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Sibari

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L'ultima notte di Sibari PDF Stampa E-mail
Scritto da M. De Filippis   
mercoledì, 18 giugno 2008 06:37
greco
Un comandante magno-greco
Il prof. Mario De Filippis, ci ha inviato un suo articolo pubblicato sul quotidiano “Calabria Ora” nel luglio del 2005, in occasione di un evento importante tenutosi in quel di Catanzaro e a noi sfuggito (ahinoi). “Magna Graecia, archeologia di un sapere”. De Filippis mette in risalto l’opera di uno scrittore sibarita nato a Corigliano nel 1891 “Costabile Guidi”. Anche se l’articolo è di 3 anni fa, ci sembra interessante e quindi lo proponiamo ai nostri webnauti appassionati di storie e leggende sibarite.
Salvatore Settis sul supplemento Domenicale del “Sole 24 ore” del 19 giugno 2005 spiega le motivazioni per la mostra evento in corso al complesso di San Giovanni, a Catanzaro: Magna Græcia, archeologia di un sapere. A cominciare dal titolo, il curatore della mostra - che riunisce circa ottocento reperti, provenienti da ogni parte d’Italia - ripercorre  la storia dell’espressione Magna Grecia, i diversi momenti di riscoperta di questa eredità culturale, a partire dal Settecento. Ogni epoca legge il passato secondo schemi propri, in cerca di ispirazione per il presente. Settis si sofferma sul ventennio fascista, per sottolineare che la grecità viene in qualche modo subordinata, nella gerarchia culturale, alla scelta del regime di privilegiare il mito di Roma. Ma nelle biblioteche calabresi si può ancora scoprire qualche voce solitaria, qualche piccolo, originale contributo, divergente dalle linee guida della politica culturale fascista. Durante il ventennio vengono pubblicati i romanzi storici di Costabile Guidi, nato a Corigliano Calabro nel 1891, “cantore di Sibari e del pitagorismo, poeta e autore di testi teatrali” lo cita appena Antonio Piromalli, nella sua Letteratura  calabrese (ed. Pellegrini, II vol., p. 334).  Piromalli si riferisce al libro più noto di Guidi, L’ultima notte di Sibari. Romanzo storico del VI sec. a.C., Casa editrice A. Milesi e Figli, Milano, 1934 XII.  Un romanzo concepito certamente nel clima di entusiasmo e di interesse per il passato, suscitato in Calabria dalla presenza di Umberto Zanotti Bianco, che proprio in questi anni promuove una campagna di scavi per riportare alla luce le rovine di Sibari. Ma com’è l’antica Sibari per  “l’eroico capitano e mutilato della Grande Guerra”( così viene presentato da una Notizia dell’editore)? Nel cap. I si descrive l’arrivo degli atleti di Crotone, guidati dal famoso Milone, per partecipare ai giochi, in un clima di festa: Sibari era il paradiso di tutte le voluttà, ove la vita sembrava sciogliere un inno all’amore e al creato. Milone non partecipa alla festa, si apparta a parlare con due giovinetti, Archippo e Liside, pitagorei di Taranto, che si trovavano a Sibari non per i giochi olimpici, ma per la propaganda pitagorica. C’è anche Aisa, la bellissima figlia del sacerdote di Apollo, Callia, inviso al tiranno di Sibari, Telys. Milone la salva mentre gli uomini del tiranno la stanno portando via. Insomma certe pagine ricordano le avventure del Corsaro Nero, o di Sandokan: ambientazione esotica, belle fanciulle coperte con pochi veli, eroi pronti a tutto, contro uomini potenti e malvagi. Andando avanti nella lettura, di notte, sfilano i carri delle più famose cortigiane, tra cui Bilitide, emula di Saffo, e la folla si dirige verso gli antri delle ninfe, ricettacolo di ogni lussuria. Il nostro capitano vorrebbe stigmatizzare la corruzione di Sibari ma, tutto sommato, ne sembra attratto e turbato, pescando nelle sue memorie anche Ibico di Reggio, poeta immaginato nel romanzo in esilio a Sibari, dove compone carmi sull’amore omosessuale, cantati dai fanciulli nei banchetti.   Intanto la scena si sposta a Crotone, dove Pitagora con un discorso ha convinto il popolo ad opporsi in nome della libertà alla ricca e corrotta Sibari e al suo tiranno. Certo la libertà a cui si riferisce Pitagora è quella degli aristocratici, dei saggi che si considerano chiamati al governo del popolo. Il popolo, infatti, si lascia travolgere dagli istinti peggiori, come nel Foro di Sibari, quando gli ambasciatori di Crotone, in abiti semplici e fieri, vengono esposti all’odio della folla, aizzata dalle spie del tiranno, e massacrati nel tempio di Era. Ma il popolo di Sibari mancava di ogni convincimento…ed è destinato a perire, la battaglia tra crotoniati e sibariti vede la sconfitta di questi ultimi, superiori per numero, ma in gran parte mercenari, stracarichi di cibi e bevande. Il tiranno fugge, il popolo gli si rivolta contro e lo uccide. Sibari è assediata, Aisa viene sacrificata agli dei in un estremo tentativo di salvare la città, ma Milone e i suoi irrompono da ogni parte e distruggono Sibari, deviando poi il Crati sulle sue rovine.Che dire di questo fumettone? Che è un curioso prodotto, una miscela di suggestioni diverse e forse contraddittorie, di dati storici e di fantasia, negli anni in cui il cinema italiano produce il  goffo Scipione l’Africano, per rinverdire le glorie imperiali e mediterranee dell’antica Roma e preannunciare le nuove, prossime imprese delle legioni mussoliniane.Costabile Guidi appare in disparte, rispetto ai temi dominanti, intento a rivisitare i miti della sua Magna Grecia, delle sue città, dei personaggi straordinari di quella lontana civiltà, nel modo che gli risulta più congeniale, in una narrazione sicuramente ingenua, che forse proprio in questa ingenuità trova la sua efficacia.  La mostra di Catanzaro potrebbe sollecitare una riscoperta critica, archeologica in un certo senso, di Costabile Guidi, degli altri suoi romanzi, di altri autori rimasti ai margini del panorama letterario più noto.
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