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Cassano, quale futuro PDF Stampa E-mail
Scritto da G. Aloise   
domenica, 30 novembre 2008 09:04

cassano
Cassano vista da Lauropoli
Recentemente è stata presentata a Cassano, la rivista "Il Simposio" scritta, stampata e diffusa dal Liceo R.Satriani  e curata dal prof. Lapadula. Si tratta del sesto numero e questa volta l'attenzione degli studenti/giornalisti e dei docenti che seguono costantemente l'iniziativa si è concentrata sul futuro della nostra città. Della manifestazione si può leggere nell'articolo inviatoci da luigi Franzese.

Di seguito vi presentiamo, invece, un'interessantissima "opinione" sull'argomento "Cassano, quale futuro", del dott. Giuseppe Aloise, che è stato sindaco di Cassano, deputato al Parlamento nelle file della Democrazia Cristiana, consigliere e assessore regionale.  Il tema è quello trattato proprio durante la tavola rotonda organizzata nell'Aula Magna del liceo, evento al quale Giuseppe Aloise era stato invitato e, non potendo partecipare per impegni precedenti, ha stilato il documento che vi proponiamo.

Uomo di notevole cultura e conoscenza del territorio, Aloise fa una disamina attenta, secondo il proprio punto di vista (che noi condividiamo), degli accadimenti che dal 1948 ad oggi hanno influito in modo determinante sul mancato sviluppo del nostro territorio, tutto ciò inquadrato in un'ottica più ampia, quella cioè delle problematiche gravi che assillano oggi non solo la Calabria e l'Italia, ma l'intero pianeta. Un documento da tenere da conto e sul quale riflettere se si vuole  pensare e lavorare seriamente alla creazione di un futuro più roseo per i giovani di oggi e di quelli a venire.

Nell’era della globalizzazione caratterizzata  non solo da  accentuati e persistenti processi di omologazione degli stili di vita, dei comportamenti e dei consumi ma segnata soprattutto dal superamento della logica dei mercati chiusi sia pure di area vasta, tentare una riflessione sulle vicende economiche e sociali che hanno interessato un territorio ristretto posto in un’area marginale e periferica del nostro paese ed ipotizzarne una prospettiva di crescita, sia pure per grandi linee, rischia di essere un’operazione priva di una adeguata motivazione  stante la tentazione di rinchiudersi nell’analisi di un ambito locale abbastanza ristretto.

Non sfugge a nessuno però che la sfida globale ha permesso di riportare in primo piano la dimensione locale – la località – ed in questo contesto le economie locali e  regionali sono al centro di ogni prospettiva di sviluppo .Fatta questa premessa il tentativo di analisi che è poi la comprensione dei fatti e dei fenomeni che hanno inciso nella realtà economica del nostro Comune è essenziale per ogni ipotesi di progetto di sviluppo  per evitare che qualsiasi intervento non si raccordi con le risorse esistenti e non le valorizzi.

La prospettiva non può non tener conto delle vicende attraverso le quali si è stratificata la realtà che si vuole modificare.Sarebbe oltremodo atto di imperdonabile presunzione se si volesse ritenere che una breve riflessione esaurisca l’analisi compiuta  di una realtà complessa e molto variegata e ne individui i punti su cui ricostruire un processo di crescita complessiva che si raccordi con il restante  territorio su cui insiste Cassano.

Un dato è innegabile: da più tempo  Cassano ha subito un declino verticale. Sono anni che  si arretra in quasi tutti i settori, nel senso che i processi di crescita non sono al passo con quanto si registra in altri territori o addirittura sono regressivi: dalla politica, all’economia; dalla criminalità allo sport.Gli ultimi dati sulla popolazione residente ( censimento 2001) evidenziano un numero di abitanti pari a 17.565 rispetto ai 18.564 del 1991 con un calo di oltre il 5 %. Se si facesse riferimento alla popolazione effettivamente residente il calo sarebbe ancora più significativo. Nel resto della piana di Sibari in assoluta controtendenza si registrano incrementi dell’ordine del 6 o 7 %. Tale dato evidenzia non solo un’emorragia riconducibile a processi migratori ma anche  una scarsa appetibilità del territorio sotto il profilo delle opportunità economiche ed occupazionali.

