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Vangelo di Domenica 24 Luglio PDF Stampa E-mail
Scritto da + V.Bertolone   
lunedì, 25 luglio 2016 10:19
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 11,1-13. - Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno;dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione».

Poi aggiunse: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è gia chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza. Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!».

 

XVII Domenica del tempo Ordinario

24 luglio 2016

Un filo diretto con Dio

 

Introduzione

Siamo giunti al cuore dell’estate e, sicuramente, nel pieno delle vacanze, ma è proprio in questo momento che è arrivata forte l’esortazione del Santo Padre ad approfittare della pausa estiva per riprendere il dialogo con Dio. In breve questo il senso delle parole pronunciate all’Angelus di domenica scorsa, e, oggi, XVII domenica del tempo ordinario, la Liturgia della Chiesa, attraverso le pagine del Vangelo di Luca, ci parla di preghiera, della preghiera cristiana per eccellenza. È Gesù stesso che con la pagina lucana ci insegna le parole, il contenuto della preghiera, è sempre il Maestro che ci insegna come pregare. Così, dall’insegnamento del Maestro, attraverso la tradizione degli Apostoli, mediata dalla Chiesa nei secoli, è arrivata sino a noi, oggi, la preghiera del Padre nostro, con essa sin da piccoli iniziamo a dialogare con Dio, entrando in comunione con Lui e con quanti l’hanno ripetuta da sempre. Il contenuto del Padre nostro è a tutti noto. Ne abbiamo imparato le parole, seppur confusamente, già da piccoli sulle ginocchia affettuose della mamma o della nonna; le abbiamo ripetute sotto la guida attenta della catechista o del parroco. Ma tutti costoro unitamente alle parole ci hanno trasmesso anche l’amore e l’esperienza di vita cristiana autenticamente vissuta, per questo in molti di noi si è fatto strada il desiderio di pregare, quella spinta nel cuore che chiede e ricerca l’incontro e la comunione con Dio quale solo elemento necessario per vivere una vita vera. Che dietro la recita di semplici parole vi sia tutto questo è forse strano, eppure c’è anche molto di più. Infatti, ogni qualvolta si prende in mano questo brano ci si ritrova smarriti come di fronte a qualcosa che non si conosce ancora del tutto. Di fatto, crediamo di ripetere semplici parole, ma in realtà facciamo il “compendio di tutto il Vangelo” (Tertulliano); crediamo, persino, che non ci possano coinvolgere più di tanto, e invece ci catturano, portandoci ad interagire in un dialogo fatto da azioni da compiere, volontà da seguire, vita da vivere. Nella pagina del vangelo di Luca, accompagnano le parole del Padre nostro due commenti. Scenette dalle immagini vivide intese a semplificare il modo in cui predisporre l’animo perché quelle parole abbiano efficacia nella vita, la trasformino, inserendola nel nuovo orizzonte di libertà che apre l’invocazione iniziale al Padre. Oggi, dunque, la nostra riflessione si articolerà su due temi: il primo tema è sull’atteggiamento da assumere nella preghiera; il secondo più direttamente sul Padre nostro. Certo, non è possibile nel breve spazio di queste “briciole di riflessione” esaurire i due temi, tuttavia è un inizio per rendere questo tempo propizio all’incontro con Dio Padre.

 

In dialogo con Amore

Una delle definizioni classiche della preghiera è quella di Sant’Agostino, “La

preghiera è elevazione dell’anima a Dio”. E di fatto l’esempio stesso di Gesù, la

tradizione degli Apostoli, l’insegnamento della Chiesa e la vita dei santi ci dicono

eloquentemente che la preghiera è essenzialmente un dialogare con Dio, dunque, un

entrare in comunione con Lui, un mettersi in comunicazione direttamente con il

Cielo: “Oh! La preghiera: la gran cosa che essa è. Non conviene mai dimenticarci

come Iddio l’abbia voluta costituire il vincolo fra il cielo e la terra…” (Giovanni

