Pasqua di Resurrezione |
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domenica, 23 marzo 2008 08:27 | |
Iniziamo questo giorno di giubilo con la lettura del vangelo di Giovanni: poche parole dal significato profondo che hanno sconvolto il cammino dell'uomo e sulle quali è basata tutta la nostra storia di Cristiani: Gv 20,1-9. SEGUE COMMENTO SULLA PROCESSIONE E IL MESSAGGIO PASQUALE DI MONS. BERTOLONE
La tradizionale processione del Venerdì Santo a Cassano si è conclusa senza problemi. Così come aveva chiesto il Vescovo è iniziata alle 11,30 e si è conclusa intorno alle 17,00 , con una durata di circa 5 ore. Alla processione hanno partecipato tutti i presbiteri disponibili, liberi da impegni nella propria parrocchia, dopo tanti anni sono anche riapparsi due carabinieri in uniforme da parata
che hanno accompagnato per tutto il percorso la statua processionale dell’Addolorata, molti “disciplini” o “vattenti” e la solita grande massa di popolo, che è sembrato abbia accettato di buon grado questa partenza “ritardata”. Mons. Bertolone, circondato dal Sindaco, dal tenente dei carabinieri dott. Feola, dal prof. Alario e da altri cittadini amanti della tradizione, ha seguito l’intero percorso senza segni di stanchezza e dimostrando grande interesse per le informazioni storico-aneddotiche che di tanto in tanto gli venivano comunicate dai suoi accompagnatori.La banda musicale egregiamente diretta dal M° Casella ha eseguito benissimo delle marce funebri, adatte all’evento, durante lunghi tratti del percorso alternandosi al tradizionale suono della tromba e dei tamburi.L’eliminazione dal percorso delle bancarelle nell’area dei “gironi” ha notevolmente facilitato il passaggio dei fedeli e delle “varette” e riteniamo che nei prossimi anni ancora si possa intervenire per rendere più “snella” e più ricca di significati questa importante manifestazione che deve essere sempre più religiosa e meno “laica”.
NELLA RISURREZIONE LA GLORIA E LA PACE Oggi non è un giorno qualsiasi: è la Domenica delle domeniche, è il Primo dei giorni del Signore. È Pasqua, il giorno in cui, diceva sant’Atanasio, «Cristo risorto fa della vita dell’uomo una festa cristiana».La Risurrezione è l’evento decisivo della nostra fede: è un intervento di Dio paragonabile soltanto alla Parola creatrice, che in origine dette origine al tempo, alle cose, all’uomo. Solo alla luce di essa possiamo comprendere pienamente il disegno di Dio: Cristo è dovuto morire, e poi risorgere, per sconfiggere la morte e perché l’uomo diventasse un uomo “altro”, un uomo nuovo. Non è mai stato facile, per la Chiesa, annunciare che Gesù, condannato e messo a morte mediante il supplizio della croce, e depositato nel sepolcro, è risorto dopo tre giorni ed è vivente per sempre. E’ forse follia più grande dello stesso annuncio della croce. Che cosa sperare nell’orizzonte di un’umanità che si pasce di cinismo e pare paga soltanto di uccidere la speranza? Contro ogni evidenza, la Chiesa deve dire, noi credenti dobbiamo dire agli sfiduciati, ai delusi ed agli scettici, che l’amore che promana da questo Mistero pasquale è vero e che è bello sperare, che è possibile tornare a credere di poter essere homini novi. La Chiesa, pure nella società contemporanea, ha spazi aperti per continuare ad annunciare i valori alti che il Cristo Risorto propone per far germogliare un nuovo umanesimo cristiano e fecondare i terreni aridi del secolarismo. San Paolo, rivolgendosi ai fratelli della Chiesa di Colosso, li esortava a cambiare, nell’azione e nel pensiero. «Cercate le cose di lassù, pensate alle cose di lassù» (Col. 3,11): sono parole che investono i progetti e l’esecuzione, la coscienza e le scelte. In esse risuona l’invito a spogliarsi dell’uomo vecchio, dei valori egoistici e distruttivi, per indossare il vestito nuovo per l’uomo nuovo, ovvero a superare le divisioni che oppongono popolo a popolo, razza a razza, religione a religione. Questo miracolo non è utopia, ma il realismo d’un giorno di gloria a lungo sospirato e nei secoli annunciato: Cristo Risorto. Gli scettici, coloro che, per restare nella metafora, ancora indossano panni consunti e fuori moda, sono i discendenti dei discepoli, schiacciati dalla disfatta, incapaci di prendere una qualsiasi iniziativa, timorosi di fare la stessa fine del Maestro. Come erano stati lesti nel portare le spoglie nel sepolcro, così erano tardi nella fede ed anche nell’amore, perché col loro comportamento rinunciatario dimostravano di non amare Gesù. Pure in quella circostanza, Gesù prese l’iniziativa, ritornando ed aspettandoli. Ma prima che agli apostoli, si mostrò ad una donna. E quando loro seppero ciò che era accaduto, si precipitarono trafelati da Chi li stava aspettando: e videro e credettero. In questo meraviglioso scorcio di storia dell’umanità, troviamo almeno due riflessioni. La prima: è possibile, è bello passare dalla tristezza alla gioia, dalla disperazione alla speranza. La seconda: se gli apostoli, Pietro in testa, hanno dovuto percorrere un cunicolo stretto e oscuro per arrivare finalmente alla luce della Verità, allora ciascuno di noi potrà, se vorrà, seguire lo stesso cammino con fiducia, senza paura e con la convinzione che Cristo è accanto a noi per indicarci la strada della luce che rischiara il buio del nostro tempo. Guardiamo allora, paolinamente, alle “cose” di lassù. Lasciamoci cullare dalla liturgia della Pasqua, centro dell’annunzio cristiano, spartiacque tra storia ed escatologia. «Cristo», scriveva don Mazzolari, nasce «fuori della casa, e morì fuori della città, per essere in modo ancora più visibile il crocevia e il punto d’incontro». Cristo ci aspetta. Buona Pasqua a tutti. + Vincenzo Bertolone |
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