Se si disponesse di qualche rilevazione attendibile sulle presenze di stranieri regolari ed irregolari emergerebbe ancora in modo più nitido che il nostro comune non rappresenta un’attrazione per questi nuovi fenomeni migratori contrariamente a  quanto si verifica nel territorio della piana di Sibari.Ma c’è di più: Cassano vive una sorta di malessere demografico derivante dall’alterazione della struttura della popolazione  evidenziata solo per citare qualche indicatore dall’indice di vecchiaia abbastanza elevato a causa della forte incidenza della popolazione di età oltre i 65 anni. Fenomeni migratori e perdita della popolazione sono tratti distintivi della nostra condizione sociale, facilmente percepibili.

L’indice di vecchiaia certamente è notevolmente cresciuto anche dopo la rilevazione ufficiale del 2001.Aggiungo un solo dato che testimonia la condizione asfittica del nostro sistema economico produttivo: alla data del 27/10/2008 risultavano iscritte alla camera di commercio 388 ditte aventi la forma giuridica societaria ( dalle società cooperative alla società di capitali s.r.l o s.p.a ) mentre alla stessa data nel Comune di Corigliano risultavano iscritte bel 1.688 ditte aventi la stessa forma societaria. Il dato è eloquente e di per sé è sufficiente a spiegare l’intera condizione del nostro sistema economico.Le cause vanno ricercate in una molteplicità di fattori condizionanti. Mi limito a  prospettarne solo alcuni che, attesa la loro parzialità, sono senz’altro insufficienti per definire un’analisi completa.La condizione del territorio e l’articolazione urbana influenzano indubbiamente il livello di crescita di un territorio.

Per Cassano questi fattori non hanno giocato un ruolo propulsivo, pur essendo rilevante l’esistenza di notevoli risorse ambientali in un territorio ampio che rappresenta una parte significativa della “polpa” dell’intera provincia di Cosenza.Intanto la condizione della distribuzione della popolazione sul territorio, articolata nel centro urbano sede del comune ed in 3 frazioni, di cui una - Sibari -  ampiamente  estesa, ha enormemente ridotto quello che si definisce l’effetto urbano. La disarticolazione sul territorio ha posto problemi di caratterizzazione degli agglomerati, cui si sono date  risposte non armoniche e scarsamente funzionali   con un’ evidente dispersione di risorse ed interventi ripetitivi, senza creare un centro che fosse il punto di riferimento dell’intero territorio e sul quale insediare le funzioni più significative. Né il territorio ha offerto, per la dotazione infrastrutturale dei servizi, un centro di attrazione per gli insediamenti produttivi. Sia pure faticosamente, nelle zone limitrofe, invece, stanno emergendo e consolidandosi delle aree sulle quali si manifesta una tendenza a localizzare gli impianti e le attività produttive.

L’assenza di una idea unificante dello sviluppo del territorio ha influenzato tutti gli strumenti urbanistici che si sono succeduti e che  hanno, di fatto,  assecondato le tendenze spontanee dei nuovi insediamenti edilizi senza individuare una linea di riaggregazione del territorio. L’unica previsione positiva, a mio avviso, è stata quella di ipotizzare sulla fascia marina ben tre grandi lottizzazioni ti tipo turistico, che purtroppo non sono state assecondate nella loro prospettiva di volano del turismo ed ora registrano marcati  fenomeni di dequalificazione che abbassano notevolmente l’appettibilità del nostro territorio anche sul versante dell’offerta turistica.  La tendenza a perseverare nella realizzazione dei cosiddetti villaggi turistici, forse, ora meriterebbe una qualche riflessione per capire se essi sono efficacemente funzionali a migliorare la dotazione ricettiva e se sono in grado di superare il limite della stagionalità.

Dopo oltre mezzo secolo di interventi abitativi per migliaia di nuovi vani non abbiamo realizzato una “polis”, un centro in cui tutti possano riconoscersi come punto unificante e di aggregazione ma una serie di quartieri senza vitalità  e privi di quelle pulsioni tipiche dei tradizionali nuclei urbani. Si pensi agli insediamenti nella valle dell’Eiano, all’espansione urbanistica in Lauropoli e ai disarticolati intereventi a Sibari, ove ancora non siamo riusciti non dico a realizzare ma a proporre una idea di nucleo urbano unificato ed unificante.Causa ed effetto di questa complessa disarticolazione socio-urbanisitica possono anche essere ricondotti all’assenza di una “identità comune” dei residenti.Alcune città, alcuni insediamenti abitativi hanno vivo il senso di appartenenza che induce tutti a riconoscersi in alcuni simboli che diventano il riferimento della comunità.

