente e il cuore, con la parola e le mani. Tutto deve essere proteso a rispondere a Dio che chiama, tutto deve essere disposto ad un cambiamento di rotta.

Nel concreto, in questo tempo di Quaresima: lasciamo a casa il cuore dell’eroe e dell’orgoglio. Si inizia il viaggio non perché lo si vuole, ma perché lo Spirito ci spinge. Rispondere alla chiamata di Dio, implica il non confidare nelle proprie capacità, ma nell’ abbandonarsi in Dio. Lasciamo a casa le “ragioni dell’inttelletto” e vestiamoci con le “ragioni del cuore” (Pascal): se iniziamo questo pellegrinaggio non è perché siamo bravi, ma perché ci lasciamo attrarre dall’Amore di Dio.

Ascoltiamo la voce del silenzio. All’inizio le nostre orecchie, così abituate al “rumore”, faranno fatica a sentire la voce del silenzio, la confonderanno con altre voci sottili. Ma poi, il tempo, l’allenamento all’ascolto, abituerà a pensare, ad ascoltare il ticchettio del cuore, ed ogni respiro sarà preghiera, contatto con la voce di Dio.

Lasciamoci bruciare dal “sole”. Non il sole che splende solo nelle belle giornate. Ma Quello che illumina e riscalda anche nei giorni brutti, Dio. A questo “Sole” è necessario fare spazio, lasciare che ci avvolga, ci purifichi e ci illumini. Insomma esponiamoci senza protezione alla luce del Vangelo, alla lettura illuminante della Parola, che con il suo potente raggio di luce investa ciascuno e in modo diverso riscaldi l’anima. E con questa Parola nel cuore si potrà lavorare con impegno, amare con passione e disinteresse, accogliere come dono la sofferenza.

Lasciamoci sospingere dal vento dello Spirito. Il vento soffia in tutte le direzioni, ciò significa non sapere dove ci porti, contro quale ostacolo ci faccia sbattere. Ma se accettiamo di essere sospinti allora dobbiamo accettare tutte le difficoltà, le noiosità degli altri, andare incontro a chi ci offre delle croci da portare, non rifiutarsi di camminare anche quando sembra impossibile farlo.

Non perdiamo mai di vista la meta finale. Il percorso, anche se in mezzo al deserto, ha come traguardo finale la Pasqua. Per questo è opportuno evitare miraggi tentatori. La fede pura ci dà l’orientamento, la speranza il coraggio, la carità l’energia al cuore. Senza questa armatura è facile lo smarrimento.

Lasciamo le impronte. La fede non è un arido deserto, ma un giardino fiorito che emana il dolce profumo di Cristo. Ogni nostra azione, ogni nostro passo, ogni nostra parola deve lasciare un’impronta, un segno visibile per cui vedendolo si potrà dire: “di qui è passato Cristo”.


Conclusioni

L’augurio più sincero che si possa fare in questo inizio di Quaresima e che voi possiate avere tempo per cercare e frequentare il vostro deserto. Lì sperimentare molte cose: la fatica, la necessità dell’acqua, la necessità degli altri, la solitudine, l’essenziale, il rapporto con Dio. Ma anche trovare il nemico, la tentazione che vagli la vostra decisione, la vostra scelta di credere nel Vangelo. Solo in questo modo infatti si potrà capire se si è convinti della propria identità cristiana, se si è autenticamente uomini del vangelo.

Non ci si può illudere che l’identità cristiana si raggiunga senza lotta. Si pensa infatti, ed erroneamente, che l’essere cristiani “va da sé”, basta la preghiera del mattino e della sera, è sufficiente assolvere ai precetti. No. L’obbedienza al Vangelo non va da sé. È una metanoia, un cambiamento di testa, di pensiero, di cuore, che esige i suoi tempi e le sue azioni mirate e, soprattutto, non è indolore, ma implica distacchi, lacerazioni, privazioni. Il cammino verso la Pasqua non può evitare il deserto e dura tutta la vita. Carissimi amici, raccoglimento, preghiera, abbandono alla volontà di Dio e per il resto….santa gioia. Buona Quaresima.

Serena domenica.

+Vincenzo Bertolone

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