XXIII). È nella preghiera che apriamo a Dio e alla Sua grazia rigeneratrice il nostro

cuore, la nostra mente e tutta la nostra vita. è un rapporto che si costruisce e stabilisce

fra l’io e il Tu, che è Dio Padre, divenendo comunicazione fra amici intimi, tra

innamorati: “Mio Signore! Brillano le stelle, si chiudono gli occhi degli amanti. Ogni

amante è sola col suo amato, io sono sola con te!” (Mistica del IX secolo). Fatta così

la preghiera diventa veramente elevazione di tutto l’uomo a Dio, comunione sincera

con Lui al punto da partecipare al Suo amore e rendersi docili al Suo volere. Ma non

basta conoscere la teoria sul modo di pregare o sul valore della preghiera, occorre

anche la pratica, ovvero attraverso l’esercizio predisporre l’animo perché raggiunga

questa comunione. Bisogna cioè passare dall’azione alla contemplazione, solo

così infatti tutta la vita, in ogni momento e in qualunque stato, sarà canto di lode e di

ringraziamento al Signore, al Padre dei cieli e della terra. Le due scenette che fanno

da commento al Padre nostro, fanno al caso nostro. In altri termini, offrono,

mediante immagini vivaci e concrete, una indicazione su come ci si debba preparare

per fare della propria vita un inno di lode a Dio. La prima scenetta ci parla di un

amico inopportuno che nella notte si attacca alla porta di casa bussando con

insistenza per ottenere ciò di cui ha bisogno. Questa è una lezione trasparente sulla

costanza, sulla fedeltà e sulla perseveranza nella preghiera. L’amico inopportuno,

infatti, ci aiuta a capire che pregare non è un’ emozione, non una esperienza legata al

momento, al bisogno; è, invece, un respiro continuo e incessante dell’anima, che

non si spegne mai. È un desiderio mai appagato di chiedere di Dio, di ricercarlo

di entrare in comunione con Lui sempre e ovunque: “All’inizio di ogni impresa delle

mie mani e dei miei piedi benedico il tuo nome. Quando mi siedo e quando mi alzo e

quando giaccio nel mio letto voglio gioire nel nome del Signore e benedirlo!” (Inno

della Comunità di Qumran). L’altra scenetta è affidata a quel dialogo tutto cose

(pesce, serpe, uovo, scorpione) tra un padre e suo figlio. In essa emerge chiaramente

la fiducia totale che nella preghiera si deve avere nei confronti di Dio Padre. Dio non

è un estraneo indifferente o pericoloso, con Lui ci si può comportare con l’audacia, la

libertà e la serenità con cui ci si rivolge ad una persona amata, abbandonando timori,

dubbi, esitazioni. È una intimità che si stabilisce con un Padre, appunto, il quale sa

dare ai suoi figli sempre cose buone e giuste perché il suo sguardo è più alto e spazia

oltre le piccole e ristrette visuali dei propri figli. Allora, fiduciosi nell’efficacia della

preghiera è dolce abbandonarsi, naufragare nell’amore infinito del Padre,

accogliendone i doni anche quando ci sembrano inattesi e imprevisti. E siamo arrivati

al cuore del secondo tema da trattare, riferendoci a quella parola chiave che

costituisce la radice stessa da cui scaturisce proprio la preghiera insegnataci da Gesù:

Padre. La parola Padre è, in effetti, il tassello centrale dal quale partire per costruire

tutto il mosaico del nostro dialogo con Dio. Da essa scaturisce tutto il resto, in una

sequenza spontanea che rapisce il cuore e lo restituisce al mondo carico di una

speranza nuova, traboccante di un sincero ottimismo e forte di una energia vitale

rinnovatrice.

Il Padre nostro

La preghiera del Padre nostro è fatta di parole semplici: il nome, il regno, sia

santificato, venga, il Padre, i peccati e la tentazione. Eppure la loro semplicità non è

affatto sinonimo di banalità, alcune di esse, di fatto, sono parole chiave del Nuovo

Testamento, anzi sono allusive a tutta la realtà del Regno di Dio. Esse, in definitiva,

contengono una sintesi dell’insegnamento di Gesù. dunque di semplice hanno il

significato denotativo, non certo quello connotativo.

Per questo la preghiera del Padre nostro, a pensarci bene, non sono semplicemente

parole da imparare e ripetere, è il modo nuovo di sentire, il modo nuovo di parlare, il

modo nuovo di valutare e vivere secondo il modello inaugurato da Cristo. Così a

partire dall’invocazione iniziale, “Padre”, si apre tutta la nuova dimensione

dell’essere trattati da figli. Dire “Padre”, infatti, significa entrare nell’orizzonte di

preghiera di Gesù, il cui atteggiamento è quello di un figlio disponibile, fiducioso nei

confronti del Padre, al quale si abbandona senza riserve. Dire “Padre” significa allora

avere la certezza di essere ascoltati come figli, la sicurezza di costruire una relazione

intima, la serenità di aprirsi ad un Dio diverso e nuovo Diverso perché non è più il

Dio lontano, opprimente, severo e vendicativo, che da bambini abbiamo

erroneamente imparato a “non conoscere”; ma è un Dio che ormai impariamo a

chiamare “Padre”, perciò è nuovo, giacché ci invita a vivere un rapporto nuovo da

figli amati, dunque, figli che possono confidare sempre nell’aiuto del Padre.