Cassano non ha una identità comune : la “cassanesità”, intesa come insieme di valori, di tradizioni. di riferimenti alle vicende passate, di memorie  e anche di ovvietà condivise, non è un dato riconoscibile e riferibile all’intera popolazione.Gli insediamenti sul territorio hanno origini e storie diverse, il nucleo urbano prevalente è altro rispetto agli insediamenti di Lauropoli, Doria e Sibari. Le radici non sono comuni.Per molto tempo il centro urbano è rimasto estraneo rispetto al resto del territorio. La diversità delle forme dialettali forse è il tratto identificativo delle differenze.Tutto questo  ha prodotto anche in un recente passato l’esplosione di movimenti autonomistici, che al di là del loro velleitarismo, hanno evidenziato il malessere della periferia nei confronti di un centro – ritenuto a torto o ragione - “egemone” e scarsamente interessato a realizzare uno sviluppo complessivo del territorio.Questo malessere continua ancora ad avvertirsi a Sibari ove il senso di estraneità alla comunità comunale ha radici più profonde e si misura con il senso di frustrazione collettiva che si avverte sol che si operi il raffronto con le realtà circostanti. Per fortuna i grandi partiti di massa, fortemente ideologizzati, sono stati un antidoto alle spinte separatiste realizzando una partecipazione corale e diffusa alla vita politica locale.

Ma anche la vicenda politica non è stata estranea rispetto alle tendenze che si sono successivamente manifestate; anzi ne ha condizionato l’evoluzione talvolta in senso negativo.All’indomani della ripresa delle libertà democratiche, Cassano era segnata da una originale peculiarità. Nella gran parte della Piana di Sibari e del Pollino le forze in campo erano di fatto  quelle di sinistra del fronte popolare e la Democrazia Cristiana. A Cassano tra questi blocchi era, invece, incuneato un grande raggruppamento che allora faceva riferimento alla liberale Unione democratica nazionale, che già nelle prime elezioni amministrative aveva raggiunto un successo strepitoso. Non era un raggruppamento espressione del tipico notabilato meridionale ma esso si riconosceva attorno ad un leader che non era un prodotto della politica assistenziale  ma era la testimonianza di una cultura liberale ed imprenditoriale fortemente contestata dai partiti tradizionali.Credo che la cultura anti-produttivistica e anti-capitalistica  che ha segnato la storia degli anni 50 e  60 abbia proprio le radici in quello scontro del 46 e 48 che a Cassano ha contrapposto la sinistra ad  un sistema di potere produttivistico e  capitalistico che allora era una novità ed una sorprendente anomalia  non riscontrabile nel  resto del territorio.

