Vangelo di Domenica 3 Luglio |
Scritto da don M.Munno | |||||||||||||||||
giovedì, 30 giugno 2016 12:45 | |||||||||||||||||
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 10,1-12.17-20. In quel tempo, il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio». Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città ». I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli». Viale magna grecia, 1 – 87011 Cassano all’Ionio (CS) – Tel. 098174014
“in-formati” Foglio settimanale parrocchiale di formazione e informazione
3 – 10 LUGLIO 2016 camminando insieme
Continuo a proporre in questa rubrica, nel contesto del Giubileo della Misericordia, il ciclo di catechesi del Santo Padre Francesco sulla Misericordia di Dio. «Un giorno Gesù, avvicinandosi alla città di Gerico, compì il miracolo di ridare la vista a un cieco che mendicava lungo la strada (cfr Lc 18,35-43). (…). L’evangelista Luca dice che quel cieco era seduto sul bordo della strada a mendicare (cfr v. 35). (…). È triste l’immagine di un emarginato, soprattutto sullo sfondo della città di Gerico, la splendida e rigogliosa oasi nel deserto. Sappiamo che proprio a Gerico giunse il popolo di Israele al termine del lungo esodo dall’Egitto: quella città rappresenta la porta d’ingresso nella terra promessa. Ricordiamo le parole che Mosè pronuncia in quella circostanza: «Se vi sarà in mezzo a te qualche tuo fratello che sia bisognoso in una delle tue città nella terra che il Signore, tuo Dio, ti dà, non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano davanti al tuo fratello bisognoso. Poiché i bisognosi non mancheranno mai nella terra, allora io ti do questo comando e ti dico: Apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nella tua terra» (Dt 15,7.11). È stridente il contrasto tra questa raccomandazione della Legge di Dio e la situazione descritta dal Vangelo: mentre il cieco grida invocando Gesù, la gente lo rimprovera per farlo tacere, come se non avesse diritto di parlare. Non hanno compassione di lui, anzi, provano fastidio per le sue grida. (…). Notiamo un particolare interessante. L’Evangelista dice che qualcuno della folla spiegò al cieco il motivo di tutta quella gente dicendo: «Passa Gesù, il Nazareno!» (v. 37). Il passaggio di Gesù è indicato con lo stesso verbo con cui nel libro dell’Esodo si parla del passaggio dell’angelo sterminatore che salva gli Israeliti in terra d’Egitto (cfr Es 12,23). È il “passaggio” della pasqua, l’inizio della liberazione: quando passa Gesù, sempre c’è liberazione, sempre c’è salvezza! Al cieco, quindi, è come se venisse annunciata la sua pasqua. Senza lasciarsi intimorire, il cieco grida più volte verso Gesù riconoscendolo come il Figlio di Davide, il Messia atteso che, secondo il profeta Isaia, avrebbe aperto gli occhi ai ciechi (cfr Is 35,5). A differenza della folla, questo cieco vede con gli occhi della fede. Grazie ad essa la sua supplica ha una potente efficacia. Infatti, all’udirlo, «Gesù si fermò e ordinò che lo conducessero da lui» (v. 40). Così facendo Gesù toglie il cieco dal margine della strada e lo pone al centro dell’attenzione dei suoi discepoli e della folla. Pensiamo anche noi, quando siamo stati in situazioni brutte, anche situazioni di peccato, com’è stato proprio Gesù a prenderci per mano e a toglierci dal margine della strada e donarci la salvezza. Si realizza così un duplice passaggio. Primo: la gente aveva annunciato una buona novella al cieco, ma non voleva avere niente a che fare con lui; ora Gesù obbliga tutti a prendere coscienza che il buon annuncio implica porre al centro della propria strada colui che ne era escluso. Secondo: a sua volta, il cieco non vedeva, ma la sua fede