Si prosegue poi con espressioni di auspicio, “sia santificato il tuo nome” e “venga il

tuo Regno”. Soffermiamoci sulla seconda espressione, essa ci dice che la preghiera

insegnataci da Gesù è preghiera per la realizzazione piena del disegno di Dio. In

questo “venga il tuo Regno” c’è tutto il desiderio, l’ansia per la manifestazione

di quella realtà a cui diamo il nome di Regno di Dio, ma che apre la porta su una

dimensione che può essere espressa in mille modi: giustizia, fraternità, trionfo della

vita, sconfitta della morte, capacità di conoscere e di amare fino in fondo, una

dimensione senza sofferenza e senza lacrime, ovvero una nuova realtà. Ecco, con

questa espressione noi anticipiamo, desideriamo ed attendiamo il progetto di Dio

nella storia universale e personale. Si, anche nella storia personale perché se diciamo:

“sia fatta la tua volontà” significa riconoscerci parte attiva nella realizzazione suo

Regno. Cosa dobbiamo fare perché questo Regno venga e il progetto di Dio si

realizzi? Di cosa abbiamo bisogno perché questa realizzazione sia efficace e

possibile? Se dipendesse da noi, avremmo una lunga lista di condizioni. Ma Dio, che

è Padre premuroso e ci conosce bene e vede al di là dei nostri orizzonti ristretti, sa

cosa chiedere per noi affinché la nostra vita sia già anticipazione della vita in cielo.

Tre allora sono le condizioni perché l’uomo diventi con la sua vita segno visibile del

Regno: prima condizione, perseverare nell’oggi, “dacci oggi il nostro pane

quotidiano”; seconda condizione, molta misericordia e perdono reciproco, “rimetti a

noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Terza ed ultima

condizione: il sostegno di Dio per non cedere alla tentazione al sopraggiungere della

prova e il regno sembra oscurarsi intorno a noi, “non ci indurre in tentazione, ma

liberaci dal male”.

Abbiamo bisogno solo di queste tre condizioni perché il Regno di Dio si realizzi e il

suo volere si compia nella nostra vita. Infatti, il “pane quotidiano” è ci che veramente

necessità alla nostra esistenza, avere troppo è un pericolo, ci svia, ci rende pesanti,

attaccati al superfluo, perciò non siamo liberi di volare, di andare, di realizzare la

volontà del Padre. La necessità del perdono è anche un pane quotidiano. Noi siamo

deboli, fragili, spesso soggetti a cadute rovinose e se non sentissimo di essere figli

amati e perdonati dal Padre, ci chiuderemmo alla vita, alla speranza e all’amore.

Infine, sapendo che la vita è prova, è esercizio di libertà, è tempo di decisione, è

necessario chiedere di non essere esonerati dalla prova, ma di avere la forza per

affrontarla; non di risparmiarci la lotta per essere liberi dal male, ma la forza di

lottare contro il male; non di eludere la decisione, ma di prenderla con saggezza. E

per tutto questo abbiamo bisogno del sostegno del Padre.

 

Conclusioni

In conclusione possiamo dire che Gesù insegnandoci la preghiera del Padre nostro ci

abbia voluto insegnare che la preghiera è amore, perché ci introduce in quel dialogo

amoroso tra il Figlio e il Padre sostenuto dal fuoco dello Spirito. In questa preghiera

scorgiamo il dialogo intimo e profondo tra Gesù e il Padre, possiamo in un certo

senso capire il contenuto della stessa preghiera che Gesù rivolgeva la Padre in quei

momenti in cui i Vangeli ci dicono che si appartava per pregare. Un dialogo fatto

dell’essenziale e unico linguaggio dell’amore, che chiede non il superfluo, ma il

sostanziale; non la debolezza della lotta, ma la forza della fede per la vittoria; non

troppe parole; ma anche il silenzio contemplativo; non l’abitudinarietà, ma la

necessità del dialogo degli innamorati. Tutto questo ci porta a considerare che la

preghiera del Padre nostro è preghiera non da recitare, ma preghiera da vivere

immersi nell’amore trinitario di Dio stesso.

Serena domenica

+ Vincenzo Bertolone

 

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