Cassano, all’avvio della ricostruzione del Paese uscito dalle macerie della guerra, registrò interventi nella bonifica del territorio, registrò il superamento del tradizionale latifondo con colture intensive e forme di  allevamento  di avanguardia. Registrò, soprattutto ed in maniera originale,  processi di industrializzazione legati alla trasformazione dei prodotti agricoli, coltivazione del tabacco e lavorazione industriale dei derivati dell’olio ed infine registrò forme di esportazione di prodotti agricoli verso i mercati dell’Europa centrale  che aprirono il nostro territorio ad esperienze inimmaginabili di mercato globale.Già nel 1952 questo sistema di potere e di influenza nella realtà cittadina, crollò sotto i colpi di una contestazione che non faceva riferimento al PCI ma al PSI che nel frattempo, ereditando il lascito del Partito d’Azione, aveva egemonizzato l’intera sinistra.Lo scontro successivo tra il blocco moderato, popolare ed interclassista raccolto attorno alla DC con il sostegno della Chiesa ed il blocco di sinistra egemonizzato dal PSI non fu solo uno scontro politico inevitabile in quel momento tra formazioni politiche fortemente ideologizzate, ma si caratterizzo come un violento ed aspro scontro sociale, il cui bersaglio a Cassano  da parte del PSI non fu il tradizionale e tipico sistema di potere della DC ma un sistema di potere diverso e complesso  che si radicava per larga parte attorno alle più significative attività produttive di tipo agricolo. Un sistema che veniva simboleggiato come il partito degli “agrari” per tutto quello che di negativo poteva evocare il blocco agrario nel mezzogiorno. Ma a Cassano il blocco agrario fu cosa diversa perché non poggiava sull’assenteismo e sulle culture estensive ma era un autentico fattore produttivo di reddito. Forse lo scontro non doveva coinvolgere il blocco in quanto tale ( padronale ed agrario ) ma doveva interessare la redistribuzione del reddito prodotto dal sistema “agrario” in maggior misura nei confronti  dei lavoratori occupati.L’errore storico, a mio avviso, fu quello di avere assimilato il sistema produttivo cassanese al latifondo cerealicolo e pastorale, tipico del Marchesato di Crotone, anche se a Cassano non mancavano aree da assoggettare alla riforma così come poi è avvenuto.Abbattuto il sistema di potere “agrario”, la dialettica sia pure aspra interessò il PSI e la  DC, che aveva allentato i legami con il vecchio gruppo dirigente. Ma la dialettica non si liberò delle scorie del passato anche per la cristallizzazione dei  gruppi dirigenti. Non scomparve del tutto,così,  a mio parere, la logica antiproduttivistica.Nel corso degli anni 60 si registrò un’imponente esplosione della spesa pubblica ed un allargamento dell’occupazione nell’amministrazione pubblica: Tale apparente crescita non favorì  le condizioni per uno sviluppo auto-propulsivo anzi  creò le premesse per il declino che oggi registriamo.Il  modello produttivo degli anni 50 e 60, incentrato sull’agricoltura , sull’agrindustria e sui servizi connessi fu sostenuto da migliaia di addetti che con la crisi successiva si ridussero fortemente e trovarono uno sbocco naturale  nell’emigrazione.

Un momento di ripresa si registrò negli 70 per l’espansione dell’attività edilizia che tonificò l’intero contesto economico-sociale . Allora si sperò in  una inversione di tendenza che si rivelò di scarso respiro perché non sorretta dall’espansione di altri settori produttivi dell’economia locale. Allora, forse, a Cassano sciupammo una grande occasione per assicurare un nuovo inizio di sviluppo economico  forse  perché insorse una nuova anomalia: la stagione del centro sinistra non fu accompagnata dal superamento della logica dei blocchi contrapposti sicchè lo scontro, giocato nei termini antichi, venuta meno la contrapposizione con gli “agrari”,  si isterilì in una dialettica paesana perdendo di vista gli stessi effetti benefici delle politiche espansive del nuovo indirizzo politico.

Ora la crisi è sotto gli occhi di tutti ed è evidenziata in modo sintetico dai pochi dati che abbiamo segnalato. Per fortuna, però,  della cultura anti-produttivistica e della radicale contrapposizione fra gli schieramenti non c’è più traccia. L’aspirazione al benessere individuale non demonizza più “gli agrari” ed i “capitalisti”, anzi li assume come modelli da imitare e da  raggiungere.Conclusivamente, sono convinto che la ripresa dello sviluppo passi dal mutamento di alcune condizioni che caratterizzano  l’intreccio dei rapporti sociali e civili, pur nel contesto dei mutamenti che sono intervenuti nella nostra società.Occorre innanzitutto ricostruire o addirittura costruire un rinnovato  senso della comunità, in una situazione in cui rischia di consolidarsi l’estraneità dei cittadini rispetto alla necessità di sentirsi partecipi di uno sforzo comune : compito non facile in un tessuto civile lacerato dalla pervasiva diffusione ed influenza di varie forme di illegalità e criminalità.

Le istituzioni politiche in questo tentativo sono chiamate a svolgere un compito importante innalzando il livello della loro credibilità anche perché vengono percepite ormai da molto tempo come corresponsabili delle difficoltà in cui si dibatte il nostro Comune.La società civile non può rinchiudersi in se stessa immaginando una sorta di alterità rispetto a quanti sono chiamati ad operare per il perseguimento di questo obiettivo. La crisi, in fondo, riguarda poi tutti e non risparmia nemmeno quelli che si sentono “unici”.Io credo che la questione urbana sia fondamentale per la ripresa dello sviluppo. Se non si affronta in termini moderni la riorganizzazione del sistema insediativo ed il recupero funzionale dell’esistente  la città nel suo complesso sarà asfittica e disordinata. Il sistema dei collegamenti intercomunali va saldato con i collegamenti esterni che rappresentano il vero limite della dotazione infrastrutturale.