gli apre la via della salvezza, ed egli si ritrova in mezzo a quanti sono scesi in strada per vedere Gesù. Fratelli e sorelle, Il passaggio del Signore è un incontro di misericordia che tutti unisce intorno a Lui per permettere di riconoscere chi ha bisogno di aiuto e di consolazione. Anche nella nostra vita Gesù passa; e quando passa Gesù, e io me ne accorgo, è un invito ad avvicinarmi a Lui, a essere più buono, a essere un cristiano migliore, a seguire Gesù. Gesù si rivolge al cieco e gli domanda: «Che cosa vuoi che io faccia per te?» (v. 41). Queste parole di Gesù sono impressionanti: il Figlio di Dio ora sta di fronte al cieco come un umile servo. Lui, Gesù, Dio, dice: “Ma cosa vuoi che io ti faccia? Come tu vuoi che io ti serva?” Dio si fa servo dell’uomo peccatore. E il cieco risponde a Gesù non più chiamandolo “Figlio di Davide”, ma “Signore”, il titolo che la Chiesa fin dagli inizi applica a Gesù Risorto. Il cieco chiede di poter vedere di nuovo e il suo desiderio viene esaudito: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato» (v. 42). Egli ha mostrato la sua fede invocando Gesù e volendo assolutamente incontrarlo, e questo gli ha portato in dono la salvezza. Grazie alla fede ora può vedere e, soprattutto, si sente amato da Gesù. Per questo il racconto termina riferendo che il cieco «cominciò a seguirlo glorificando Dio» (v. 43): si fa discepolo. Da mendicante a discepolo, anche questa è la nostra strada: tutti noi siamo mendicanti, tutti. Abbiamo bisogno sempre di salvezza. E tutti noi, tutti i giorni, dobbiamo fare questo passo: da mendicanti a discepoli. E così, il cieco si incammina dietro al Signore entrando a far parte della sua comunità. Colui che volevano far tacere, adesso testimonia ad alta voce il suo incontro con Gesù di Nazaret, e «tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio» (v. 43). Avviene un secondo miracolo: ciò che è accaduto al cieco fa sì che anche la gente finalmente veda. La stessa luce illumina tutti accomunandoli nella preghiera di lode. Così Gesù effonde la sua misericordia su tutti coloro che incontra: li chiama, li fa venire a sé, li raduna, li guarisce e li illumina, creando un nuovo popolo che celebra le meraviglie del suo amore misericordioso. Lasciamoci anche noi chiamare da Gesù, e lasciamoci guarire da Gesù, perdonare da Gesù, e andiamo dietro Gesù lodando Dio. Così sia!». Custodiamoci nella preghiera reciproca! Buona domenica a tutti! don Michele
Riflettiamo “insieme” sulla Parola di Dio della Domenica 3 Luglio 2016 XIV Domenica del Tempo Ordinario – C (Is 66,10-14c; Sal 65; Gal 6,14-18; Lc 10,1-12.17-20)
In questa XIV domenica del tempo ordinario, nella pagina del vangelo secondo Luca ascoltiamo il racconto dell’invio dei settantadue discepoli con le “istruzioni” che Gesù affida loro perché la missione sia feconda. Significative sono però le prime parole che Gesù affida ai settantadue. Significative perché Gesù, prima di descrivere lo “stile” che dovrà caratterizzare il loro apostolato e lo stesso contenuto del loro annuncio, richiede loro una preghiera particolare: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe”. È una preghiera che dobbiamo continuamente riscoprire e fare nostra, poiché riguarda la stessa identità della Chiesa e di ogni comunità cristiana. La Chiesa, infatti, esiste per evangelizzare, per portare Cristo al mondo, per preparare i cuori degli uomini all’incontro con Gesù, l’Unico Salvatore, che dà senso, bellezza, pienezza, alla vita! Chi ha incontrato Gesù deve sentirsi responsabilmente inviato perché anche altri possano vivere la grazia dell’incontro con Lui, che è il Bene, tutto il Bene, il sommo Bene! Di fronte