Inediti di Stanzione e Solimena in asta a Roma |
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Scritto da A.Della Ragione | |
sabato, 26 novembre 2016 08:12 | |
![]() ![]() L’autografia del quadro risulta evidente dall’analisi stilistica dei personaggi e della composizione, nonché dal confronto con altre tele documentate del maestro. I corpi saldamente costruiti con un’anatomia possente e con chiaroscuri netti, i panneggi vibranti e dinamici, l’impostazione della scena si ritrovano, come sottolinea Lattuada, nella Madonna con Bambino e i Santi Gennaro e Sebastiano a Milwaukee, Milwaukee Art Center e nella Madonna col bambino, l’angelo custode e San Francesco di Paola della Gemaeldegalerie Alte Meister di Dresda. In basso a sinistra appare il golfo di Napoli visto da occidente, all’altezza di Posillipo, delimitato dal Monte Somma, con il Vesuvio sullo sfondo. Il particolare è attualmente di difficile lettura a luce naturale per l’ossidazione delle vernici, ma diventa più agevolmente visibile ai raggi infrarossi . L’iconografia di San Gennaro che chiede l’intercessione della Vergine per la città di Napoli ha una forte valenza simbolica e mette in evidenza lo stretto legame, da sempre esistente, tra Napoli e il proprio santo protettore, fatto di rispetto, amore e devozione. Nella pittura del Seicento napoletano rappresentazioni simili sono abbastanza ricorrenti (come ad esempio il San Gennaro che protegge la città di Napoli di Onofrio Palumbo e Didier Barra nella chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini o a quello di Luca Giordano con San Gennaro che intercede presso la Vergine, Cristo e il Padre Eterno per la peste al Museo Nazionale di Capodimonte). Tuttavia scelte compositive simili non sono comuni nella produzione pittorica solimenesca. ![]() Un utile confronto per l’impaginazione dell’opera in esame è rappresentato dal bellissimo rilievo di Domenico Antonio Vaccaro raffigurante La Vergine dà le chiavi di Napoli a San Gennaro nella Certosa di San Martino a Napoli, databile intorno al 1720, periodo nel quale è possibile collocare anche il dipinto offerto in asta a giorni. I due grandi maestri furono legati da profonde e reciproche influenze stilistiche, tanto che Bernardo De Dominici nelle sue Vite dei Pittori, Scultori, ed Architetti Napolitani definisce Solimena il Vaccaro della Pittura, e Lorenzo Vaccaro, padre e maestro di Domenico Antonio il Solimena della Scultura (Bernardo de' Dominici, Vite de' Pittori, Scultori e Architetti napoletani, Napoli, 1742-44, vol. III). Lo scrittore napoletano seppe sintetizzare con singolare efficacia quel metalinguaggio barocco di matrice classicista che Solimena e i Vaccaro declinarono con materiali diversi ma intenti estetici comuni (Lattuada. Sempre del Solimena viene poi proposto un Ritratto di gentildonna a mezzo busto con fiori in mano (fig. 4), corredato da una perizia di Ferdinando Bologna, datata 7 marzo 1977, in cui lo studioso avanza l’attribuzione a Solimena e propone una datazione agli ultimi anni di attività dell’artista, probabilmente attorno al 1739 - 40. Agli stessi anni risalgono infatti il Ritratto di dama conservato a Londra, National Gallery, e il Ritratto della Principessa Imperiale di Lasciano della collezione Pisani a Napoli (F. Bologna, Francesco Solimena, Napoli 1958, figg. 215 e 218). Il dipinto si pone come uno dei vertici dell’attività ritrattistica di Solimena, per l’altissima qualità della resa pittorica, dalla pennellata fluida e veloce, e soprattutto per la grande capacità di penetrazione psicologica. L’opera si differenzia dalla tipologia consueta dei ritratti d’apparato, rappresentando la modella in modo intimo e colloquiale, priva di gioielli e di complesse acconciature, con un piccolo mazzo di fiori come unico vezzo. Eseguito con pennellate rapide che denunciano la grande sicurezza dell’artista e la sua perizia tecnica, il ritratto cattura l’attenzione dello spettatore per l’espressione e lo sguardo vivo della misteriosa dama, conferendogli una grande modernità che preannuncia gli esiti del realismo napoletano nell’Ottocento. Achille della Ragione |
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