La programmazione del territorio è ,anche e soprattutto , valorizzazione delle risorse esistenti.Cassano e, in particolare, Lauropoli,  sono letteralmente inaccessibili dall’autostrada del sole. L’inaccessibilità accentua la caratteristica di marginalità e di perifericità in rapporto  alle grandi vie di comunicazioni ed impedisce qualsiasi tentativo di ripresa.L’asse ferroviario Spezzano – Lagonegro un tempo poneva Cassano al centro di uno snodo significativo e ne accresceva la mobilità quando il trasporto privato era irrilevante. Con la creazione dei nuovi assi di collegamento registriamo invece una sostanziale difficoltà a reinserirci in un contesto più ampio e più vitale.Non essendo ipotizzabile uno sviluppo esclusivamente auto-indotto diventa essenziale il rilancio dell’intera Piana di Sibari, ove Cassano potrà giocare un ruolo strategico.Lo sviluppo, però, non può essere affidato ad alcuni fattori che diventano “mitici” e che poi si rivelano scarsamente determinanti per un processo complessivo di crescita essendo soltanto e limitatamente dei segmenti, dei pezzi di una strategia che dev’essere in ogni caso sempre più complessa ed allargata.

Qualche esempio : per anni abbiamo immaginato che il “ Monte “ fosse una prospettiva di crescita turistica, ne abbiamo variata la destinazione urbanistica perché abbiamo immaginato che il solo cambio del “nomen” fosse bastevole per innescare processi di sviluppo. Abbiamo raggiunto un effetto indesiderato perché  non solo non abbiamo innescato alcun  processo di sviluppo ma addirittura abbiamo reso  molto oneroso il trasferimento dei terreni e degli immobili, deprimendone le potenzialità intrinseche. Con il “Monte”, infatti, realtà significativa dell’intero territorio cassanese, abbiamo intrattenuto una sorta di rapporto nostalgico ed idealizzante immaginando che si potesse ri-costruire una realtà negli stessi termini residenziali e produttivi del passato. Ma il sogno si è infranto !Ed i miti   non mancano ,ancora, purtroppo  nella nostra vicenda economica.

De-mitizzare dunque lo sviluppo per renderlo più credibile e più ancorato alla realtà partendo dalle risorse disponibili senza estraniarsi dai processi di ampliamento della struttura produttiva che si registrano accanto a noi.Ho voluto solo far riferimento ad alcune condizioni generali per lo sviluppo del nostro Comune, tentando di delineare una “metodologia” per la crescita , sia pure limitata e non comprensiva di tutti i fattori che giocano nel contesto sociale ed economico.Tracciare, invece, i contenuti  di una ipotesi di sviluppo, non solo è compito arduoma richiederebbe un   ampio coinvolgimento di tutte le forze interessate e dovrebbe poggiare su una analisi severa della nostra condizione socio-economica senza miti e senza illusioni.Non ci sono soluzioni magiche o miracolistiche  per un problema difficile, ma il declino diverrà inarrestabile se attorno a queste problematiche non ci sarà una grande assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni politiche e culturali, da parte delle forze sociali e produttive e da parte di quanti hanno la passione e la voglia di  dare contributi positivi per il proprio paese.Solo un grande dibattito culturale incentrato si temi dello sviluppo  potrà diffondere la consapevolezza della gravità del momento che viviamo .

La consapevolezza è la pre-condizione per discutere  ed ipotizzare linee di sviluppo. Affidarsi ad astrattezze econometrie disancorate dalla realtà  o ad illusioni programmatorie significa disegnare sull’acqua. Si tratta, in definitiva, di imprimere a Cassano una sorta di “dinamismo urbano” che, per noi,  è la premessa condizionante per lo sviluppo e la crescita ripensando se non addirittura tentando di modificare in termini più moderni  gli attuali equilibri sui quali si regge la nostra Comunità. 

Giuseppe Aloise

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