all’abbondanza della messe, di coloro cioè che attendono di incontrare Gesù, c’è una grande povertà: gli operai sono pochi! Questa povertà ha sicuramente una dimensione “quantitativa”: gli operai sono numericamente pochi. Ma ha anche, e forse soprattutto, una dimensione “qualitativa”: sono pochi gli operai “credibili”. La preghiera di domanda, perciò, che Gesù chiedeva e chiede di rivolgere al “padrone della messe”, e che dobbiamo responsabilmente avvertite come urgente e necessaria, deve persuaderci che il primo “compito missionario” che ci viene affidato – a tutti e a ciascuno! – è quello elevare incessantemente questa richiesta: tanti attendono di incontrare Gesù, manda nel mondo uomini e donne innamorati, credenti e credibili, che preparino e facilitino l’incontro! Ne abbiamo profondo bisogno! Donaci, Signore, di avvertire l’urgente necessità di elevare incessantemente questa preghiera! Consegnato il compito della preghiera, Gesù manda i settantadue “come agnelli in mezzo ai lupi”. C’è una pagina straordinariamente bella di San Giovanni Crisostomo, che commenta il testo parallelo del vangelo secondo Matteo, nella quale questo mandato di Gesù viene così esplicitato: “Finché saremo agnelli, vinceremo e, anche se saremo circondati da numerosi lupi, riusciremo a superarli. Ma se diventeremo lupi, saremo sconfitti, perché saremo privi dell’aiuto del pastore. Egli non pasce lupi, ma agnelli. Per questo se ne andrà e ti lascerà solo, perché gli impedisci di manifestare la sua potenza. È come se Cristo avesse detto: Non turbatevi per il fatto che, mandandovi tra i lupi, io vi ordino di essere come agnelli e colombe. Avrei potuto dirvi il contrario e risparmiarvi ogni sofferenza, impedirvi di essere esposti come agnelli ai lupi e rendervi più forti dei leoni. Ma è necessario che avvenga così, poiché questo vi rende più gloriosi e manifesta la mia potenza. La stessa cosa diceva a Paolo: «Ti basta la mia grazia, perché la mia potenza si manifesti pienamente nella debolezza» (2 Cor 12,9). Sono io dunque che vi ho voluto così miti. Per questo quando dice: «Vi mando come agnelli» (Lc 10,3), vuol far capire che non devono abbattersi, perché sa bene che con la loro mansuetudine saranno invincibili per tutti”. La mitezza, la mansuetudine, perciò, è una delle caratteristiche essenziali che deve connotare i discepoli nell’apostolato loro affidato. Le parole di Gesù, rivolte ai settantadue, che tornano “pieni di gioia” dalla missione, sono parole che dobbiamo sentire rivolte anche a noi e che sempre dobbiamo tener presenti per non cedere allo scoraggiamento di fronte alle prove e agli insuccessi: “Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”. Non ci si deve tanto rallegrare perché si è ottenuto un qualche “successo”. Non dev’essere e non può essere questo il criterio di valutazione del proprio impegno perché altri possano accogliere il Vangelo e incontrare Gesù. Ciò che deve unicamente consolare i discepoli, ciò che ci deve consolare, non sono e non possono essere l’apprezzamento e gli applausi delle persone, ma unicamente il sapersi amati in modo unico e irripetibile da Dio, l’essere in profonda comunione con lui, permettere a Dio di abitare nel proprio cuore: “i vostri nomi sono scritti nei cieli” ... “Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò”. Che questo ci basti, che questo ci spinga ad annunciare credibilmente e con profonda mitezza il Vangelo del Regno che è Gesù, che questo ci faccia incessantemente elevare al Signore la preghiera perché mandi operai per la messe abbondante, che questa sia la nostra gioia, la nostra consolazione, il nostro premio! Amen.
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